Nei bestiari medioevali il falco si presenta soprattutto come uccello da caccia e la caccia col falcone svolgeva un ruolo importante nella vita pubblica.
Ad essa potevano partecipare anche le donne e si ricorda un De arte venandi cum avibus, scritto dall’imperatore Federico II intorno al 1247. Il falco, d’altro lato, era un segno di alta condizione sociale e lo si portava sul pugno guantato durante le visite e le cerimonie. Durante la caccia il falco veniva tenuto incappucciato fino all’avvistamento della selvaggina. E lo si fa ancora ai nostri giorni, dato che la falconeria viene tutt’ora praticata.
Ma tremila cinquecento anni prima di Cristo il faraone Smerket prendeva il titolo di Re-Falco; ed il nobile uccello era già considerato genio protettore della regale persona. Il suo culto, peraltro, prende grande impulso con Chefren, il costruttore della grande piramide e dello sfinge, sui cui stendardi il falco appare incoronato dalla doppia tiara mentre sormonta una iscrizione che dice “Horus potente per il suo cuore”. Ed in effetti è Horus – cuore, intelligenza, bontà della Divinità – che soprattutto il falco rappresenta; quell’Horus dio degli spazi aerei i cui occhi erano il Sole e la Luna; quell’Horus che, appunto in forma di falco copre spesso la nuca del faraone infondendo in lui la natura divina.
Ma il falco rappresenta anche il dio Ra, il Sole levante, ed ha allora il capo sormontato da un disco solare formato da un serpente che si arrotola a cerchio. Secondo la leggenda, poi, il falco dorme con gli occhi aperti o, addirittura non ha palpebre e diventa così emblema di vigilanza; e l’attenzione cade sul suo occhio. Gli egizi rimasero colpiti dalla strana macchia che si osservava sotto l’organo della vista dell’animale ed attorno all’occhio di Horus svilupparono tutta una simbolica di fecondità universale. Il falco è rintracciabile anche nel simbolismo di altre culture e civiltà: così, nell’isola di Rodi, è rapportato al culto solare; così in Assiria è protettore dei nobili e dell’intero paese; così gli ebrei mettono il falco (e lo sparviero) in relazione con l’idea del Sole splendente; così tutti gli incas (attenzione! Inca è propriamente il titolo del sovrano) dopo Manco Capac, il fondatore della dinastia, avevano un “doppio” o fratello spirituale, una specie di angelo custode sotto forma di falco che chiamavano col nome del Sole, Inti.
Insomma, solare, uranico, maschile, diurno, il falco è simbolo ascensionale su ogni piano; indica superiorità e vittoria. Così, per esempio, nel Medio Evo è a volte rappresentato mentre dilania una lepre a suggerire la vittoria sulla concupiscnza; e Charles d’Arcussia (vissuto tra il 500 e il 600) afferma che il falco è il segno della vittoria perché le ossa delle sue cosce attirano l’oro come la calamita il ferro. Nell’arte egizia il falco appare a volte con testa umana; è allora una delle immagini che indicano l’anima dell’uomo: come il falco si libra alto nell’aria e ricerca le sommità delle rocce e degli edifici, così l’anima umana deve ricercare le altezze e non attardarsi nei bassifondi della materialità E atto sacro per eccellenza è l’unione dell’anima al Sole inteso come emblema della divinità. L’occhio tondo del falco richiama il Sole; ed al Sole l’uccesso espone la sua nuca abbandonandosi totalmente all’influenza della luce e del calore così come l’anima deve abbandonarsi a Dio.
Molte raffigurazioni provano che, nei primi secoli del cristianesimo, in Egitto, è stata operata un’assimilazione allegorica tra Gesù ed Horus. Così un’antica gemma porta incisa l’immagine di Horus con la designazione Christòs; e una pittura in una catacomba egiziana a Karmouz rappresenta Gesù che scaccia sotto i piedi il leone e il drago; il che si può accostare ad una stele alessandrina nel museo di Gizh che mostra Horus mentre schiaccia i coccodrilli di Tifone,uccisore di suo padre Osiride. E ancora la tradizionale immagine del falco si ritrova nelle stele cristiane di Antinoe, di Amkin, di Erment. Il falco è a volte usato anche a richiamare la terza Persona della Trinità. All’inizio del XVI secolo, per esempio, l’associazione mistica dell’Estoile Internelle, in cui poi si incorporerà la Fraternità dei Cavalieri del divino Paracleto, invocava lo Spirito Santo come colomba per ottenerne i doni della pietà, del timor di Dio, della saggezza e del consiglio; ma come falco per invocare da lui la scienza, l’intelligenza e la forza. E se per la sua dolcezza lo Spirito Santo si può legare alla colomba, per la sua potenza ed il suo impeto irresistibile nell’avversare il male richiama il falco.
E ancora, nella chiesa di Notre Dame di Croaz-Batz, a Roscoff (Francia), sette sculture d’alabastro rappresentano l’Annunciazione, la Natività, la Flagellazione, la Deposizione, la Resurrezioe, l’Ascensione, la Pentecoste; ebbene, nella prima e nell’ultima di queste sculture lo Spirito Santo è simboleggiato prima come colomba e poi come un falco che plana su un nucleo di fiamme che si dirigono in basso, sopra la Vergine e gli apostoli. Ricordiamo, infine che, in un mito degli Yunga peruviani, l’eroina mitica di questo popolo procrea a seguito dei suoi rapporti con il dio Falco-Struzzo. Anche il falco incappucciato ha suscitato un tipo di simbolismo: esso indica la speranza nella luce che nutre colui che vive nelle tenebre; è l’immagine del prigioniero, dell’ardore spirituale impacciato e represso. Ricordiamo anche come il falco sia stato preso ad emblema anche da alcune confraternite e corporazioni di artigiani costruttori medioevali: per l’esattezza dagli operai specializzati nella costruzione dei tetti.