Dopo due anni dalla rivoluzione che ha fatto cadere Hosni Mubarak l’economia egiziana sta vivendo una forte crisi, arrivando sull’orlo del default finanziario, ed è altrettanto forte la sfiducia tra gli egiziani per la mancanza di iniziative concrete da parte del governo dei Fratelli Musulmani per avviare una ripresa.
Il giornale arabo “al Sharq al Awsat” rileva come l’attuale amministrazione islamica non sia riuscita a mettere in pratica lo slogan “giustizia sociale” usato due anni fa nelle manifestazioni contro Mubarak. E’ forte la sfiducia tra i cittadini sulla possibilità che possa migliorare il loro livello di vita ed è questo uno degli elementi che tiene lontano gli investitori stranieri dal mercato egiziano, segnato dallo scontro politico che spesso sfocia in violenza. Nonostante gli sforzi del governo di aumentare i salari dei dipendenti pubblici, che sono circa 6 milioni in Egitto, e quelli di creare un salario minimo garantito, questi provvedimenti non hanno ancora migliorato la situazione della società. Il quotidiano intervista una donna impiegata pubblica la quale ricorda che “dall’inizio della rivoluzione ad oggi la mia condizione non è migliorata, anche se il mio salario è stato leggermente aumentato non sento che sia cambiato nulla mentre aumentano le preoccupazioni quotidiane perché con l’aumento del mio stipendio sono anche aumentati i prezzi soprattutto con il fatto che per un dollaro ci vogliono ora sette sterline egiziane“.
Secondo le statistiche ufficiali la disoccupazione è salita al 13 percento mentre l’obiettivo del governo è quello di arrivare al 9,5 percento. Sono stati tanti gli annunci dell’esecutivo che invitavano al dialogo con gli investitori per dare vita a nuovi posti di lavoro ma pochi i fatti se si considera che la disoccupazione sotto il regime di Mubarak era all’11 percento, e sono pochi i progetti finora realizzati. Ha spiegato il presidente dell’Ente per lo sviluppo turistico, il generale Tareq Saadudin, che il suo ufficio “ha presentato di recente agli investitori una serie di progetti. E’ stato offerto l’acquisto di 2,8 milioni di metri cubi di terra per dare vita a resort e alberghi. Sono state 11 le società che ci hanno chiesto informazioni, solo cinque hanno presentato un’offerta di acquisto e dopo un’analisi tecnica di questo società ci siamo accordati con tre soltanto per avviare la discussione sul piano economico”. Il generale ha aggiunto che “successivamente abbiamo messo in vendita altri 19 appezzamenti di terreno per investimenti nell’ambito del turismo, ma la mancanza di sicurezza e di stabilità politica nel paese spinge molti investitori ad aver paura”. Nonostante questo assicura Saadudin che “continuano le trattative con gli investitori stranieri che vogliono venire in Egitto, in particolare con quelli arabi, e registriamo un crescente interesse verso il nostro paese, anche se in molti sono in attesa di capire cosa succederà sul fronte politico e se ci sarà maggiore sicurezza”.
Intanto il governo del premier Hisham Kandil ha preparato una serie di progetti di riforme in campo economico in modo da ottenere uno sviluppo che possa essere percepito dalla popolazione. Si tratta di progetti dei quali non si conoscono i dettagli e questo provoca grossa diffidenza da parte degli osservatori. L’esecutivo sembra stia cercando principalmente sostegno dall’estero per la sua economia ed ha quindi chiesto un prestito al Fondo Monetario Internazionale di 4,8 miliardi di dollari, il quale non è stato ancora assegnato per la mancanza di garanzie da parte dell’Egitto e per la mancanza di un parlamento eletto, dovendosi ripetere le elezioni entro due mesi dal referendum costituzionale del 22 dicembre scorso. Eppure il Cairo ha ottenuto aiuti dall’estero in questi due anni, anche se di entità minore rispetto a quelli attesi dall’Fmi.
L’esecutivo islamico ha sostenuto, in difesa della scelta di chiedere un prestito, che i soldi dell’Fmi accrescerebbero la fiducia degli investitori e dimostrerebbero la forza dell’economia egiziana, ma di questo non sono convinti gli oppositori secondo i quali “saranno i cittadini comuni a sopportare le conseguenze delle condizioni dell’Fmi”.
Eppure l’Egitto ha avuto in questi due anni prestiti dall’estero per 10 miliardi di dollari, quattro dei quali dall’Arabia Saudita, cinque dal Qatar e uno dalla Turchia e ci si attende da questo paese ancora un altro miliardo. Nonostante l’arrivo di questi aiuti non si sono visti cambiamenti nell’economia nazionale. Le riserve valutarie egiziane sono precipitate da 36,2 miliardi di dollari del dicembre 2010, sotto il regime di Mubarak, a 15 miliardi e negli ultimi mesi, dopo l’arrivo di questi aiuti, sono risalite solo a 15,5 miliardi di dollari. Intanto la moneta locale continua a deprezzarsi rispetto al dollaro e alle altre valute straniere, che ormai scarseggiano sul mercato, e il prezzo del dollaro è arrivato a 6,95 sterline.
Con il verificarsi delle prime difficoltà di applicazione dei loro programmi di riforme in campo economico, gli osservatori egiziani hanno visto che i cittadini iniziavano a criticare il governo e così i suoi ministri hanno iniziato a rilasciare dichiarazioni nelle quali ammettevano previsioni di un arretramento dell’economia nel corso dell’anno. L’esecutivo islamico prevedeva all’inizio una crescita del 4 percento, quando le riserve monetarie si aggiravano sui 25 miliardi di dollari e il deficit di bilancio sui 135 miliardi di sterline, ma dopo alcuni mesi hanno rivisto le loro stime parlando di una crescita del 3 percento, quando le riserve monetarie erano arrivate a 19 miliardi di dollari e il deficit a 200 miliardi di sterline.
Secondo Mohammed Abdel Mutlab, esperto egiziano di economia, il fatto che il presidente Morsi non abbia dato la giusta importanza all’andamento economico del paese gli ha causato un netto calo dei consensi. Spiega infatti che “il cittadino medio si interessa solo al miglioramento delle sue condizioni di vita, le dichiarazioni e le stime piene di numeri per lui non hanno importanza”. A suo giudizio “i provvedimenti adottati da questo governo non sono all’altezza, ci sono alcuni punti che andrebbero corretti subito, ma loro sono decisi a concentrarsi sulle riforme da attuare peggiorando la situazione dei cittadini e andando in giro a cercare crediti mostrando la debolezza dell’Egitto a tre paesi senza studiare gli effetti immediati che queste riforme hanno sul cittadino medio”. L’esperto egiziano conclude affermando che “il governo si sta sforzando di ottenere la stabilità a livello politico che ha perso, ma se iniziasse con le riforme economiche la gente inizierebbe a percepire che la crisi politica sta finendo”.