Il 20 maggio, alle 17.17, il Sole è entrato nel segno dei Gemelli.
Il termine italiano “gemello” deriva dal latino gemellus, diminutivo di geminus che significa duplice, doppio. Da qui subito un riferimento alla fecondità, alla vitalità, all’abbondanza (due è quantitativamente più di uno); e presso molti popoli la nascita di gemelli è segno e garanzia di tutti questi benefici.
La dualità, peraltro, è anche divisione e opposizione, scissione interna ed esteriore, squilibrio. Si ricordi, a questo proposito, come in molte tradizioni si narri di coppie gemellari in lite tra loro. Non ultimo il caso di Romolo e Remo. Qui si potrebbe rinvenire un motivo sacrificale: è necessaria, cioè, la morte della parte negativa, “scura” della coppia, perché si possa tornare all’unità. In altri termini, a fini di realizzazione, bisogna soffocare senza pietà le proprie tendenze negative, e finché ciò non sarà avvenuto, permarrà la tensione. Ma percorriamo, ora, le vie del mito…
Pallidissima Leda, la principessa etolica, è in attesa del parto imminente. Le doglie non sono troppo dolorose e il frutto, un uovo, scivola giù senza sforzo, spezzandosi in due. Sì, perché Leda, oltre che da suo marito Tindaro, è stata posseduta dal grande Zeus, sceso su di lei sotto forma di bianco cigno. E dall’uovo – ecco – balzan fuori vitalissimi due gemelli ridenti. Crescono i due fanciulli: Castore (castoro), laborioso e domatore di cavalli; e Polluce (lo splendente), pugile e lottatore. Crescono i Dioscuri (Dios-kouroi, cioè figli di Zeus, di Dio) e s’azzuffano con altri gemelli, Ida e Linceo, per questioni di bottino e di donne. Castore, non immortale come il fratello (forse perché scaturito dal solo seme di Tindaro), resta ucciso. Piange Polluce e prega il padre divino: – Fa’ che possa condividere il destino del mio caro fratello. Toglimi l’immortalità! – E concede Zeus che i due trascorrano a turno un giorno nel cielo e un giorno sotto terra; e pone la loro immagine nel cielo, come costellazione dei Gemelli, a memoria perenne del loro fraterno amore.
Cavalieri i Dioscuri (spesso su un solo cavallo, come i Templari) e cavalieri i loro corrispondenti indù, i gemelli Ashvins (da ashva, sanscrito = cavallo), protettori della casta degli kshatriya, i guerrieri. Ed a Roma eccoli, Castore e Polluce, patroni dell’ordine equestre. E ancora sono favorevoli ai marinai: infuria la tempesta e non può partire la nave Argo (anche i Dioscuri sono con Giasone alla conquista del vello d’oro). Invocano, i due gemelli, Poseidone e la procella si placa; ed ecco due fuochi misteriosi si posano sul loro capo. Come non ricordare i “fuochi di Sant’Elmo”, che colorano d’un bluastro alone gli alberi della nave durante le tempeste e sono felice presagio per i naviganti? Detti anche, i fuochi, “di sant’Elena”. E – caso singolare – è sorella dei Dioscuri Elena la bella, uscita da un altr’uovo di Leda con la gemella Clitennestra. Né meno singolare è che, sotto il segno dei Gemelli, cada la Pentecoste, che ricorda la discesa dello Spirito Santo, sotto forma di fiamma, sul capo degli apostoli. Di più: è da quel momento che gli apostoli stessi acquistano il “dono delle lingue”. Ed è proprio Mercurio, signore dei Gemelli, che governa il parlare, la favella.
Pure guaritori sono, poi, Ashvins e Dioscuri, coppie risananti e guerriere insieme. C’è da meravigliarsi se i santi Cosma e Damiano, patroni di medici e farmacisti, vengono a volte raffigurati con in mano l’arma di Castore e Polluce, simile di fulmine: la lancia?