È entrato in vigore il filtro in appello previsto dal decreto sviluppo ma le polemiche a riguardo non si placano. Secondo l’Organismo unitario dell’Avvocatura si tratta di un rimedio peggiore del male che finirà per accrescere la discrezionalità del giudice e incrementare il contenzioso.
«Partiamo dalla nota dolente – ha attaccato Maurizio de Tilla, presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura – il filtro in appello è un rimedio peggiore del male. Finirà per accrescere la discrezionalità del giudice e incrementare il contenzioso con i successivi possibili ricorsi per cassazione “per saltus”. Si tratta di una riforma che difficilmente potrà trovare un’applicazione pratica investendo valori della difesa e sistemi del processo che si pongono in aperto contrasto con la paradossale previsione di una pronuncia (soggettiva ed arbitraria) di inammissibilità dell’appello, che renderebbe ricorribile in Cassazione non più le sentenze di appello ma quelle di primo grado. La possibile declaratoria di inammissibilità si correla, poi, ad una sommaria ricognizione, nella prima udienza, del grado di infondatezza dell’impugnazione, con una affrettata e sommaria valutazione delle carte processuali. È inevitabile, inoltre, che i parametri formulati nella nuova normativa aprono la porta ad un volontarismo giudiziale difficilmente tollerabile. E tale apprezzamento potrà costituire la ragione primaria di un giudice, oberato dal carico giudiziario, che vuole liberarsi dei processi. In questo modo per eliminare il contenzioso si demoliscono i diritti dei cittadini e si dà spazio ad una confusione processuale senza precedenti».
All’incontro svoltosi nei giorni scorsi a Cernobbio, il presidente dell’Oua non ha fatto mancare la disponibilità degli avvocati rispetto a diverse proposte del Ministro della Giustizia, che, oggi, de Tilla conferma, ribadendo la richiesta di un incontro urgente con il Guardasigilli su diverse questioni: sulla riforma del corso di laurea in legge e l’accesso, sulla riforma dell’ordinamento forense, sulla geografia giudiziaria, sulla mediaconciliazione obbligatoria e sullo smaltimento dell’arretrato.
Su quest’ultima questione sottolinea: «Sì a una straordinaria iniziativa congiunta, avvocati e magistrati, per attaccare quello che è stato definito il debito pubblico della macchina giudiziaria – ha spiegato – fermo restando la necessità che si privilegi la qualità e la selezione. Partendo dal presupposto che il lavoro degli avvocati non può essere equiparato a quello di un cottimista del diritto: qualificazione, incompatibilità, garanzia di professionalità e retribuzione non devono essere messe in secondo piano».