Viddalba, paesino del Sassarese dalla lunga tradizione storica, organizza in questi giorni nel Civico Museo Archeologico una mostra sulla storia di uno degli ordini cavallereschi più affascinanti di tutti i tempi: “I cavalieri ospitalieri di S. Giovanni in Gerusalemme”. L’esposizione è stata allestita dalla cooperativa Oltrance service di Olbia, gestore del Museo. In programma sino al 17 ottobre, sarà probabilmente prolungata fino a fine mese visto il successo di pubblico registrato.
“Pur con poche risorse a disposizione – raccontano la curatrice del Museo, Gianna Liscia, e il direttore Domingo Dettori – siamo riusciti a realizzare questa iniziativa che è anche un’occasione per rilanciare e far conoscere Viddalba, in passato importante crocevia di questa zona della Sardegna”. La mostra ripercorre la storia dell’ordine, dalla nascita ad oggi, attraverso l’esposizione di stendardi e armi, sia cristiane che musulmane, riprodotte artigianalmente e fedelmente da Vincenzo Caschilli. Il racconto è accompagnato da foto, concesse da Fabrizio Zuccarato. È stato anche riprodotto il laboratorio medievale di un farmacista, è così possibile farsi un’idea delle erbe usate e degli utensili usati, alcuni dei quali realizzati da una società locale che, oltre a servire servizi culturali, realizza ceramiche fatte a mano ispirate al medioevo e al rinascimento.
Urbano II e l’inizio delle ostilità religiose
È il 1095. Papa Urbano II invita i cristiani a porre fine alle lotte fratricide tra paesi cristiani e a recare aiuto alla Chiesa orientale minacciata dagli infedeli turchi. A partire dall’inizio del X secolo i musulmani tenevano sotto controllo parte della Spagna, il nord Africa, il Vicino Oriente e la Sicilia, venendo così a inserirsi nelle rotte commerciali mediterranee. Sino a questo momento però i rapporti tra musulmani e cristiani erano stati di reciproca tolleranza. Eppure le parole di Urbano II furono accolte con grande entusiasmo, non solo religioso. Il suo invito infatti era l’occasione per conquistare nuove terre e acquisire nuovo potere. È il 1096 quando partono i rappresentanti delle più importanti famiglie nobiliari. Ha inizio la prima crociata. La missione si conclude nel 1099 con la liberazione di Gerusalemme. È un massacro. I crociati trucidano barbaramente la popolazione, costituita da ebrei e musulmani. Il clima di tolleranza è terminato.
Dopo la fondazione del Regno Latino di Gerusalemme, nella città viene costruito un ospedale intitolato a San Giovanni Battista. Rettore è nominato fra’ Gerardo. È il religioso a fare approvare da re Baldovino I una costituzione per garantire l’autonomia dell’istituzione ospedaliera. Nel 1113 papa Pasquale II emana una bolla con la quale riconosce ufficialmente l’Ordo Fratum Hospitalariorum Hierosolymitanorum. L’ospedale diventa così un ordine religioso laicale i cui cavalieri sono religiosi legati dai tre voti monastici di povertà, castità e obbedienza. Il loro stendardo è nero, la croce bianca, i mantelli neri. La croce con il tempo diventerà a otto punte, caratteristica che contraddistingue e identifica l’ordine dei Cavalieri di San Giovanni ancora oggi.
L’ordine si occupa della cura e dell’assistenza ai pellegrini e ai malati. Solo in un secondo momento, e precisamente quando gli islamici tornano ad insediare le strade che conducono ai luoghi di pellegrinaggio di Gerusalemme e alla Terra Santa, l’ordine assume una funzione militare, quella di scortare i pellegrini nei luoghi sacri. Questa nuova funzione è ufficialmente riconosciuta da papa Callisto II nel 1120. Da questo momento i cavalieri di San Giovanni condividono le travagliate vicende dei crociati. Dalla metà del XIII secolo il loro stendardo cambia, diventa una croce bianca su sfondo rosso. Dopo la perdita della Terra Santa, nel 1310 si trasferiscono a Rodi dove assumono il nome di Cavalieri di Rodi e dove allestiscono una potentissima flotta navale con cui proteggono le coste cristiane e accompagnano i pellegrini nei luoghi sacri. Nel 1523 i cavalieri, sconfitti dal sultano Solimano il Magnifico, sono costretti ad abbandonare l’isola e a rifugiarsi a Malta, da cui prendono il nome con cui oggi li conosciamo: cavalieri di Malta. Qui continuano la loro missione medica, costruendo un ospedale considerato all’epoca il più efficiente del mondo. Istituiscono una scuola di anatomia e una facoltà di medicina. Ma la loro diaspora non è finita. Nel 1798 infatti Napoleone Bonaparte occupa l’isola. I Cavalieri, a causa della Regola dell’ordine che impediva loro di alzare le armi contro altri cristiani, sono costretti a fuggire. Solo nel 1834 l’Ordine trova una sistemazione definitiva: Roma.
Sardegna, dai sovrani bizantini al papa
All’inizio dell’XI secolo la Sardegna, precedentemente provincia bizantina, è minacciata dai Saraceni. Pisa e Genova, preoccupate delle ripercussioni economiche di una simile occupazione, intervengono a protezione dell’isola. La Sardegna cade così sotto l’influenza delle due città, ma soprattutto sotto quella della Chiesa. I papi in questo periodo danno vita alla riforma della chiesa attraverso un programma di riorganizzazione e recupero dello spirito cristiano. I sovrani sardi, volenti o nolenti, accolgono le più importanti congregazioni monastiche a cui donano terre su cui costruire i loro monasteri. Alla fine dell’XI secolo la Sardegna si trova divisa in quattro regni autonomi, detti giudicati: Kalaris, Arborea, Turris e Gallura. Il giudicato di Turris si distingue per le innumerevoli donazioni in favore di benedettini tanto che è in questo territorio che sorgono le più importanti abbazie dell’ordine, il cui splendore si colloca sotto il regno di Gonario di Torres (XII secolo), figlio di Costantino e Marcusa. Non esistono fonti sulla presenza dei cavalieri Ospedalieri in Sardegna nel XII secolo, ma abbiamo indizi importanti che ci riconducono ai sovrani di Torres. Sappiamo infatti che Marcusa, morto Costantino, si recò a Messina dove fondò un ospedale intitolato a San Giovanni d’oltremare. Gonario dopo aver abdicato a favore del figlio Barisone II, si ritirò a vita monastica a Clairvaux, l’abbazia cistercense retta da San Bernardo, autore della regola dei Templari, da lui conosciuto al ritorno dal pellegrinaggio in Terra Santa. Lo stesso Barisone, alla fine del suo regno, si sarebbe ritirato a S Giovanni d’oltremare. Questi indizi ci permettono di ipotizzare che questi sovrani abbiano potuto incentivare la nascita di ospedali anche nel regno di Torres dandoli in gestione proprio ai Cavalieri di San Giovanni. La presenza dei cavalieri è accertata solo a partire dalla metà del XIII secolo. In un documento del 1255 si dice che i cavalieri Ospedalieri sono esentati dal versamento di un contributo. In due documenti, del 1343 e del 1362, la chiesa di San Leonardo di Siete Fuentes è messa in collegamento con i cavalieri Ospedalieri, nel documento più recente si dice che tutte le proprietà dei cavalieri sono sotto la precettoria di Sette Fontane. Ed infatti dal 1973 la chiesa è sede della Delegazione Sarda del Sovrano Militare Ordine di Malta, che qui si riunisce ogni 24 giugno per celebrare la festa di San Giovanni Battista.
I Cavalieri a Viddalba
Che a “Billalba” esistesse un ospedale lo si apprende esclusivamente da un passo del Condaghe di San Pietro di Silki (1173), in cui si cita il priore “domnu Bernardu”. Non si hanno altre notizie certe. A Viddalba sono però presenti due chiese intitolate a santi legati ai cavalieri Ospedalieri: la chiesa di San Giovanni Battista, che è precedente alla diffusione dell’ordine in Europa, e la chiesa di San Leonardo, santo che dà nome a molte strutture ospedaliere tradizionalmente gestite dai cavalieri. Certo è che Villa de Alba nel XII secolo era importante crocevia, essendo situata al confine tra i regni di Torres e di Gallura, e sull’asse viario prossimo all’approdo di Ampurias alla foce del fiume Coghinas. È quindi probabile che fosse munita di una struttura per ospitare e soccorrere i viaggiatori, commercianti o pellegrini diretti ai luoghi sacri siti in questa zona della Sardegna. La vicinanza del Coghinas avrebbe inoltre garantito l’approvvigionamento dell’acqua necessaria per l’igiene e la cura dei malati. È probabile che l’ospedale sia stato abbandonato a seguito dello spopolamento subito dalla Bassa Valle del Coghinas.
Gli ospedali dei Cavalieri di San Giovanni
La nascita dell’ospedale è legata al concetto di caritas, diffuso dal Cristianesimo. Caritas intesa come assistenza da fornire ai più bisognosi della comunità ed ai malati. Le notizie sul funzionamento degli ospedali dei cavalieri di San Giovanni sono frammentarie. Fondamentale è un passo tratto dalla “Guida per la Terra Santa” scritta dal pellegrino Teodorico da Würzburg, recatosi in Terra Santa tra il 1169 e il 1175, in cui è descritto l’ospedale di San Giovanni a Gerusalemme: “E qui…si trova la Chiesa e l’Ospedale di San Giovanni Battista. Come nessuno può credibilmente dire a un altro, come belli i suoi edifici sono, come abbondantemente vengono forniti camere e posti letto e altro materiale per l’uso di malati e poveri, quanto ricco è il refrigerio dei poveri, e come devotamente si sforzano (i frati dell’ospedale) di mantenere i bisognosi, se uno ha modo di vederlo con propri occhi. Infatti, siamo passati attraverso questo palazzo e non eravamo in grado con ogni mezzo di scoprire il numero di malati lì, ma abbiamo visto che i letti contavano più di mille. Non tutti dei più potenti re e despoti possono mantenere quante più persone che la casa (mantiene) ogni giorno”. Da un’ordinanza emanata dal capitolo generale dei Gerosolimitani il 7 marzo 1182 sappiamo inoltre come era organizzato l’ospedale: doveva prevedere quattro medici esperti, letti confortevoli dotati di lenzuola e coperte. In ogni stanza dovevano esserci nove aiutanti, a cui spettava il compito di lavare i piedi ai malati, imboccare i più deboli e lavare le lenzuola. Ai malati, di entrambi i sessi, andava garantita per tre volte la settimana la consumazione di carne oltre ad una pelliccia, un paio di scarpe e un berretto di lana. Ci si occupava anche della cura e dell’istruzione degli orfani. I bambini venivano isolati dalle madri malate e sistemati in culle, onde evitarne il contagio. Le bare dei deceduti dovevano essere ricoperte con un drappo rosso sormontato da una croce bianca. Ogni anno l’istituto donava ai poveri mille pellicce di pecora, provvedeva inoltre a far riparare le scarpe per poi donarle ai bisognosi, raccoglieva e distribuiva abiti usati. Veniva donati dodici denari ad ogni carcerato che usciva per la prima volta di prigione. Ogni giorno veniva offerto un pranzo a trenta poveri davanti al convento. Per tre giorni la settimana si distribuivano pane, vino e bollito a coloro che venivano presso l’ospedale a elemosinare. Durante la Quaresima si ospitavano tredici poveri, si lavavano loro i piedi e si dava a ognuno una camicia nuova, pantaloni, scarpe e due denari. Dobbiamo immaginare che tutti gli ospedali gestiti dai Cavalieri di San Giovanni funzionassero più o meno in questo modo.
La medicina e le derrate
La prima medicina era il cibo, ritenuto indispensabile per recuperare la salute. Alcuni cibi avevano un determinato valore terapeutico: l’uovo, ritenuto adatto a recuperare le forze, era usato dopo la flebotomia o il salasso; anche il vino era considerato un rimedio alla debolezza; la carne era usata come ricostituente. Il pepe era usato per le febbri malariche, il prezzemolo per le malattie renali. I farmaci erano preparati con sostanze vegetali e animali, a volte con l’aggiunta di minerali. Esisteva un medicamento, la teriaca, costituito da ben 73 ingredienti, usato contro il morso degli animali e contro i dolori di stomaco. I farmaci erano preparati da farmacisti, droghieri, erboristi e botanici.
Tutte le strade portano a Roma
Oggi l’ordine risiede a Roma, dove possiede sedi garantite da extraterritorialità. È presente in 120 Paesi con opere a difesa della fede e a servizio dei malati e dei poveri, svolte attraverso l’aiuto volontario di dame e cavalieri. L’ordine dei Cavalieri di Malta è l’unico ordine monastico cavalleresco giunto ai nostri giorni attraverso quasi mille anni di storia.