ROMA. Dall’Espressionismo astratto di Pollock, Rothko, Gorky alla Pop art di Rauschenberg, Andy Warhol, Roy Liechtenstein al Minimalismo di Dan Flavin e Richard Serra, nelle sale monumentali del Palazzo delle Esposizioni di Roma l’allestimento si traduce in un racconto che interseca il progressivo affrancarsi dell’arte Usa da quella europea con le vicende di straordinarie figure di collezionisti (i coniugi Guggenheim, Peggy e l’italiano Giuseppe Panza di Biumo). Il Guggenheim. L’Avanguardia americana 1945-1980 concentra in 60 opere magistrali provenienti dalle collezioni Guggenheim, la storia delle avanguardie americane dal dopoguerra agli anni Ottanta. Curata dalla giovanissima Lauren Hinkson, la rassegna si avvale del sostegno di uno sponsor per i laboratori dedicati ai più piccoli e l’accesso gratuito ogni primo mercoledì del mese per gli under 30. La mostra ha un agile, esemplare andamento didattico, che spiega a grandi schemi un’evoluzione di sensibilità e linguaggi espressivi. Si parte da due piccole, splendide opere di Tanguy e Matta, a documentare come il movimento surrealista, al centro dell’attività di collezionista
di Peggy Guggenheim ( ancorata in Europa, nonostante il conflitto bellico) sia stato il punto di partenza di questa rivoluzione americana della pittura e del fare arte. A dominare la prima parte, è il genio di Jackson Pollock, che Peggy sostenne tenacemente, presente con sei opere di grande interesse, tra cui The Moon Woman del 1942, selezionata per la sua prima esposizione. E ancora, i Gorky, i Kline,
i de Kooning che introducono all’astrazione degli anni Sessanta (systemic painting), non più vissuta su impulso impressionista, bensì fondata sulla ricerca di linee, superfici, colore, forma. Gli anni Sessanta sono anche quelli della Pop art, che il
Guggenheim accoglie da subito nelle sue raccolte, grazie alla passione del direttore dell’epoca Laurence Alloway. Bellissimo il capolavoro di Andy Warhol Orange disaster del 1963 (della serie sulle sedia elettrica), e quelli ancor più significativi
di Rauschenberg, tra cui i dieci metri di tela di Barge (Chiatta), in cui l’artista condensa immagini e linguaggi contemporanei. Il percorso espositivo si conclude con una carrellata sui minimalisti Judd, Flavin, Serra, al Guggenheim grazie alla lungimiranza di un altro grande collezionista Giuseppe Panza, che le teneva nella villa di Biumo.