Il Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 20 agosto 2013 n. 20) fischia il fuori gioco per quelle imprese in gara (pubblica) che attendono l’accoglimento della propria richiesta di rateizzazione del debito tributario notificato tramite cartella esattoriale.
L’accesso all’appalto è possibile solo in presenza del provvedimento costitutivo dell’istanza di rateizzazione, mai prima, sostengono da Palazzo Spada interrogandosi sull’esatta portata del concetto di definitività dell’accertamento della violazione tributaria quando intervengano i meccanismi di rateizzazione o dilazione del debito.
Due obbligazioni diverse – In principio fu la cartella. Mettiamo il caso dell’impresa Taldeitali che riceve l’ingiunzione di pagamento di una cifra determinata. In quel preciso momento in capo alla società si è creata un’obbligazione dal punto di vista tributario derivante da una violazione definitivamente accertata, tale che non sia possibile certificare la sussistenza di una regolarità fiscale.
La stessa azienda chiede che il debito sia rateizzato. Se la domanda viene accolta, si crea un nuovo rapporto obbligatorio secondo i canoni della novazione oggettiva di cui parlano gli articoli 1230 e seguenti del Codice civile: nei fatti si sostituisce l’obbligazione originaria con qualcosa di completamente nuovo caratterizzato da un preciso piano di ammortamento e soggetto a una specifica disciplina per il caso di mancato pagamento delle rate.
Nel periodo intercorrente tra notifica della cartella esattoriale, richiesta di rateizzazione e accoglimento della domanda, l’impresa è ufficialmente irregolare agli occhi della pubblica amministrazione, visto che l’esistenza del debito è ammessa in modo esplicito dallo stesso contribuente con la presentazione della domanda di dilazione delle somme iscritte a ruolo.
Priorità tra i principi – Nel considerare il procedimento alla luce dell’ammissibilità dell’impresa alla procedura ad evidenza pubblica, il Consiglio di Stato riflette su una molteplicità di fattori.
In prima fila trova posto l’esigenza di mantenere saldo il principio della certezza del quadro delle regole e dei tempi della procedura di gara, in considerazione del fatto che la preferenza per un ampliamento del novero dei partecipanti «non è un valore assoluto», scrivono i giudici, ma un elemento per «assicurare la scelta del miglior contraente in una gara celere e trasparente alla stregua del Codice dei contratti pubblici». In altre parole, permettere a un’impresa di partecipare con riserva alla procedura d’appalto anche qualora la posizione debitoria non fosse definita, rischierebbe di allungare i tempi di aggiudicazione inficiando efficienza e tempestività dell’azione amministrativa.
Sì, perché non è detto che l’amministrazione accolga la domanda di dilazione! La rateizzazione non è un atto dovuto: l’articolo 19 del Dpr n. 602/1973 affida alla Pa il potere discrezionale di valutare la difficoltà economica – che deve essere obiettiva secondo norma di legge – per cui si può procedere alla concessione del beneficio. Quindi un’interpretazione della norma che ammettesse la partecipazione alla gara di un’impresa che non abbia ancora ottenuto il provvedimento favorevole derogherebbe al principio secondo cui i requisiti vanno verificati al momento della scadenza dei termini fissati per la presentazione delle domande e aggiungerebbe un elemento aleatorio collegato alla variabile della valutazione discrezionale dell’amministrazione tributaria.
Agli appalti pubblici possono partecipare quindi solo i contribuenti in regola con il fisco che, per Palazzo Spada, sono unicamente coloro ai quali sia stata accordata la rateizzazione del debito tributario qualora si fosse in presenza di posizioni debitorie. E se, come nel caso portato all’esame della Corte, la cartella esattoriale venisse notificata nel periodo intercorrente tra la scadenza dei termini per la presentazione delle offerte e la fine della procedura di gara, il concorrente andrebbe escluso senza ombra di dubbio.
«Il beneficio della rateazione è previsto da una normativa eccezionale i cui effetti favorevoli non possono superare i confini delle espresse previsioni legislative, riflettendosi nell’ammissione alla gara di un soggetto gravato da un debito tributario liquido, scaduto ed esigibile».
Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 20 agosto 2013 n. 20