Fiamma Nirenstein è una giornalista di origini ebraiche, sostenitrice della causa di Israele e profondamente antirazzista, nonché vicepresidente della Commissione Affari Esteri e Comunitari alla Camera per il PDL.
Il “popolo” del partito è già di per sé un mix tra l’armata Brancaleone e la famiglia Addams, tanto che quando si riuniscono sono costretti ad affittare l’isola del dottor Moreau. Fascisti di Alleanza Nazionale, democristiani, conservatori, liberali, ex monarchici, socialisti, falchi, colombe, mazzancolle e Dell’Utri, il blob delle libertà accoglie tutti, ma proprio tutti. Ennesimo pezzo di questo agghiacciante puzzle, Fiamma riesce a mangiare allo stesso tavolo con Alessandra Mussolini, Carlo Giovanardi, Ignazio La Russa, Gianni Alemanno, Daniela Santanchè, Giorgia Meloni, Maurizio Gasparri, Renato Brunetta, Angelino Alfano e Daniele Capezzone senza rigurgitare le proprie interiora in un violento spasmo mortale.
D’altra parte è così lungimirante da prendersela con Vauro, colpevole di aver firmato una vignetta che la ritrae come “Fiamma Frankenstein”, un mostro fatto di pezzi di cadaveri e contraddizioni da autodistruzione immediata: stella di Davide, fascio littorio e stemma del PDL. Fiamma si sente perseguitata, vuole denunciare Vauro alla Corte dei Diritti dell’Uomo e lo paragona ai complici dell’Olocausto, tirando in ballo Il Mercante di Venezia e le leggi razziali. Si accoda poi Giuseppe Caldarola de “Il Riformista”, che con la sua vista a raggi X legge nella vignetta “sporca ebrea” ed è presto condannato a risarcire 25mila euro al disegnatore satirico. Berlusconi ha trasmesso il virus della lesa maestà ai suoi aiutanti, ma un presidio medico è già stato disposto per la quarantena: la più totale assenza di tracce di ironia è il primo sintomo della stronzaggine galoppante.