Ho pianto, tanto… Non lo potrò scordare mai, quel dolore che ti prende dentro, ti attanaglia lo stomaco e ti fa stare male. Eppure non era un mio parente stretto, non lo conoscevo nemmeno di persona. Quando cominciarono a circolare le prime notizie dell’incidente, allora la televisione non trasmetteva le prove di qualificazione in diretta come accade oggi, si sperava che tutto andasse per il meglio, come era già accaduto altre volte.
Sì, perché Lui sembrava invincibile, al di sopra di tutto: auto, avversari, piste, incidenti. Sino a quell’8 maggio del 1982, trent’anni fa… Cavolo! La disperata ricerca di informazioni più dettagliate, quel sottile, labile, filo di speranza che faceva pensare in positivo.
Poi, nell’impossibilità di venirne a capo, la telefonata, dalla cabina pubblica alla rivista che all’epoca era la Bibbia dell’automobilismo mondiale, Autosprint, e la notizia tragica, dolorosa, che a Zolder, in Belgio, in un pomeriggio qualsiasi di una gara di Formula 1, quella ancora vera, era morto Gilles Villeneuve.
Ho pianto, tanto… E non ero il solo.
Ancora adesso mi commuovo pensando ai sogni di un ragazzo che vedeva in quel piccolo pilota delle capacità incredibili, un controllo del mezzo meccanico sovrumano, la volontà di gettare a tutti i costi il Cuore al di là dell’ostacolo. Molti dicevano che come pilota non era un granchè, che non avrebbe mai vinto il Mondiale, come se a vincere il Mondiale fossero sempre stati i primi della classe… Per Lui contava correre ed arrivare davanti a tutti e basta! Fare calcoli e gestire non era parte del suo bagaglio agonistico. Se non avesse ragionato così non si sarebbe reso protagonista di gare incredibili come invece è stato.
La prima vittoria di un motore turbo nel toboga di Monaco, la gara del Jarama dove tra il primo ed il quinto classificato c’era poco più di un paio di secondi, il giro su tre ruote a Zandvoort o l’epica sfida di Digione con Arnoux! Eppoi la volontà di competere con chiunque su qualsiasi mezzo: l’off-shore sul lago di Como, il caccia bombardiere F-104 ad Istrana, il tragitto Montecarlo – Fiorano con la 308 che aveva in uso insieme al suo compagno di squadra. Tutto era competizione e tutte le competizioni erano affrontate con l’unico scopo di primeggiare.
Lo ricordo ancora oggi arrancare di traverso in tutte le curve, anche oltre il nastro d’asfalto, al volante della T5, una delle peggiori Ferrari mai costruite. Però Lui era sempre attaccato ai primi, mentre il suo compagno di squadra, fresco Campione del Mondo, si limitava ad andare a spasso nelle posizioni più arretrate. Accelerava prima, frenava dopo, remava con lo sterzo, ma era lì. A dispetto di un mezzo che non voleva saperne di andare e che in mano a chiunque altro sarebbe stato protagonista di gare anonime. Gilles Villeneuve era così, indomito.
Era molto più di un pilota, era un esempio da imitare per la semplicità che metteva in mostra quando era senza tuta e casco. La famiglia sempre al seguito con la moglie Joanna ed i suoi due figli a tenergli compagnia nei paddock di tutto il mondo, magari a bordo del gigantesco motorhome nel quale era solito abitare quando si era in Europa.
E’ diventato un Mito per la mia generazione, qualcosa oltre la semplice passione sportiva ed il tifo. Gilles Villeneuve è oltre qualsiasi commento, titolo, articolo, frase, foto. Non si può spiegare.
Il prossimo 8 maggio saranno passati trent’anni da quando è andato via dalle nostre piste restando per sempre nei nostri cuori. E con Lui, per me, è finita la Formula 1 viscerale, quella da guardare con gli amici facendo il tifo, urlando per un sorpasso, gioendo per una vittoria.
Per ricordarne le gesta, rinvigorendole per chi le porta sempre dentro e per portarle a conoscenza delle generazioni recenti cresciute a pane e Schumi, a Modena, nell’ambito di Modena terra di motori 2012, si terrà la mostra “GILLES VILLENEUVE UN UOMO NELLA LEGGENDA”.
Dall’8 maggio al 10 giugno, presso il Foro Boario della città emiliana una esposizione di foto, memorabilia, vetture da corsa guidate da Gilles faranno bella mostra di sé in quella che sarà l’unica mostra/evento dedicatagli nel trentennale della Sua scomparsa.
Niente, comunque, nessun ricordo, foto, tuta, casco, potrà mai consegnare ad altri quello che ognuno di noi – che ha vissuto quella breve, esaltante, stagione di corse – porta dentro da trent’anni.
In questo siamo fortunati…