Che la piazza esploda di gioia al colore bianco della fumata è inevitabile, e forse anche doveroso e giusto attenderselo. Che si applauda al nuovo papa ancora prima di sapere chi è, anche questo è naturale e spontaneo. Che poi una grande gioia pervada il cuore di mezzo mondo alla vista e alle parole di papa Francesco, questo sì, è davvero meritato! Forse perché va oltre le nostre aspettative, è perfino meglio di quanto avevamo sperato, noi che a volte dimentichiamo che ‘nulla è impossibile a Dio’ (Lc 1, 37).
E in pochi minuti sappiamo quasi tutto di lui: primo papa sudamericano, primo papa gesuita, primo a scegliere di chiamarsi Francesco, primo a non indossare mozzetta e rocchetto, primo con la semplice croce pettorale di ferro, primo a tornare a Santa Marta in pulmino con gli altri cardinali, ecc ecc. Eppure, abbiamo pensato che è stato anche il primo papa non solo a chiedere di pregare per lui – lo aveva già fatto papa Ratzinger – ma a far veramente pregare tutti i presenti recitando un Pater, Ave e Gloria, il primo a chiedere un minuto di silenzio per invocare la benedizione di Dio e a chinare il capo per riceverla, davanti al mondo intero? Prima, però, di considerare questo aspetto, su cui torneremo, vediamo cosa succede il famoso giorno dopo, quello in cui le forti emozioni cedono il passo alle riflessioni, alle domande, alle previsioni…
Naturalmente il giorno dopo è quello del ‘di tutto, di più, quello in cui, un po’ per dovere di cronaca, un po’ per riempire le colonne o gli spazi televisivi, si riesce a dire tutto e il contrario di tutto; anche se è bello costatare come l’elezione di papa Francesco abbia suscitato reazioni generalmente positive un po’ ovunque, e non solo in ambiente cattolico.
Passati i primi momenti di grande emozione, cominciamo a riflettere, porci interrogativi, azzardare pronostici; purtroppo non sempre in questo ordine, per cui talvolta saltiamo allegramente il primo punto – la riflessione – per tuffarci senza salvagente negli altri due.
Da qui la sparatoria a salve di domande con cui i vari intervistatori di turno bersagliano indifferentemente chiunque, dal passante al teologo, passando per il venditore di souvenirs. Così, solo poche ore dopo la fumata, ecco piovere interviste di una banalità sconcertante del tipo: questo papa che è così attento ai problemi delle famiglie (leggi: progressista), aprirà ora (leggi: finalmente) la Chiesa ai matrimoni gay, e alla contraccezione? Come se, in realtà, non stessimo aspettando il nuovo vicario di Cristo in terra (che, per quanto desueta possa essere l’espressione, tale è il ruolo del vescovo di Roma), ma semplicemente qualcuno che ci desse ufficialmente il permesso, e magari anche la benedizione, di fare quello che, diciamoci la verità, già facciamo da sempre!
La questione è senz’altro molto più complessa e meriterebbe di essere adeguatamente approfondita in sede diversa. Però vale la pena notare come ognuno di noi nutra in fondo, su questo papa e sulla nuova stagione ecclesiale che con lui si apre, delle speranze che riflettono i nostri desideri più profondi, e forse anche quegli interrogativi che non trovano soluzione altrove.
Leggendo i giornali degli ultimi due giorni apprendiamo, infatti, che il papa venuto dalla fine del mondo ha già un’agenda pienissima e, guarda caso, di tutte cose da fare per prime. A partire, ben’inteso, dalla questione morale, per cui si parla già di Effetto Francesco: una svolta nella politica su aborto, famiglia e immigrazione. Quanti si occupano di finanza, invece, temono che la povera barca di Pietro appena varata rischi di incagliarsi nel Primo scoglio: la banca vaticana! Chi dimostra maggior spirito ecclesiale si preoccupa del bene della gerarchia e titola Una ramazza per la Curia, mentre chi ha uno sguardo più ecumenico sa che per il Vaticano è Perentorio togliere terreno agli evangelici!
Anche tralasciando chi addirittura accusa l’allora cardinal Bergoglio di collusione con la dittatura argentina nella questione dei desaparecidos, c’è di che condividere l’espressione, riportata dal cardinal Dolan, secondo cui il neo-eletto, rivolgendosi ai confratelli elettori, avrebbe esclamato: “Che Dio vi perdoni!”.
Eh sì, Dio perdoni tutti coloro che pretendono che un uomo – ricordiamocelo – possa risolvere quasi per magia i problemi dell’umanità intera. E ci perdoni anche quando, fra qualche settimana o mese, dimenticando l’emozione suscitata da quella fumata, cominceremo immancabilmente a criticare le decisioni e l’operato anche di papa Francesco, come abbiamo fatto, chi più chi meno, per una cosa o per l’altra, con tutti i suoi predecessori, perché difficilmente questo papa, qualsiasi papa, ci dirà che siccome i tempi sono cambiati è cambiato nottetempo anche il Vangelo, e che Cristo non è stato crocifisso per la nostra salvezza.
Dove salvezza non vuol dire che, siccome Dio è misericordioso e ci ama comunque, allora possiamo fare quel che vogliamo. Dove per essere davvero discepoli del Signore dobbiamo portare la croce con lui, come ci ha ricordato proprio papa Francesco nella sua prima omelia: “Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo Vescovi, Preti, Cardinali, Papi, ma non discepoli del Signore”.
Al di là dunque di tutte le speculazioni mediatiche di questi e dei prossimi giorni, qui si tratta di un programma non solo di un pontificato, ma di tutta la vita cristiana.
Il programma di Francesco allora sarà sempre ispirato da quella parola pronunciata sul balcone il 13 marzo: evangelizzare, all’insegna della semplicità e della povertà come diceva il santo di Assisi al quale papa Bergoglio si è voluto richiamare.
Invece di limitarci a criticare scelte che finiranno comunque per scontentare gli uni o gli altri, perché non provare a seguire il suo consiglio e a pregare davvero per lui? È quanto ci ha chiesto dal balcone della loggia, di pregare perché il Signore lo benedica, mandi cioè il suo Spirito ad illuminarlo affinché egli possa guidare la Chiesa di Cristo, non la Chiesa di Francesco, come qualcuno ha scritto.