Gli “effetti collaterali” del passaggio da un Governo all’altro sono gli scatoloni che riempiono i corridoi degli uffici di Gabinetto dei Ministeri.
L’immagine è decisamente diversa da quella dei dipendenti licenziati dalla Lehman Brothers, primo segno della crisi economica globale, che uscivano dalle loro sedi di Londra o New York.
In quel caso, le scatole di cartone rappresentavano la fine di un ciclo professionale ma probabilmente l’inizio di uno nuovo? (Il punto interrogativo è d’obbligo). Certo è che quell’atteggiamento molto anglosassone davanti alle telecamere di rassegnazione “ottimistica”, a testa alta comunque, non corrisponde all’aria che si respira in questi giorni nelle stanze ministeriali. Nei corridoi qualcuno piange, addirittura, e nessuno sembra rassegnarsi al fatto che per il governo Berlusconi IV sia finita e che inizi l’era del governo Monti.
Lo scenario è alquanto spettrale.
Quadri poggiati per terra, piante improvvisamente secche, cestini pieni di carte, pc pronti per il backup. In un click si archivia tutto, anche i ricordi di giornate intense che sembravano non voler finire mai.
I tempi ministeriali sono in genere dilatati e soprattutto negli uffici di Gabinetto le riunioni si convocano tranquillamente anche alle 8 di sera. Le luci delle segreterie e degli gli uffici stampa, nei bei palazzi del centro, erano accese anche fino a notte fonda, in giornate particolari e quando si era in piena attività.
Adesso non è così, adesso si aspetta, cosa e chi non si sa. Il personale “in comando” aspetta di capire se dovrà tornare nell’amministrazione di provenienza, i collaboratori “in diretta”, cioè il personale esterno che viene “nominato” dal ministro e che compone il suo staff, decadono automaticamente al momento del giuramento del nuovo esecutivo, ma anche loro aspettano che il nuovo arrivi (se arriva, considerando che il governo tecnico è composto da 17 ministeri, con e senza portafoglio, anziché 23) prima di lasciare definitivamente, come per altro previsto dal contratto; infine aspettano i dirigenti, anche loro speranzosi che il loro contratto venga confermato entro i 30 giorni previsti dalla legge e che lo spoil system non li travolga facendoli ritornare alle fasce retributive precedenti.
Ultimissimi nella lista tra coloro che qualcosa aspettano, sono i collaboratori a progetto, esterni alla Pa, spesso giovani e molto qualificati, il loro lavoro all’interno delle amministrazioni è richiesto in molti casi per supplire alla mancanza di personale interno che abbia analoghe caratteristiche (lavorano, per esempio, negli uffici stampa, occupandosi della comunicazione istituzionale per la quale è richiesta l’iscrizione all’albo dei giornalisti pubblicisti). La loro attesa per il rinnovo è ancora più sofferta perché una volta varcata la soglia del ministero col proprio scatolone in mano avranno poco da mostrare un’aria fiera, significa che il contratto è scaduto e non è stato più rinnovato.
Dietro il tradizionale passaggio della “campanella” tra un presidente del Consiglio che s’insedia e un altro che se ne va, ci sono i volti di tutto quell’immenso mondo di risorse umane che popolano gli uffici ministeriali e che, non sempre e non in tutti i casi, è un carrozzone di privilegiati e fannulloni.
Certo è che forse quella famosa “Riforma Brunetta”, una rivoluzione secondo gli annunci in pompa magna del 2008, che prevedeva una riorganizzazione del personale della pubblica amministrazione, sarebbe ancora necessaria per evitare gli sprechi nella Pa, anche in termini di dispersione delle risorse e ottimizzazione della qualità del lavoro (più ore davanti al pc non è uguale a più produttività e qualità).
Peccato che in questo momento, camminando nei corridoi della sede dell’ex Ministero della Funzione Pubblica (Monti se n’è guardato bene, per il momento, di mandare un successore di Brunetta) domina il silenzio.
«I collaboratori con i contratti di diretta collaborazione hanno dovuto riconsegnare i badge al momento del giuramento del nuovo esecutivo per disposizione precisa del ministro Brunetta» ci dice una dipendente del Dipartimento oltreché, aggiungiamo noi, perché scritto a chiare lettere nel loro contratto.
Ma c’è ancora qualcuno che, tra gli scatoloni di alcuni Ministeri senza portafoglio che non sono stati confermati, aspetta di essere graziato per continuare fino alla prossima caduta, al prossimo ricambio.