Dopo anni di sfilate, calendari e comparsate televisive (rigorosamente senza microfono), l’involucro umano che corrisponde al nome di Flavia Vento decide di esternare il proprio pensiero. Dapprima con monosillabi a singhiozzo cui nessuno presta attenzione, poi tentando di costruire una frase con parole a caso.
A nulla sono valse le ripetizioni di italiano di Luca Giurato, tantomeno il corso intensivo di filosofia tenuto da Mario Borghezio, il cranio della “showgirl” suona a vuoto come la bara di Andreotti. In cerca di degna compagnia, si lancia presto in politica dove, tra tanti illetterati, spera di passare inosservata e di svoltare uno stipendio. Ma l’unica cosa che rimedia è una tonnellata fumante di figure di merda su reti unificate.
Mentre esprime simpatia per la Margherita di Rutelli, si candida con i Liberali e il suo discorso più convincente termina così: “io metterei anche la mia faccia per degli ideali, che sono, appunto, la guerra”. Risultato: 27 voti. Stanca di non essere presa sul serio, ma impossibilitata a collegare bocca e cervello, pubblica un libro di poesie dal consapevole titolo “Parole al Vento”. Il libro è già best seller nella categoria carta igienica, superando i sublimi carmi di Bondi e le elegie di Jovanotti, ma la credibilità dell’autrice è sempre stabile al livello Wanna Marchi. Esclusa da Beppe Grillo su twitter, si vendica con la minaccia di fondare un partito tutto suo, il cui programma prevede la salvaguardia degli acari e il passaporto per i gatti randagi. Non è vero che una bella donna debba per forza avere la zucca vuota, in questo caso infatti è piena di grandine.