Diceva il sociologo Gustave LeBon, “la folla è sempre intellettualmente inferiore rispetto all’individuo isolato“. Molti studi hanno confermato questa osservazione, la quale risulta allarmante se pensiamo che l’individuo tende ad uniformarsi proprio alla folla.
Cerchiamo di capire come avviene questo uniformamento al pensiero collettivo e perché questo sia, se è vero, intellettivamente inferiore.
Innanzitutto dobbiamo dividere l’obbedienza all’autorità dalla conformità alla maggioranza, le quali hanno meccanismi simili ma diversi, ed entrambe portano ad uno stesso risultato: il pensiero e l’atteggiamento comune.
L’obbedienza all’autorità può essere provocata tramite determinati accorgimenti, essa si sviluppa negli individui singoli e si amplifica nelle masse. Vediamo questi accorgimenti.
Il primo è la sorveglianza degli individui, ovvero la vicinanza tra il soggetto e l’autorità. L’obbedienza aumenta con l’aumentare della presenza dell’autorità e con l’aumentare della sua vicinanza. Se verrà scritto su una strada che vi è il controllo della velocità gli automobilisti tenderanno a rallentare e questa risposta sarà ancor più accentuata se la polizia sarà direttamente presente. Allo stesso modo, se si chiederà ad una persona di infliggere torture ad un prigioniero, queste saranno più feroci se fatte dinnanzi l’autorità richiedente, un po’ meno se vi sarà un suo rappresentante, ancora meno intense se fatte senza sorveglianza alcuna.
Un secondo accorgimento è la presenza di schermi, ovvero la distanza tra il soggetto e la vittima. L’obbedienza aumenta quanto più si allontana la vittima dal soggetto. Sarà più facile comandare di uccidere (o torturare) un prigioniero, piuttosto che farlo direttamente; allo stesso modo più la tortura sarà fatta a distanza, più sarà facile da attuare: sarà più difficile scarnificare le persone personalmente, piuttosto che con docce acide. E’ da notare quindi che militarmente c’è un processo ben costruito, gli ufficiali devono solo dare gli ordini non applicarli, cosa che abbiamo visto essere più facile, e i soldati devono ubbidire alla presenza dell’autorità (cioè dell’ufficiale che ha dato l’ordine). Inoltre il progresso sta portando a schermature totali tra “vittime e carnefici”, pensate alla facilità con cui è possibile premere un pulsante per far partire un missile che colpirà una città intera a migliaia di chilometri di distanza. Ma lo schermo è un tipo di accorgimento che se usato inversamente e per scopi caritatevoli può diventare socialmente utile. Pensate a come potrebbe essere facile ottenere aiuti o beneficenza se si facesse in modo di far sentire le persone più vicine alle vittime.
Un terzo tipo di accorgimento per l’obbedienza è la presenza di modelli. Ovvero, la presenza di altre persone che ubbidiscono all’autorità porta le persone a conformasi maggiormente, mentre gli esempi di persone anticonformiste (o “disubbidienti”) porta le persone a ragionare con la propria testa. Quindi i mass-media potrebbero essere pilotati sia per portare all’omologazione che per invitare la gente a staccarsi dalla massa.
Anche rendere lentamente la situazione emergente è un accorgimento per portare all’obbedienza, questo è usato altresì come tecnica persuasiva (dalle sétte, dagli enti umanistici, dai venditori porta a porta, ecc.) conosciuta col nome di “piede nella porta“. Consiste nel cominciare col chiedere agli individui comportamenti blandi e innocui, spostando il tiro in modo progressivo. Si avranno così tre effetti: le persone non si renderanno conto del perpetuo e lento spostamento della richiesta a livelli più alti; in questa progressione di richiesta incominceranno a riesaminare il loro modo di essere e le loro idee, sentendosi sempre più in linea con le richieste che stanno accettando; inoltre sarà difficile tornare indietro, in quanto se si dovessero accorgere che si sta esagerando, dovrebbero sentirsi incoerenti, o rielaborare un senso di colpa, per quanto fatto fino a quel momento.
Un ultimo accorgimento all’obbedienza del quale vorrei parlare è la giustificazione ideologica, le persone sono portate a seguire, a credere e ascoltare coloro che credono più esperti, e più queste persone (o enti e organizzazioni) mostrano la loro esperienza e preparazione, anche solo con comportamenti manifesti e astuzie estetiche, più riceveranno consensi.
Non ci sono quindi follie collettive, o fenomeni incontrollabili, ma solo accorgimenti strategici che creano incondizionata obbedienza generalizzata.
Simili alle strategie usate per indurre nell’individuo l’obbedienza all’autorità vi sono effetti sociali, meno pilotati rispetto ai primi, che creano conformità al pensiero di massa, il quale troppo spesso, come vedremo, è intellettualmente inferiore a quello individuale.
Un primo motivo per cui ci si conforma al pensiero di massa è l’influenza sociale normativa (affine alla sorveglianza), ovvero ci si adegua ai comportamenti della massa di cui ci si sente parte, per essere da questa accettata e per non sentirsi diversi. Ma al tempo stesso entra in atto la deindividuazione, che protegge dal giudizio delle altre masse e dei singoli individui, in quanto fa sentire l’individuo anonimo, solo un numero tra tanti, creando non solo uno schermo tra l’individuo e la propria coscienza (spesso riflessa nell’altro giudicante), ma anche una divisione della responsabilità, più sarà ampio il gruppo (divisore) minore sarà il risultato di questa.
La divisione delle responsabilità è un chiaro esempio di come la massa appaia stolta rispetto al singolo, non solo nei comportamenti che si hanno, ma anche in quelli che non si hanno; ad esempio sarà più probabile che qualcuno chiami i vigili del fuoco se vede un incendio da solo, piuttosto che se lo veda in mezzo alla folla, infatti in questo caso ognuno penserà che a chiamarlo ci penserà qualcun altro (questo è uno dei fattori che provoca il fenomeno degli astanti).
Un altro fattore che porta alla conformità è l’influenza sociale informativa, ovvero le persone hanno la tendenza a credere che gli altri interpretino le situazioni meglio di quanto possano fare loro stessi. Questo tipo di influenza sociale è legata a quella normativa (non si vuole essere giudicati stupidi e ignoranti non omologandosi), e sicuramente gode della giustificazione ideologica.
Paradossalmente l’influenza sociale informativa è proprio alla base dell’ignoranza collettiva; capita spesso che di fronte a situazioni insolite come un bambino trascinato violentemente che urla e piange, le persone non facciano proprio niente (siamo pieni di esempi famosi per giustificare tale affermazione, si veda ad esempio il caso di James Bulger, bambino di 2 anni a cui è accaduto proprio quanto detto sopra per mano di due undicenni… questo bambino è infine morto!). O che inversamente si crei panico collettivo anche senza motivo.
Quando si assiste in mezzo ad una folla a situazioni atipiche la prima cosa che le persone faranno sarà guardarsi reciprocamente per capire come comportarsi, il problema che guardandosi tra loro, avranno tutti un atteggiamento di finta tranquillità che come un serpente che si morde la coda porterà a far sì che nessuno faccia niente (anche questo effetto giustifica il fenomeno degli astanti). Al contrario può capitare che un gruppetto di persone (ma a volte basta un singolo individuo) mostri panico ingiustificato, che indurrà le altre persone a fare altrettanto; famose sono le candid cameras fatte su questo studio, ma non serve un’équipe preparata per ottenere questo effetto: provate in mezzo alla folla a guardare verso l’alto e poi urlare accovacciandovi come se stesse cadendo qualcosa, in molti seguiranno la vostra azione, pur senza verificare prima. Ma la cosa più preoccupante è che sarà il primo ad agire a lanciare il via a quale sarà il comportamento giusto; se urlando “bomba” mi accovaccio, in moltissimi si accovacceranno come me, quando dileguarsi potrebbe essere un comportamento più utile.
L’influenza sociale informativa crea quindi imitazione, e questo sarà vero sia per quanto riguarda quella simultanea che quella differita. Come la folla diviene pericolosa nell’interpretazione della situazione, i mass-media lo diventano per quanto riguarda l’interpretazione della vita; ma al contrario della folla che rende ridicoli oppure astanti le persone momentaneamente, i mass-media hanno una responsabilità temporale più duratura e pericolosa, del resto sono un mezzo potente per utilizzare la tecnica persuasiva del piede nella porta. Ancora una volta questi diventano i maggiori responsabili della creazione del pensiero, sempre più simile ad un pensiero comune, collettivo e unanime, dove questi termini non trovano similitudine con l’altruismo e la generosità, ma piuttosto un comune egoismo, una collettiva perdita di valori, un unanime menefreghismo.
Non possiamo fare a meno quindi di tornare al pensiero di Gustave LeBon, questi sosteneva infatti che le masse diffondono comportamenti aggressivi e immorali come una malattia contagiosa. Effettivamente è vero che il singolo va dove va la massa, ma dove va questa, e dove potrebbe andare? E’ davvero destinata ad essere così immorale?
Fortunatamente vi possono essere risvolti positivi, infatti la massa va dove va il costume e si polarizza rispetto alla media dei singoli individui. Spieghiamo questi aspetti.
La massa va dove va il costume, nel senso che la massa si comporterà come fosse un personaggio, se il personaggio che sta vestendo è un personaggio culturalmente positivo si comporterà in modo magnanimo, se sarà invece vestita con abiti che rappresentano simboli negativi, sarà maggiormente aggressiva e immorale.
Ad esempio un gruppo di persone vestite da preti o da dottori avrà atteggiamenti comuni di solidarietà (si vedano a proposito gli esperimenti di Johnson e Dowing del 1979). Mentre un gruppo di persone agghindate come il KKK sarà più portato a comportarsi in modi riprovevoli.
Che la massa si polarizza verso la media dei singoli individui vuol dire che il gruppo accentua le caratteristiche più presenti negli individui presi singolarmente che formano quel gruppo; ciò vuol dire che un gruppo di persone molto intelligenti polarizzerà il pensiero comune in modo ancora più dotto e acuto.
Questo però dà molto da pensare, sui costumi che stiamo odiernamente vestendo, e soprattutto sulle caratteristiche di personalità più presenti nella nostra specie!
Bisogna però non perdere di vista che anche le caratteristiche di personalità delle singole persone, sono soprattutto influenzate da fattori esterni piuttosto che interni, quali le situazioni, l’apprendimento sociale, l’imitazione, il costume , gli accorgimenti strategici a l’ubbidienza, e i diversi fattori che portano al pensiero collettivo (la solita storia dell’uovo e la gallina).
A questo punto che fare? Indurre a conoscenza, usarla come fosse un vaccino!
Infatti il mezzo più utile per fermare questa lobotomizzante spirale è proprio diffondere la conoscenza dei meccanismi sottostanti al comportamento sociale.
Sapere come funzionano queste dinamiche di omologazione rende gli individui più attenti a non cadere nelle trappole dell’influenza sociale e della cieca obbedienza. Li rende più pronti a ragionare con la propria testa, li rende meno astanti e maggiormente agenti, dove l’azione non è però mera imitazione.
Ovviamente anche questa conoscenza andrebbe suggerita (e non imposta), sia per non cadere in un paradosso, sia per evitare la resistenza: dovuta alla paura di perdere la propria coerenza (per i comportamenti finora avuti) e la sicurezza che generalmente si ottiene dall’appartenenza ad un pensiero sociale comune.
Questo sembra essere l’unico modo per ottenere un cambiamento di marcia in una società che come prevedeva Gustave LeBon, sta trovando più semplice trasmettere comportamenti e pensieri farseschi, piuttosto che impegnarsi in olistiche profonde e ragionate.
Lo sviluppo dell’individualità è ancora una volta l’unica soluzione alla galoppante diffusione del decerebrante pensiero di massa.