La storia nasce a seguito della morte di una signora.
Una delle figlie, la quale a sua volta ha due bimbi di 7 e 9 anni, intende rinunciare all’eredità della madre.
Le motivazioni relative agli atti di volontà, sia inter vivos che mortis causa, non sono quasi mai rilevanti giuridicamente.
La Mamma dei due bimbi si reca dal Notaio per chiedere lumi e consigli.
Per il Notaio una passeggiata… autorizzazione del Tribunale, Sezione Volontaria Giurisdizione, in quanto coinvolti due minori, ciò perché all’esito della rinuncia della madre sarebbero chiamati loro in rappresentazione della sua quota, quindi prepara un unico atto di rinuncia.
Ottenuta l’autorizzazione del Tribunale per i due minori, convoca in studio la Signora, e le fa sottoscrivere un atto di rinuncia all’eredità della propria Madre (la Mamma della Mamma, cioè la Nonna dei minori(nda).
Totale a pagare:
– € 168,00 quale imposta di registro;
– un paio di marche da bollo da € 14,62, che non si negano a nessuno;
– l’onorario del notaio.
Fin qui tutto bene.
Il notaio porta all’Ufficio del Registro, ora Agenzia delle Entrate, l’atto di rinuncia (cioè un foglio di carta), paga l’imposta con modello F23 (un incubo per ogni italiano – io me lo sogno la notte; nda).
Chiede, quindi, la registrazione dell’atto e la cosa sembra finire lì.
Passano due anni; un solerte impiegato dell’Agenzia delle Entrate, addetto alla verifica della tassazione degli atti dei notai, ferma la sua attenzione sull’atto di rinuncia all’eredità in questione gli si accende una lampadina ed esclama:
“ALLARMI… ALLARMI… – fascicolo in mano di corsa corre dal direttore dell’Agenzia… sfonda la porta dell’Ufficio Dirigenziale e comunica al Direttore – il Notaio Pinco Pallino ha pagato soltanto € 168,00 quale imposta di registro per un atto di rinuncia ad un’eredità fatto da una madre anche per conto dei due figli minori… le dichiarazioni di rinuncia sono TRE: La Mamma – che meno male è sempre la mamma (nda) – la figlia femmina ed il figlio maschio… quindi le Imposte di Registro andavano moltiplicate per TRE cioè € 504,00 anziché € 168,00… v’è un ammanco nelle casse dello Stato di € 336,00”
Il Direttore disgustato replica: “Emetta immediatamente l’atto di accertamento e lo notifichi prima di subito alla Mamma… qualora non dovesse pagare… sguinzagli i ruoli esattoriali ed iscriva immediatamente ipoteca sulla casa, emetta fermi amministrativi anche sui monopattini dei Figli”.
La Mamma riceve la notifica dell’avviso di accertamento. La Mamma, come ho già avuto modo di dire… è sempre la Mamma… quindi di buona lena propone ricorso presso la locale Commissione Tributaria.
Motivi del ricorso: cosa è l’imposta di registro? Ve lo siete mai chiesto? Ve lo dico io!
L’imposta di registro è un imposta ibrida, cioè si presenta
a volte come tassa (cioè alla quale “dovrebbe” corrispondere un servizio che offre lo Stato, si pensi alla tassazione degli atti giudiziari – sentenze decreti ingiuntivi etc. etc.)
a volte come imposta (cioè, quando è determinata in proporzione al valore economico dell’atto, unilaterale/bilaterale/plurilaterale giuridico posto in essere dalle “parti”.
A differenza dell’IVA che colpisce le plusvalenze di beni e servizi nei passaggi economici fino a gravare sul consumatore finale ed ha una sua ratio, ovvero una sua ragione fiscale, l’imposta di registro l’unico effetto giuridico che ha, è quello di attribuire data certa all’atto negoziale posto in essere.
In due parole l’atto posto in essere è stato certamente firmato e sottoscritto alla data indicata nell’atto!!!
Le due imposte IVA e Registro sono alternative e ad ogni operazione di passaggio di denaro o scambio di beni e/o servizi, a fronte di tale passaggio interviene lo Stato e dice: “mi devi pagare X soldi”. Nel caso di rinuncia all’eredità la dichiarazione sconta un imposta nella misura fissa di € 168,00 non comportando alcun spostamento patrimoniale.
Tornando alla storia della Mamma – che è sempre la mamma!!! – non avendo ottenuto la sospensione dell’atto di accertamento, ha dovuto pagare per intero € 336,00 (cioè la differenza tra l’imposta versata e quella asseritamente dovuta!!!; nda)
Notificato il ricorso al solerte funzionario addetto alla verifica della tassazione degli atti, questi si inalbera e fascicolo in mano corre dal Direttore urlando: “ALLARMI… ALLARMI… ALLARMI… la Mamma ha fatto ricorso avverso l’avviso di accertamento!!!!”
Il Direttore, si morse il labbro!!! Un rivolo di sangue sgorgò tra le parole: “Mandi la pratica allo staff legale!!!”
L’Agenzia delle Entrate si costituì in Commissione Tributaria.
Il giorno dell’udienza, la Mamma si reca in Commissione Tributaria, spiega le sue ragioni motivando che essendo unica la quota caduta in successione ed unica la volontà di rinuncia all’eredità e stante il presupposto dell’imposta, ovvero attribuire la data certa alla dichiarazione, con il pagamento di € 168,00 lo Stato poteva ritenersi soddisfatto, in quanto tutte e la dichiarazione di rinuncia aveva sicuramente data certa, manifestata, infatti, in un unico contesto e per di più l’autorizzazione del Tribunale anche per i minori.
La Commissione Tributaria, Illuminata, diede ragione al contribuente Mamma con la seguente motivazione – spiegata in due parole (nda):
“Unica è la quota caduta in successione, unica deve considerarsi la dichiarazione di rinuncia all’eredità”
La Commissione Tributaria annulla l’avviso di accertamento e condanna l’Amministrazione Finanziaria anche al pagamento delle spese processuali per € 500,00.
La Mamma, avendo il fratello Avvocato, aveva presentato il ricorso personalmente cioè senza il ministero di un difensore (così si dice in gergo tecnico!!! tra ministero e procura v’è differenza ma ne parleremo in un’altra storia (nda) –
Qualora l’importo oggetto di contenzioso sia inferiore a circa € 2.600,00 il contribuente può stare in giudizio da solo.
Il fratello della Mamma, sapendo che le Commissioni Tributarie difficilmente condannano alle spese le Pubbliche Amministrazioni (per la serie cane non mangia cane) e per evitare che la presenza del fascicolo nel proprio studio potesse dar luogo ad accertamenti fiscali, le spiegò il da farsi e la Mamma seppe disbrigarsi nella vicenda – ovviamente tra fratello e sorella il ricorso è stato fatto senza pagamento di onorari di avvocato – mi pare giusto, no???
Lo Staff Legale dell’Agenzia delle Entrate ricevette la comunicazione della sentenza emessa da parte della Commissione Tributaria.
Letta la motivazione… all’Agenzia delle Entrate fu il caos!!!!
Il Direttore, la cui ferita al labbro non ebbe a rimarginare, e sopraggiunta un’ulcera duodenale sfogatasi a seguito della vicenda perché consapevole del dovuto rimborso al contribuente di € 336,00 da asportare dalle Casse dello Stato insieme alla perdita di € 500,00, rivolse in Alto le sue preghiere.
In soccorso del Direttore giunse l’Arcangelo che con Nota Dirigenziale placò l’attacco ulceroso al duodeno esprimendo il Verbo con le parole: “Appello avverso alla sentenza”.
Illuminato il Direttore si rincuorò e diede incarico allo Staff Legale di impugnare la Sentenza. Lo Staff Legale nelle domande dell’atto di appello così ha concluso:
In riforma integrale della sentenza qui impugnata, accertare e dichiarare la legittimità e correttezza dell’avviso di liquidazione e irrogazione sanzioni notificato;
Liquidare in favore dell’ufficio le spese e gli onorari di entrambi i gradi di giudizio come da note spese separate.
Mi domando se conoscono l’italiano. Vogliono pure le spese dei due gradi di giudizio e gli onorari. Mi domando se fanno gli avvocati, ai quali è dovuto l’onorario, o se invece fanno gli impiegati e ricevono il loro stipendio il 27 di ogni mese? Boh!!!
Spero di avere modo, sempre se vi interessa, di farvi conoscere l’esito dell’Appello che è pendente presso la Commissione Tributaria Regionale.
Morale della Favola:
Avete idea di quanto è venuto a costare alle Casse dello Stato tutta la vicenda?
Avete idea di quanto pesa oggi il fascicolo cartaceo?
Avete idea di quanto carta è stata consumata ed impegnata?
Avete idea di come “spendono” il tempo gli impiegati statali
Avete idea a cosa corrono dietro per “ri-sanare” il bilancio dello Stato?
Avete idea del fatto che ad oggi la Mamma ha sborsato:
€ 168,00 euro
€ 29,24 (marche da bollo)
€ X (onorario del notaio)
€ 336,00 (maggiore imposta contestata)
€ 29,24 (marche da bollo per il ricorso)
€ 29,24 (marche da bollo per l’appello)
Totale € 591,72 + X
Vi rendete conto delle domande espresse e svolte nell’atto di appello?
Da ultimo, ma secondo Voi il Notaio Pinco Pallino è un imbecille? O è un Professionista, sostituto d’imposta, che sa quello che fa, quando lo fa e perché lo fa?
Sbaglio, o il Notaio è un Pubblico Ufficiale? E se lui sbaglia a tassare gli atti all’origine, per quale ragione la colpa ricade sui contribuenti e non anche sul notaio, quantomeno in via solidale?
Ribellarsi contro le iniquità è squisitamente giusto.