“L’uomo. L’uomo e la sua vita, così breve, così fragile, così minacciata … io mi occupo quasi esclusivamente dell’uomo. I paesaggi sono eterni, io vado di fretta”, annotava Henri Cartier-Bresson. Il Museo dell’Ara Pacis ospita la mostra introspettiva in omaggio al fotografo francese, fino al 25 gennaio.
L’evento è un omaggio al genio di uno dei più grandi fotografi del ventesimo secolo che, nel corso della sua vita e della sua carriera, è riuscito a immortalare momenti della storia unendo la grazia della poesia alla forza della testimonianza. E’ curata da Clement Chéroux, storico della fotografia e curatore presso il Centre Pompidou di Parigi, Musée national d’art moderne. Ed è proprio qui che l’esposizione è stata realizzata in collaborazione con la Fondazione Henri Cartier-Bresson.
I suoi scatti sono capolavori assoluti. “Cartier-Bresson è la fotografia” – ha detto Roberto Koch, il fotografo che ha dato vita e presiede l’agenzia Contrasto -. “Erano quindici anni che mancava a Roma una mostra su questo grande artista la cui carriera ha inizio proprio nella Roma degli anni trenta. Quest’anno, in occasione del decennale dalla morte avvenuta nel 2004, si è deciso di ospitare un’esposizione che svela il passato di Cartier-Bresson in modo sorprendente e nuovo. La mostra, già allestita a Parigi e in Spagna, si concluderà a Roma perché le fotografie, per motivi di conservazione, non possono viaggiare molto. Quindi è per noi un grande privilegio poterla ospitare”. La speranza è che la mostra sia un successo così come è stato in Francia e in Spagna. Il successo di una mostra equivale al successo del museo e del monumento che la ospita. “Per l’Ara Pacis è ormai una tradizione ospitare almeno una volta l’anno mostre fotografiche ha spiegato Claudio Parisi Presicce sovrintendente Capitolino “le precedenti mostre hanno portato ad un aumento di presenze pari al 37%, speriamo quest’anno di poter superare questo dato”. Roberta Biglino presidente di Zetema ha spiegato che “questa è una mostra che si autofinanzia attraverso la biglietteria, dato che non ha usufruito di finanziamenti statali ma solo contributi da parte di alcune banche”. E’ stata attuata una “politica del biglietto” che prevede la possibilità di un unico biglietto per vedere monumento e mostra (€ 18), e di un biglietto per la sola mostra (€ 11).
La fotografia è un elemento importante per leggere la realtà. Attraverso 500 opere, tra cui 350 fotografie vintage d’epoca, disegni, dipinti, film e documenti, si ripercorre cronologicamente la vita professionale del fotografo al fine di mostrarne la complessità artistica. “Esistono diversi Cartier-Bresson, d’altronde una persona sensibile come lui non poteva rimanere sempre lo stesso, ma si è adattato ai nuovi scenari storici in cui si è trovato a vivere”. La sua opera infatti è scandita in tre periodi principali: il primo (1926-1935) è caratterizzato dalla frequentazione dei surrealisti, compie i primi passi e i primi viaggi; il secondo (1936-1946) è il periodo dell’impegno politico, lavora per la stampa comunista e per il cinema; il terzo (1947-1970) vede la creazione della cooperativa Magnum Photos e si conclude con la fine della sua attività di fotografo. Il percorso espositivo, diviso in nove sezioni, mira non solo a mostrare l’evoluzione artistica di Cartier Bresson ma anche a rappresentare la storia del Ventesimo secolo di cui l’artista è fondamentale e insostituibile testimone. Tanto da essere stato giustamente definito “l’occhio del secolo”. Ogni sezione corrisponde ad una specifica fase della vita di Cartier Bresson: dopo una piccola Introduzione, si parte dalle Prime fotografie degli anni dell’apprendistato per passare ai Viaggi fotografici influenzati dai principi di “bellezza convulsa” del surrealismo: ad affascinarlo è il gusto della libertà della rivolta, la giocosità, la carica esplosiva. L’impegno politico, a New York e a Parigi, è caratterizzato da un atteggiamento di ribellione. Le sue posizioni sono vicine a quelle dei comunisti: anticolonialismo, sostegno dei repubblicani spagnoli e lotta contro l’ascesa del fascismo. Durante il periodo delle Guerre, prima fotografo dell’esercito, poi prigioniero, fuggiasco, combattente della Resistenza, svolge l’attività di documentare il ritorno dei prigionieri. Poi sceglie di fare il foto reporter, così fonda l’Agenzia Magnum Photos e scatta alcune foto che segneranno per sempre l’immaginario collettivo, come le foto del funerale di Gandhi. Ormai reporter professionista, è il primo fotogiornalista ad entrare in URSS dopo la morte di Stalin. A partire dagli anni 70 la sua pratica diventa più posata e contemplativa, recupera il disegno eseguendo numerosi schizzi dal vivo, una sorta di fotografia dopo la fotografia. L’ultima sezione, Ricognizione, è dedicata alla iconizzazione del maestro.
La mostra è corredata di un esaustivo Catalogo e di una guida.
Data la complessità dell’artista sono in programma quattro incontri tematici finalizzati a spiegarne la personalità e l’evoluzione artistica: La fotografia come racconto del quotidiano (24 ottobre), La fotografia di guerra (7 novembre), La fotografia e il ritratto (21 novembre), La fotografia di viaggio (12 dicembre).