“Proprio nel momento in cui si rivendica una maggiore trasparenza del Palazzo, lo scudo delle immunità parlamentari rivela tutta la sua fragilità. Rispetto al suo glorioso passato esso oscilla, ormai, tra l’abuso dei suoi fruitori e la frode dei suoi antagonisti”.
Così può essere sintetizzato l’obiettivo dello studio, giuridico e di ricerca storica, costruito da Giampiero Buonomo nel libro “Lo scudo di cartone – Diritto politico e riserva parlamentare”, edito per i tipi di Rubbettino Università, che sarà presentato il prossimo 8 giugno, alle 17, nell’aula dei gruppi parlamentari della Camera, a Roma, in via di Campo Marzio.
All’incontro, oltre l’autore, consigliere parlamentare in servizio al Senato dal 1987, interverranno Augusto Cerri, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico all’università La Sapienza di Roma, Nello Rossi, procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma e Marco Follini, ex presidente della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato.
Proprio a Follini si deve il felice, perché icastico e suggestivo, conio della definizione “scudo di cartone” in riferimento alla dilatazione, spesso impropria, delle immunità parlamentari in conseguenza dell’abolizione, nel 1993, dell’autorizzazione a procedere sotto la spinta della melmosa marea di quella che ormai potremmo definire tangentopoli versione 1.0 (come tale oggi ampiamente superata e rivelatasi zeppa di “bug” e algoritmi mutilati tanto da essersi dimostrata del tutto inutile per la successiva costruzione di sistemi avanzati: nemmeno una deframmentazione potrebbe essere utile per recuperare insegnamenti da quella palude. Ciò che, al più, se ne può trarre sono moniti).
Il saggio, giuridicamente rigoroso, e cronachisticamente gustoso, di Buonomo si pone il compito di favorire l’individuazione di ciò che ancora esiste da salvaguardare, a proposito di guarentigie parlamentari e – dunque – della democrazia. L’obiettivo è la ricerca di un nuovo confine tra Stato di diritto e attività politica. Una ricerca in nome della quale, però, occorre un’attenta analisi storica degli istituti giuridici di diritto pubblico e costituzionale, nonché la conoscenza della storia della nostra forma di governo. Due ingredienti che troppo spesso difettano sia nelle aule parlamentari sia, ciò che forse è più grave, nelle aule di giustizia e nelle stanze dei magistrati inquirenti.
A riprova, Giampiero Buonomo accompagna la sua analitica ricostruzione storico-giuridica, che poggia – con il rigore tipico dello storico – su fatti e documenti (e dunque su fatti documentati, merce rara…), con esempi mutuati dalla cronaca dell’ultimo quindicennio.
Tra i tentativi di “sfondamento giudiziario” della linea Maginot delle immunità parlamentari, il caso Berlusconi-De Gregorio: nel 2011 il pm di Napoli, Henry John Woodcock, rinvia a giudizio per corruzione e illecito finanziamento dei partiti il deputato e già presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per avere, come si legge in “Lo scudo di cartone”, “in qualità di capo dell’opposizione all’allora governo Prodi, ottenuto dietro compenso pecuniario dall’allora senatore Sergio De Gregorio, eletto nello schieramento opposto, il tradimento di quello schieramento nel quadro di un disegno di erosione della ridotta maggioranza governativa in Senato, che sarebbe stato poi coronato da successo con la caduta del governo Prodi nel gennaio 2008”.
Orbene, l’imputazione poggia su un singolare capovolgimento delle norme poste a presidio e tutela della (libera) attività parlamentare. Atteso che la nostra Carta costituzionale vieta il “mandato imperativo” al rappresentante parlamentare (in sostanza, il parlamentare può in qualunque momento a sua discrezione modificare la propria posizione politica senza che ciò costituisca motivo di decadenza dal mandato ricevuto dagli elettori), la pubblica accusa di quel procedimento penale ha ritenuto non già che non si potesse configurare la corruzione (per atto contrario ai doveri d’ufficio) posto che alcun dovere d’ufficio esiste in capo al parlamentare, ma al contrario ha sostenuto – e sostiene – che proprio la corresponsione di una somma di denaro abbia, di fatto, comportato il sorgere di un mandato imperativo (vietato). Ma per sostenere ciò, analizza e ricostruisce puntualmente Buonomo, cita giurisprudenza relativa a funzionari dello Stato e amministratori della res publica il cui status giuridico è del tutto eterogeneo rispetto al parlamentare.
E tuttavia – ecco la necessità di cominciare a costruire una lettura costituzionalmente orientata del cosiddetto diritto politico – quell’accusa ha indotto lo stesso De Gregorio a “patteggiare” e ha condotto Berlusconi a giudizio.
Analoghe anomalie hanno caratterizzato, sempre andando per esempi, il procedimento giuridico-parlamentare relativo alla richiesta, avanzata dalla magistratura, di autorizzazione all’arresto, nel 2012, del senatore Lusi.
Per non parlare della (nonostante tutto) ancora nebulosissima norma sull’utilizzazione, e prima ancora sulla libertà – della magistratura – di disposizione delle intercettazioni telefoniche su utenze primarie suscettibili di… diritto passivo di intercettazione, che tuttavia, in via secondaria, portano, di fatto, alla registrazione di conversazioni con esponenti parlamentari che, di per sé, sarebbero sottratte all’indagine inquirente. Insomma, una sostanziale parte dell’opera di Buonomo è dedicata all’analisi di quella che potremmo definire la proprietà transitiva delle intercettazioni telefoniche. Ed è la prima volta, con “Lo scudo di cartone”, che un’analisi siffatta viene condotta senza partigianerie. Tanto da illuminare tutti gli interrogativi, giuridicamente rilevanti indipendentemente dalle valutazioni fattuali, che continuano a dondolare, moderna spada di Damocle, sul caso della trattativa Stato-mafia dove il filo delle intercettazioni si è aggrovigliato attorno alla figura che massimamente rappresenta il simbolo delle guarentigie: il Presidente della Repubblica.
In un Paese dove la gran parte delle maggiori case editrici giuridiche che hanno segnato, con le loro pubblicazioni, la storia del diritto inteso anzitutto come evoluzione dottrinaria che fornisce gli unici elementi utili a una corretta evoluzione giurisprudenziale, sono oggi controllate da editori “stranieri” (ancorché di area Schengen), di talché alcun genuino interesse verso la dottrina sopravvive (preferendo essi dedicarsi alla commercializzazione pura di banche-dati e raccolte stentatamente commentate), è vieppiù meritoria l’opera di Giampiero Buonomo e di editori come Rubbettino.