Cari lettori,
finalmente la Cassazione arriva con una chiara ed estesa tutela rispetto alle azioni di accertamento spesso e volentieri non supportate da alcuna motivazione di fondo.
Molte persone che hanno venduto un immobile si sono spesso viste recapitare a distanza di quasi 5 anni un avviso di accertamento che riguarda l’atto di vendita posto in essere, i valori dichiarati nell’atto, e la relativa imposta di registro.
Oggi la Cassazione, si spera in modo definitivo, ha posto una soluzione in ordine alle rivalutazioni immobiliari compiute d’ufficio dall’Agenzia delle Entrate, imponendo agli Uffici di motivare adeguatamente il riclassamento dell’immobile dando in questo modo al contribuente la possibilità di capire in virtù di quale modificazione territoriale è necessario l’adeguamento.
Cassazione civile sezione tributaria sentenza 13 giugno 2012 n 9629
In tema di estimo catastale, quando procede all’attribuzione di ufficio di un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria, l’Agenzia del Territorio, a pena di nullità del provvedimento per difetto di motivazione, deve specificare se tale mutamento è dovuto a trasformazioni specifiche subite dall’unità immobiliare in questione, oppure ad una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui si colloca l’unità immobiliare. L’Agenzia dovrà indicare, nel primo caso, le trasformazioni edilizie intervenute, e nel secondo caso l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano. Tali specificazioni e indicazioni, infatti, sono necessarie per rendere possibile al contribuente di conoscere il presupposto del riclassamento, di valutare l’opportunità di fare o meno acquiescenza al provvedimento e di approntare le proprie difese con piena cognizione di causa, nonché per impedire all’Amministrazione, nel quadro di un rapporto di leale collaborazione, di addurre in un eventuale successivo contenzioso ragioni diverse rispetto a quelle enunciate.
Certo la nullità, che è la sanzione che la Corte ha inflitto all’accertamento posto in essere ha come conseguenza che tutti gli atti compiuti siano da considerarsi tam quam non esset, cioè come se non fossero mai esistiti. Troppo spesso però abbiamo necessità di impugnare non solo l’accertamento, ma anche la successiva cartella esattoriale, forse emessa per motivi di Bilancio, o forse per mero errore, ma in ogni caso abbiamo necessità di veder sancita la nostra legittima pretesa, con la conseguenza che dobbiamo necessariamente impugnare ogni atto innanzi la Commissione Tributaria competente al fine di vedere sancito in modo definitivo l’annullamento del debito tributario.
La verità, cari lettori, è che l’intero sistema fiscale e tributario, ivi inclusa la Carta dei Diritti del Contribuente, deve essere rivisto e rivalutato alla luce di un ordinamento che ormai fa acqua da tutte le parti.