La sentenza della Terza Sezione penale della Cassazione (il testo integrale è nei documenti correlati a questo articolo) decide su una vicenda per la quale i giudici di merito avevano concluso in senso opposto. In sintesi, il direttore responsabile di un giornale on-line era stato condannato per non aver adempiuto all’obbligo di registrazione della testata presso il locale Tribunale, e la Corte d’appello aveva confermato la condanna.
Su ricorso dell’imputato la Cassazione ha annullato quella condanna perché il fatto non sussiste. Il ragionamento è stato il seguente.
A) La stampa è regolata dalla legge n.47 del 1948 la quale, all’art.1, stabilisce che è considerato “stampa” ciò che esce da una tipografia per essere destinato alla pubblicazione;
B) l’art.5 della stessa legge prescrive che nessun giornale può essere destinato alla pubblicazione senza che ne sia stata registrata la testata presso il locale Tribunale;
C) se ciò non succede, il direttore responsabile di quel giornale è condannato ad una multa, perché ha commesso il delitto di omessa registrazione;
D) è vero che le leggi n.62 del 2001 e n.70 del 2003 prevedono la registrazione anche per i giornali on-line, ma si tratta di un onere, e non di un obbligo, richiesto solo a quelle testate che aspirino a beneficiare dei contributi a favore dell’editoria, amministrati dal Dipartimento “ad hoc” presso la Presidenza del Consiglio.
Sulla base di questi presupposti la Corte ha così argomentato:
A) il giornale on-line non è un “prodotto tipografico”, quindi non può essere qualificato una “stampa”
B) se non è stampa, non è soggetto all’obbligo di registrazione
C) quindi, non può esserci condanna se non è stato violato alcun obbligo.
Il peso specifico della decisione va individuato nella affermazione secondo la quale il giornale on-line non va considerato stampa, e quindi non è soggetto alle leggi sulla stampa.
E’ noto che il reato di diffamazione a mezzo stampa è punito in maniera più grave rispetto a quello di diffamazione “semplice”, e questo perché il legislatore del nostro Codice Penale, che è del 1930 (avete letto bene, è di ottanta anni fa) pensò giustamente che un reato commesso con il mezzo della stampa, la quale può raggiungere un numero elevato di persone, abbia un potenziale di pericolosità sociale superiore a quello di chi commetta lo stesso reato parlando con quattro o cinque persone.
Ma se questa è la ragione del discrimine sanzionatorio, la diffusione telematica è potenzialmente di gran lunga superiore a quella cartacea, potendo anche raggiungere milioni di persone ed in tempo reale.
Ciò, ottanta anni fa, non era neppure immaginabile, e quindi non se ne può far carico a chi scrisse quella legge.
A chi oggi è chiamato ad interpretarla, forse sì…