Il voto di fine febbraio non solo non ha prodotto alcuna maggioranza praticabile ma ha anche creato una serie di relazioni impossibili.
Berlusconi vorrebbe unirsi con Bersani ma se ciò accadesse il Partito Democratico perderebbe non meno del 50% dei suoi consensi (oltre ai tre milioni di voti che ha già visto evaporare dai tempi di Prodi). Il PDL lo sa e vuole ripetere la “strana alleanza”in un abbraccio mortale che sarebbe comunque in grado di legare ai propri interessi confessabili o meno. Nello stesso tempo potrà attribuire al PD la colpa se non si è fatto un governo nonostante l’urgenza della situazione drammatica.
Il Partito Democratico vorrebbe allearsi col Movimento cinque stelle ma se ciò avvenisse i “grillini” perderebbero non meno del 50% dei voti concessi da elettori anche di destra che hanno votato grazie al motto “non faremo nessuna alleanza e anzi li prenderemo tutti a calci”.
Monti non lo vuole più nessuno sia perché non ha i numeri necessari sia perché la sua salita in politica ha irritato tutti.
La situazione è complicata anche dal regolamento del Senato, per il quale gli astenuti sono computati ai fini del quorum di maggioranza, quindi nemmeno un atteggiamento pilatesco potrebbe essere di alcun aiuto per la fiducia ad un nuovo governo.
Dunque tutti oggi si muovono tenendo ben presente il consenso dell’elettorato alla prossima, imminente votazione.
E’ probabile che essa non porterà soverchi stravolgimenti.
Certamente si completerà la liquefazione di quel che resta del “centro”, fagocitato dai tre contendenti maggiori o dall’astensione. Abbiamo assistito ad una meteora. Peccato, Monti si è trasformato in pochi mesi da risorsa comunque importante a presenza ininfluente e anzi fastidiosa.
Il risultato finale darà poi una destra sui valori attuali dopo aver continuato a parlare alla pancia degli italiani come Berlusconi sa fare benissimo illudendo il proprio elettorato che la colpa del disastro è Monti. Solo che Monti non ha votato uno solo dei provvedimenti giudicati iniqui dagli elettori del centrodestra che non riescono a concentrarsi sulla siderale evidenza che l’IMU, le altre tasse e le restanti misure giudicate odiose sono state da Monti solo proposte ma poi votate dai partiti e principalmente dal PDL, partito di maggioranza relativa al quale, dunque, va ascritta la maggiore responsabilità. Ma tant’è. Assistiamo alla tristezza di una democrazia ridotta a furba comunicazione.
In verità Berlusconi una speranza la nutre e neanche infondata: considerando il modesto divario di voti che lo separa dal PD alla Camera, un piccolo incremento di consensi elettorali gli permetterebbe di conquistarne la maggioranza e divenire indispensabile per ogni accordo di governo.
Anche il PD riuscirà a mantenere i propri numeri se sarà così abile da attirare parte dell’elettorato in fuga dal centro senza inimicarsi quello dell’estrema sinistra convinta dell’inutilità del suo precedente voto. E magari il PD capirà che in questa fase politica accanto alla composta saggezza vanno inviati all’elettorato messaggi forti e nuovi che sappiano esaltare, dare fiducia e proporre soluzioni moderne ed efficaci per il superamento dei problemi gravissimi che abbiamo davanti.
Infine il Movimento cinque stelle vedrà un ulteriore incremento dei propri voti ma non tale da assicurargli in alcun modo la forza per governare da solo. Mentre gli darà la certezza che la vagheggiata aspirazione maggioritaria è obiettivo ancora lontano dal realizzarsi ma intanto qualcosa bisogna pur fare.
Quindi non cambierà nulla? No, cambierà in primo luogo il fatto che non sarà più opzionabile l’alternativa votazioni perché l’elettorato non capirebbe un ulteriore ricorso alle urne e l’astensionismo sarebbe immenso con danni per tutti. In secondo luogo i partiti saranno maggiormente liberi di muoversi perché il giudizio dei cittadini non avverrà più a breve ma a lungo termine, ci sarà tempo per rimediare.
Azzardo la previsione che, sia pur ad un prezzo altissimo per il PD, il Movimento cinque stelle, dopo le prossime elezioni, si farà coinvolgere in un governo (burrascoso) purché in posizione di forza. Sempreché alla Camera Berlusconi non abbia ottenuto la maggioranza grazie ai transfughi dai partiti di centro.
Ma intanto ci sono tre problemi da affrontare subito, cioè le elezioni del Presidente della Repubblica e dei presidenti di Camera e Senato.
Le Camere devono funzionare e il nuovo Parlamento non può essere sciolto da Napolitano negli ultimi sei mesi del suo mandato che giustamente non ha alcuna intenzione di prolungare.
Su queste nomine si dovrà dunque trovare un accordo, con il rischio che molti elettori saranno pronti a bollarlo come inciucio se darà luogo ad una convergenza tra gli amanti impossibili di cui sopra.
Ma qualcuno dovrà “sporcarsi le mani” per assicurare la continuità alla vita democratica del Paese e per questo probabilmente sarà punito dall’elettorato.
Intanto i reali, immensi problemi dell’Italia aspettano, i mercati internazionali sono in minacciosa attesa, il debito pubblico corre.
Eppure con un po’ di buona volontà e senso dell’interesse generale si potrebbe cogliere l’occasione di un Parlamento finalmente non più paralizzato dai numeri favorevoli agli interessi di uno solo e quindi votare almeno una giusta legge elettorale, un’efficace normativa sul conflitto di interessi, una seria repressione del fenomeno corruttivo. Ma è più probabile che ancora una volta gli interessi di bottega dei partiti saranno messi avanti a quelli della Nazione.
P.S. Chissà cosa staranno pensando i maggiorenti del PD i quali invece che andare subito alle elezioni dopo le dimissioni di Berlusconi, hanno ceduto alle pressioni internazionali fatte proprie dal Presidente della Repubblica concedendo all’eterno avversario, ormai a terra, il tempo per rialzarsi, organizzarsi e dare nuovo sfoggio della sua indiscussa abilità nel convincere la gente anche delle cose più improbabili.