In occasione dei 75 anni dalla sua fondazione, Il festival di Lucerna, insieme all’etichetta tedesca Audite, ha lanciato una nuova collana discografica con incisioni storiche, tratte dall’archivio della Radiotelevisione Svizzera (RSI). Tutte registrazioni “live”, accuratamente rimasterizzate, in gran parte accessibili per la prima volta. I primi tre cd sono stati raccolti in un box che contiene anche interessanti foto storiche tratte dall’archivio del festival.
Un cd è dedicato a due mitici pianisti come Robert Casadesus e Clara Haskil, con registrazioni della fine degli anni cinquanta: nel 1957 Casadesus sfoggiava tutto il suo virtuosismo nel Concerto n.5 di Beethoven “Imperatore”, accompagnato dai Wiener Philharmoniker, al loro debutto a Lucerna, diretti da Dimitri Mitropoulos; nel 1959 Clara Haskil offriva una commovente interpretazione del Concerto in re minore di Mozart, K 466, con Otto Klemperer e la Philharmonia Orchestra. Allo stesso periodo risalgono le due storiche interpretazioni lsaac Stern (con la Schweizerisches Festspielorchester) raccolte nel secondo cd: Nel 1956 il violinista americano suonava il Concerto per violino n.2 di Béla Bartók (con Ernest Ansermet sul podio), nel 1958 il Concerto per violino in re maggiore di Čajkovskij (con Lorin Maazel sul podio), dimostrando in entrambe in entrambe i casi una cura estrema per i dettagli, un fraseggio articolato, una attitudine, personalissima, a rendere gli stati più febbrili delle due partiture con grande naturalezza, quasi senza sforzo, con uno stile quasi “parlante”. Il terzo cd ci proietta invece negli anni Sessanta del Festival svizzero, con due sinfonie dirette da George Szell. Il direttore ungherese disegna trame trasparenti, con uno straordinario controllo ritmico e una tensione costante, nella Prima Sinfonia di Brahms, diretta sul podio della Festspielorchester nell’agosto del 1962; imprime invece una grande energia, con sottili fluttuazioni di tempo e di dinamica, nell’Ottava di Antonín Dvorák, diretta sul podio della Filarmonica ceca nel 1969.
Historic Performances
Lucerne Festival
Musiche di Wolfgang Amadeus Mozart, Pëtr Il’ič Čajkovskij, Ludwig van Beethoven, Béla Bartók, Johannes Brahms, Antonin Dvorak.
Solisti: Clara Haskil, Robert Casadesus, lsaac Stern
Direttori: Dimitri Mitropoulos, Otto Klemperer, Ernest Ansermet, Lorin Maazel, George Szell
Orchestre: Wiener Philharmoniker, Schweizerisches Festspielorchester, Philharmonia Orchestra, Orchestra Filarmonica ceca.
3 cd Audite 95.623-5
Patterns in a chromatic Field. Music for Cello
di Morton Feldman
Violoncello Marco Simonacci, pianoforte Giancarlo Simonacci, soprani Paola Ronchetti e Ilaria Severo, corno Fabio Frapparelli.
2 cd Brilliant 9401
Giancarlo Simonacci ha dedicato la sua carriera pianistica alla musica contemporanea e per la Briliant ha già inciso quattro bei box dedicati a John Cage. Ora insieme al figlio Marco, violoncellista, si cimenta con un monumento della musica di Morton Feldman, Patterns In a Chromatic Field, partitura scritta nel 1981, lo stesso anno di Triadic memories, una delle sue composizioni più complesse, articolate e dense. Una partitura dalla notazione meticolosa, priva di qualsiasi elemento aleatorio, basata su patterns dotati di una precisa evidenza ritmica e timbrica. Patterns che si ripetono sempre variati e che rivelano l’interesse di Feldman per le sottili asimmetrie, che ammirava nei tappeti dell’Anatolia, con le loro impercettibili variazioni di colore e di forme geometriche. Il risultato è un tessuto sonoro fatto di piccoli gesti «insieme concreti e effimeri», con suddivisioni estreme nella scrittura ritmica, continui cambi di metro, gruppi in contrasto, che richiedono agli esecutori una grande concentrazione. Basterebbe osservare, nelle prime pagine, il contrasto tra gli accordi leggeri e dissonanti del pianoforte (quintine su un tempo di 4/16) e la linea insinuante del violoncello (gruppi di 9 su un tempo di 8/32). Questa linea è basata su un tetracordo (sol, lab, la, sib) che Feldman complica in senso enarmonico per accentuare l’ambiguità dell’intonazione (fa doppio diesis, la bemolle, si doppio bemolle, la diesis). Irrompe una breve trama di pizzicati (batt.73), poi una sequenza di suoni tenuti e risonanti (batt.78), quindi una magica sequenza di arpeggi ascendenti dei due strumenti, che si muovono parallelamente ma con sfasamenti infinitesimali, in un tempo di 17/16 (batt.91). Varianti ed echi di questi patterns iniziali ricorrono lungo gli 80 minuti del pezzo, all’interno di una trama priva di direzionalità, fatta solo di giustapposizioni, senza transizioni, costruita come «un consapevole tentativo di “formalizzare” un disorientamento della memoria». L’esecuzione dei due Simonacci restituisce benissimo le sottili sfumature timbriche e metriche, gli slittamenti di velocità, l’articolazione dei motivi, la dimensione caleidoscopica dell’insieme, e non ha nulla da invidiare all’incisione di Arne Deforce e Yutaka Oya (cd Aeon AECD0977). Il doppio cd contiene anche altri brevi lavori con violoncello, che abbracciano un vasto arco della produzione di Feldman, e ne colgono una certa varietà di stili: dai giovanili, indediti Two Pieces (1948) per violoncello e pianoforte, dominati da un gusto aforistico e weberniano, ai lavori per violoncello solo come l’astratto Projection 1 (1950) o il più gestuale Intersection 4 (1953); dal puntillismo di Four Songs to Poems by e.e. cummings (1951) per voce, violoncello e pianoforte, alle atmosfere sospese e incantatorie di Two Instruments (1958) per violoncello e corno, e di Voices and Cello (1973) per due voci femminili e violoncello.
The Scarlatti Restored Manuscript
di Domenico Scarlatti
Pianoforte Andrea Bacchetti
Rca Red Seal 88765417242
Andrea Bacchetti è una forza della natura. Con la sua figura minuta, nervosa, piena di energia, nei concerti dal vivo riesce sempre a irretire gli ascoltatori, nelle grandi sale internazionali come nelle realtà più piccole, di provincia, che non disdegna mai (come quando si è esibito nel bel festival di Valceno Arte, catturando con anche le sue brillanti presentazioni, la curiosità del pubblico, stipato in una piccola chiesetta arroccata sull’Appennino emiliano). Le sonate di Scarlatti sono tra i cavalli di battaglia di questo ex enfant prodige (debuttò a 11 anni a fianco dei Solisti Veneti e di Claudio Scimone), che ha conquistato una grande fama anche come interprete bachiano. In questo cd (che gli è valso l’International Classical Music Award 2014) ha estrapolato dieci Sonate da un manoscritto della Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, recentemente restaurato (lt. IV, 201) e pubblicato insieme a Marco Marcarini. Nel booklet, un breve testo di Anna Claut, studiosa presso la Biblioteca marciana, illustra questa ricerca musicologica. Anche in queste Sonate, che non sono tra le più eseguite di Scarlatti, Bacchetti sfoggia la sua grande verve, l’istinto musicale, ma sempre unito a una grande intelligenza, e a una tecnica raffinatissima, un tocco controllato. Non stacca tempi veloci, non fa esibizione di virtuosismo, cura l’articolazione di ogni frase e le sfumature di colore. Non ricerca il suono del clavicembalo, ma il bel suono pianistico (su un Fazioli),levigato, talvolta al limite della leziosità. Esegue queste sonate con leggerezza, con un respiro lento e molto “italiano”, quasi pensando a degli ariosi.