In Italia centinaia di persone con disagio mentale hanno trovato una famiglia grazie allo Iesa, inserimento etero-familiare supportato di adulti, un progetto che prevede l’accoglienza in casa di pazienti in cura nei centri di salute mentale. Il primo a introdurre lo Iesa in Italia è stato il dottor Gianfranco Aluffi, responsabile del servizio a Torino. Era il 1997 quando ha dato vita al progetto insieme a una équipe di professionisti che ancora oggi garantiscono a chi intraprende questo percorso un supporto 24 ore su 24. “Noi chiediamo alle famiglie di fare le famiglie, di restare se stesse, di aprire il loro cuore e la loro casa a qualcun altro. Non devono sostituirsi agli operatori e ai medici. La differenza è proprio questa: tramite lo Iesa si cerca, come diceva Franco Basaglia, di reinserire la persona con disagio psichico nella società”, spiega Aluffi, autore del libro “Famiglie che accolgono. Oltre la psichiatria”. Oggi lo Iesa è presente in Veneto, Sardegna, Puglia, Emilia Romagna, Lombardia, Umbria, Marche, Toscana e Abruzzo. “Quello che fa migliorare i pazienti è il lato umano di persone che non indossano il camice bianco, non li guardano dall’alto verso il basso ma sono al loro stesso livello. Nelle strutture dove hanno vissuto non uscivano per mesi e stavano a contatto solo con altre persone sofferenti”. È stato accertato che per i malati psichiatrici che hanno intrapreso la convivenza in famiglia i ricoveri sono diminuiti e i dosaggi dei farmaci dimezzati. Chi accoglie un paziente riceve un assegno che va dai 300 ai 1.300 euro al mese. “I soldi servono per mantenere l’ospite in tutto, dalle visite mediche al cibo, ai vestiti. L’aspetto economico è una motivazione in più ma non può essere quella principale. Non affidiamo i nostri pazienti a chi vuole guadagnare con la vita dei malati
Fonte: Redattore Sociale