Nonostante la vittoria alle amministrative di Parma, il boom nei sondaggi elettorali e le continue esternazioni del suo (presunto) leader Beppe Grillo, sono ancora tante le domande senza risposta riguardo al Movimento a 5 Stelle, al suo progetto culturale/politico e alla sua leadership. Con i partiti tradizionali ormai agonizzanti e il governo dei tecnici in balia della crisi europea, il Movimento di Grillo ha avuto la possibilità di affermarsi come movimento di massa diventando uno dei principali attori della scena politica italiana dell’era post-Berlusconi.
Quello che prima era un fenomeno minore, di cui i media nazionali si occupavano solo in vista del V-day o di qualche nuovo spettacolo di Grillo, è finito sotto la lente di ingrandimento di giornali e televisioni. Ecco allora spuntare le contraddizioni e i dubbi che da tempo covavano sotto la cenere di un movimento per certi versi anomalo: tanto aperto e partecipativo alla base, con le liste civiche e i meet-up di cittadini sui territori, quanto misterioso e insondabile al suo vertice, costituito, come è oramai noto, da Gianroberto Casaleggio, guru dell’informatica e ideologo del movimento di Grillo nonché autore e curatore del popolarissimo blog del comico genovese. Ė lui l’ispiratore di tutte le scelte politiche di Grillo e del suo movimento?
Casaleggio, chi era costui?
Nato a Milano nel 1945, amante dei gatti e appassionato di Storia, Gianroberto Casaleggio è il titolare di una società di consulenza aziendale che ne porta il cognome: Casaleggio Associati – Strategie di Rete.
Con Grillo ha scritto un libro : “Siamo in guerra” dal sottotitolo esplicito : “Per una nuova politica: la rete contro i partiti”. Imprenditore e manager dell’informatica, Casaleggio, ha iniziato la sua carriera negli anni ’90, all’Olivetti di Roberto Colaninno, per poi diventare amministratore delegato della Webegg, una società di proprietà Telecom Italia che si occupava di consulenza strategica per internet. Nel 2004 ha fondato la Casaleggio associati insieme a Enrico Sassoon, ex direttore del settimanale di Confindustria Mondo economico, Luca Eleuteri, Davide Casaleggio e Mario Bucchich, tutti provenienti da Webegg. “Per indirizzare le aziende in Rete è necessario disporre di una conoscenza puntuale dell’evoluzione in atto, sia a livello nazionale che internazionale”, si legge sul sito della società di Casaleggio. E di contatti internazionali Casaleggio ne ha parecchi.
Fra i suoi partners di oltre oceano figurano la società di informatica americana Enamics e la Bivings Group, la compagnia leader del web marketing negli USA. LA Bivings Group si occupa dell’immagine delle grandi corporations americane usando il web e, in particolare, i social network come Facebook o Twitter per orientare l’opinione pubblica. Fra i suoi clienti ci sono: la Monsanto, la Philip Morris e la Lorilland Tobacco e infine la E BP AMOCO, nota industria petrolifera. Presupposti non proprio ideali per una “rivoluzione dal basso”.
Fra i clienti italiani della società di consulenza milanese figurava anche l’Idv di Antonio Di Pietro di cui Casaleggio ha curato il blog fino al 2010 con ottimi risultati (era uno dei più letti in Italia), salvo poi scaricarlo per concentrarsi sul Movimento a 5 stelle, sul blog di Grillo e sull’organizzazione dei V-day, veri e propri “prodotti di punta” dell’azienda di Casaleggio, pronti ormai, per un salto di qualità “istituzionale”.
La lettera al Corriere
La pressione mediatica conseguente al successo elettorale e i crescenti malumori della base per le scelte unilaterali che Casaleggio, talvolta, impone ai suoi, tramite Grillo, hanno costretto l’eminenza grigia del Movimento a 5 Stelle a venire allo scoperto con una lettera pubblicata sul Corriere della Sera qualche giorno fa. La scelta del mezzo di comunicazione non può essere, di certo, casuale per un genio della comunicazione come Gianroberto Casaleggio. Pronto ormai per lanciare il suo movimento in Parlamento alle prossime politiche, il guru dell’informatica ha probabilmente ritenuto che fosse giunto il momento di rassicurare i ceti moderati con un intervento dalle colonne del loro quotidiano di riferimento.
“Sono in sostanza cofondatore del movimento insieme a Beppe Grillo” – afferma Casaleggio nella sua lettera al Corriere – “ho scritto il “Non Statuto”, pietra angolare del Movimento 5 Stelle prima che questo nascesse, insieme abbiamo definito le regole per la certificazione delle liste e organizzato la raccolta delle firme per l’iniziativa di legge popolare “Parlamento Pulito” e le proposte referendarie sull’editoria con l’abolizione della legge Gasparri e dei finanziamenti pubblici. Inoltre abbiamo scritto un libro sul MoVimento 5 Stelle dal titolo “Siamo in guerra” firmato da entrambi. In questi anni ho incontrato più volte rappresentanti di liste che si candidavano alle elezioni amministrative, per il tempo che mi consentiva la mia attività, per offrire consigli sulla comunicazione elettorale” .“Non sto “dietro” Grillo, ma al suo fianco”.
Peccato però che se davvero fosse stato al fianco di Grillo in questi anni lo avremmo visto e conosciuto, tanto quanto abbiamo imparato a conoscere il comico genovese e il suo pensiero politico. Casaleggio però da quando il Movimento ha mosso i primi passi nel 2009 ad oggi non si è mai visto, il che autorizza a pensare che non fosse “al fianco” di Grillo bensì “dietro” di lui.
Il caso Parma
Il rapporto fra Grillo e Casaleggio è rimasto fino ad ora nell’ombra, ma molti, troppi elementi inducono a pensare che in realtà, il vero ispiratore delle scelte di Grillo sia proprio il guru dell’informatica milanese. Così, solo oggi, si scopre che il diktat di evitare i talk show televisivi è venuto da Casaleggio così come alcune scelte politiche che hanno creato non poche spaccature nel Movimento a 5 Stelle. Questa endemica mancanza di democrazia al vertice del movimento ha portato alla luce del sole tutte le contraddizioni del progetto politico di Grillo, proprio all’indomani del trionfo elettorale. La prima cosa che ha fatto Federico Pizzarotti, subito dopo essere stato eletto Sindaco di Parma, è stata telefonare non a Grillo, bensì a Casaleggio per annunciargli di aver scelto Valentino Tavolozzi come direttore generale per il Comune di Parma. Casaleggio però non vuole saperne perchè era stato proprio lui, qualche mese prima, a far espellere Tavolozzi dal Movimento. Valentino Tavolazzi altri non è se non il consigliere comunale di Ferrara reo di aver indetto una riunione (dal vivo e non sulla rete) durante la quale si parlava di democrazia interna.
“Scomunicato” da Casaleggio e Grillo, Tavolozzi fu accusato di “partitocrazia” e cacciato dal Movimento senza possibilità di appello, nonostante le proteste di quasi tutti i “grillini” dell’Emilia Romagna e le perplessità dello stesso Grillo. Ma Tavolozzi,ad oggi, è ancora una persona di cui tutti si fidano, Grillo compreso, perché ha lavorato nella pubblica amministrazione come tecnico da direttore generale del comune di Ferrara. Un ruolo da cui fu “rimosso” nel 2002, probabilmente perché stava lavorando fin troppo bene. Proprio per questo il neo-sindaco di Parma, Pizzarotti , forte del mandato elettorale, si è opposto con fermezza a Casaleggio indicando Tavolozzi come nuovo direttore generale. Paradossalmente, però, Casaleggio si è risentito per essere stato preso sul serio da Pizzarotti e da altri esponenti a 5 stelle, riguardo alla “diversità” del Movimento dai partiti tradizionali e riguardo alla democrazia dal basso.
Cambiare tutto per non cambiare niente
Lo scontro è aperto ed evidenzia ancora una volta che non basta riempirsi la bocca con parole come “democrazia diretta” e “cambiamento dal basso” se il fine è poi quello di muovere i fili dietro le quinte: al primo impatto con la realtà i nodi vengono al pettine e i burattinai sono costretti a uscire da dietro le quinte. Se il Movimento a 5 Stelle vuole arrivare a Roma dovrà trovare un modo per coordinarsi a livello nazionale, ma questo li farà assomigliare sempre di più ai partiti che vogliono rottamare.
La carica di innovazione che il Movimento 5 Stelle sta portando nella politica tradizionale è, per molti versi, positiva e stimolante ed è un merito da attribuire ai militanti dei territori. Sarebbe un peccato se tutto questo si riducesse ad un’operazione di marketing finalizzata alla conquista del potere da parte di una nuova élite che basa il suo potere non più sull’usurata televisione, media del ‘900, ma sulla rete. Il fatto che dei sindaci eletti dal popolo debbano rendere conto a un privato, proprietario di un’azienda, sa tanto di conflitto d’interessi in chiave multimediale. Ancora una volta il rischio è di cambiare tutto affinché non cambi nulla.