Altin è un aspirante scrittore albanese sbarcato in Italia a bordo di un grande traghetto negli anni ’90. Siamo in un periodo storico dove il flusso degli sbarchi dall’Albania verso le coste italiane è frequente. Il ragazzo lavora in una macelleria quando viene selezionato ad un provino di un reality per scrittori e vede finalmente la possibilità di avere successo con il suo libro “il viaggio di Ismail”. È invece il momento in cui iniziano le sue disavventure che lo porteranno a conoscere la vendetta, la solitudine, la povertà, fino al lato oscuro della ricchezza e del successo.
Un film diretto da Fabio Del Greco sull’ inquietante rapporto tra arte e potere, tra le energie oscure e le aspirazioni superiori, tra l’avidità e la corruzione e la crescita personale. Il lavoro cinematografico è sottotitolato in inglese ed è in attesa di distribuzione. Nel cast Rimi Beqiri, Chiara Pavoni, Marcello Capitani, Simone Di Pascasio, Alexandra Maravia, Fabio Del Greco, con la partecipazione di altri professionisti del settore, tra i quali anche l’attore Giuseppe Lorin. Incontriamo il regista per una breve intervista.
Come è nata l’idea di questo film?
“Ho pensato a lungo a quale potesse essere il soggetto per il mio prossimo film. Ho letto molto, ho visto tanti film alla ricerca della storia, ma alla fine ho scelto un tema sul quale avevo già fatto nel 2000 un mediometraggio, mentre frequentavo il DAMS di Roma. E forse l’argomento che più mi è appartenuto negli ultimi 15 anni, è proprio il tema dell’artista a cui viene sottratta la propria opera e viene manipolato da chi detiene il potere, un confronto diretto e drammatico tra chi sceglie la strada della creatività e chi quella del controllo su altri individui. Ho sviluppato questo tema in un modo che non avrei neanche potuto immaginare allora, con tre lungometraggi alle spalle ed una consapevolezza del mondo che mi circonda maggiore, questo confronto tra energie creatrici e forze distruttrici si è sviluppato sotto molteplici aspetti e temi, tra cui il confronto interiore del protagonista con le proprie radici e la sua ossessione di riscattarsi attraverso il successo e la celebrità. Ne è uscito un film complesso e stratificato, a cui è stato necessario dare una durata abbastanza consistente, nonostante abbia tagliato molte scene e sia rimasto solo l’essenziale.”
Come è avvenuta la scelta degli attori protagonisti?
“La scelta è avvenuta in maniera graduale e naturale, man mano che la storia prendeva forma. Inizialmente il protagonista doveva essere un cantautore e il film avere un andamento molto musicale, con diverse scene di esibizione canora, ma poi mi sono reso conto che questo mondo della musica mi teneva troppo in superficie; volevo scavare a fondo nell’interiorità del protagonista mettendo in scena i suoi sogni, le sue paure ei suoi desideri più profondi. Un incontro con l’attore Rimi Beqiri mi ha aperto gli occhi su quello che invece poteva essere il protagonista: uno scrittore albanese immigrato in Italia negli anni 90 che sta finendo di scrivere un’opera che parla della sua esperienza di vita e spera di arrivare al successo mentre lavora in una macelleria e vive in una piccola stanzetta in affitto. Per l’antagonista pensavo invece a queste celebri presentatrici e soubrette televisive della nostra tv nazionale che finiscono sulle copertine dei giornali di gossip conducendo quotidianamente programmi che mi danno il voltastomaco, la super spazzatura amata inspiegabilmente dai telespettatori che, incredibilmente e puntualmente, stabilisce il record di ascolti, programmi seguiti da milioni e milioni di italiani che creano business milionari. Chiara Pavoni, con cui lavoro da anni, era perfetta per questo ruolo complesso e sfaccettato, dove passa dall’essere una bionda e solare star del piccolo schermo ad una dark lady misteriosa.”
Altin è uno scrittore albanese alla ricerca di successo, in questo film c’è una trasformazione del personaggio, da regista come hai lavorato con l’attore che lo interpreta, Rimi Beqiri?
“Ci sono non una ma molte trasformazioni del personaggio che attraversa una vera e propria odissea interiore: la sua povertà e le sue radici lo portano ad avere un impulso irresistibile di affermazione del proprio ego, una ricerca spasmodica di successo induce Altin ad attraversare varie situazioni e stati d’animo opposti: dall’impressione di essere in un sogno tra le luci della ribalta ad un’istinto di sopravvivenza quando è costretto a vivere in un rudere abbandonato nella foresta…Rimi Beqiri ha compreso molto bene il personaggio, anche perché ho riscritto la sceneggiatura adattandola alle sue esperienze e a quello che lui poteva rendere meglio nel film. Di solito lavoro in questo modo: l’attore protagonista deve avere in se già delle potenzialità, il seme della pianta che si svilupperà e crescerà con il protagonista.”
Chiara Pavoni ha un ruolo particolare, interpreta Mara Le Monde, ci descrivi questa protagonista?
“Mara Le Monde è ispirata a queste famose presentatrici televisive osannate da milioni e milioni di persone che sciorinano ogni giorno in tv il trash del trash, trasmissioni per individui mono neuronali, e ho trovato molto divertente inserire in questo personaggio un collegamento con forze soprannaturali. L’eterna lotta tra le forze del bene e le forze del male è un tema universale anche se in questo film le linee di confine tra le due sono piuttosto confuse e ambigue.”
Il film è un viaggio molto interiore e sviscera luci ed ombre della società. Il cinema lancia messaggi? E se si, questo lavoro che cosa vuole esprimere?
“Nessun messaggio pensato e studiato a tavolino, non sono in grado di fare operazioni di questo genere. Cerco, una volta che ho trovato la strada da percorrere, che il film in qualche modo si realizzi da solo opponendo meno resistenza possibile alle idee e alle suggestioni che arrivano in maniera apparentemente casuale dalla realtà, dalla fantasia o dai film che vedo. Quando si sceglie una tematica che si sente davvero, guarda caso tutto sembra poi parlarti di quell’argomento e suggerirti idee e sviluppi inaspettati, questa è la cosa davvero più bella del fare film: per un percorso di ricerca artistica ed interiore bisogna che sia l’autore ad imparare dal film e non viceversa, bisogna trasformarsi in un aquilone e sfruttare le correnti che la natura ci offre. Quindi semmai ci fosse un messaggio nel mio film, me lo ha cosegnato la realtà che ci circonda.”
Che significato ha per te il successo?
“Il successo per un essere umano è fondamentale ed è la realizzazione del proprio se, che non ha nulla a che vedere con il successo che ci propina la società in cui viviamo. I nostri stessi familiari, la scuola, la religione e tutte le istituzioni ci profilano un’idea di successo completamente fasulla, che ci spiana la strada verso l’autodistruzione e la sofferenza. Diventare un professionista affermato, un politico potente, un grande imprenditore, oppure un grande artista che vive sotto la luce dei riflettori. Ma il 99,9% di queste persone ambiziose sono disperate, hanno impiegato la loro intera esistenza per scoprire alla fine di essersi messe in trappola da sole, ma credo che in effetti siano ormai così avanti nel loro percorso di esaltazione dell’ego che cercano di non ascoltare più le flebili voci interiori che cercano di dire loro la verità. Il successo è un fatto completamente soggettivo e interiore, si tratta di sfruttare tutte le proprie potenzialità e di far sbocciare tutto quello che di buono abbiamo da dare al mondo, non centra niente con il successo che ci attribuisce la società, la televisione ed i giornali: un vagabondo può essere molto più vicino al successo di un intellettuale che prende il premio Nobel.”
Il lungometraggio è una produzione indipendente, ad oggi quali sono le difficoltà maggiori nel realizzare un film di questo tipo?
Mentre il soggetto di Altin in città giace ancora nei cassetti delle televisioni e delle produzioni sotto uno strato di ragnatele questo film è venuto alla luce, è già completo ed esiste: questa è la grandiosità del cinema indipendente, libertà, creatività, nessun controllo e velocità nel realizzare le proprie storie che altrimenti richiederebbero molti anni. Si può bussare alle solite porte per avere i finanziamenti e fare i film con gli attori noti e gli standard tecnici elevati, ma la sceneggiatura una volta che entra in produzione è già qualcosa di vecchio per il suo autore. Anche perché principalmente, con rare eccezioni, chi produce grossi film si occupa più che altro di prodotti commerciali per un pubblico abituato a consumare tonnellate di spazzatura. Se hai un gruppo di collaboratori che ti aiuta a realizzare il film non ci sono grossi ostacoli tranne la fatica per ottenere uno standard tecnico buono. Trovare soldi in Italia è infinitamente più complesso che girare un film. Ma basta accendere la tv o andare al cinema per trovare quintali di film, fiction e show costati milioni di in’idiozia totale, il vuoto più assoluto. Per qualcuno vederne anche solo 10 minuti può essere una strada senza ritorno.”
Il film è in attesa di distribuzione, quali sono le tue aspettative?
“Il mio precedente film Io sono nulla è stato preso in esclusiva da una distribuzione internazionale americana che sta lavorando benissimo sul progetto per dargli una visibilità in tutto il mondo. Amazon video è arrivato anche in Italia offrendo ai filmmaker una distribuzione mondiale per raggiungere milioni e milioni di spettatori. Oggi gli scenari sono cambiati. Resta il problema delle sale che invece sono completamente monopolizzate e inaccessibili. Per Altin in città abbiamo diverse opportunità e probabilmente le sperimenteremo tutte: dalla distribuzione underground all’uscita negli UCI cinemas, fino alla distribuzione internazionale. Sono molto soddisfatto di questo film, di quello che racconta e del suo look visivo e sonoro. Spero che Altin in città faccia strada nel mondo e trovi il suo pubblico.”