A quei pochi di voi che non hanno ancora bruciato il tasto 5 sul telecomando sarà capitato di ammirare uno dei prodotti più impressionanti di casa Mediaset: “Il Peccato e la Vergogna”.
Per chi non lo avesse visto, il titolo riassume alla perfezione i contenuti (ma anche la forma) della serie tv, impreziosita dalla recitazione di Emanuela Arcuri e Gabriel Garko. Riassunto: durante la Seconda Guerra Mondiale lei si fa ingravidare da un partigiano sposato e poi da Gabriel Garko, fascista pazzo e ossessionato dai vestiti alla moda. Sorvolando sulla plausibilità dello sfondo storico, sono da ricordare i dialoghi neorealisti (i reiterati “mortacci tua” della Arcuri) e la maestria con cui l’aitante Garko prima si spaccia per prigioniero di Auschwitz e poi diventa invisibile grazie a dei baffetti magici. Ma la questione è un’altra, chi è il miserabile target di questo scempio a puntate? È presto detto, Garko si vanta di aver interpretato così bene il ruolo del cattivo psicopatico da aver ricevuto minacce di morte e subito un’aggressione. Una signora gli ha sfasciato la macchina con un cric urlando di lasciare in pace la Arcuri e un gruppo di fan è entrato a casa sua di notte per fargli la festa, ma la sorpresa non è riuscita.
La tv era sintonizzata anche a casa di Elisabetta Scala, vicepresidente del Moige (Movimento Ostruzionista Italiano Genitori Ebeti), la quale ha denunciato la seconda serie (sì, esiste una seconda serie) al Comitato Media e Minori. Le scene incriminate riguardano il figlio partigiano della Arcuri che vuole uccidere il fratellastro fascista ancora in culla, prima col ferro da stiro, poi dandogli fuoco. Questo è un campione selezionato del pubblico della fiction, dalla quale, ne siamo certi, si sono tenuti alla larga tutti i minori con il pollice opponibile.