Il 10 maggio 2013 è stato pubblicato su “Science” uno studio molto importante condotto dal Max Planck Institut (politecnico di Dresda), coordinato da Julia Freund e da Gerd Kempermann. Questi ricercatori, assieme al loro staff, hanno fornito una prova concreta dell’importanza dell’esperienza rispetto all’innatismo.

Guerra fredda tra ambiente e geni
Da molti anni l’ambiente e i geni sono stati messi in competizione dagli scienziati nel tentativo di comprendere quale tra i due fattori sia quello responsabile nella formazione della personalità degli individui: alcuni studiosi affermano che la personalità è già data geneticamente e quindi difficilmente modificabile; altri sostengono che l’individuo nasca come una tabula rasa da poter modellare attraverso l’educazione; e altri ancora sostengono (più verosimilmente) che vi sia un’importanza confluente di entrambi i fattori.
Ma tra questi ultimi (decisamente la maggioranza) era nata una nuova guerra di opinioni, relativa a quale dei due fattori fosse quello da considerarsi predominante rispetto all’altro.
Ci si cominciò così a chiedere se l’esperienza potesse arrivare a cambiare totalmente la personalità e se fosse addirittura possibile che esperienze diverse potessero modificare la personalità partendo da una stessa base genetica (quali sono i gemelli omozigoti).
Questa domanda non parte da mera curiosità e competizione ideologica, la risposta ha un’importanza particolarmente elevata in molti settori: si potranno dare nuovi significati a istituzioni quali la scuola, i riformatori e le carceri, ma non solo: scoprire da che parte pende la bilancia potrà portare un perfezionamento nel tipo di sostegno che i professionisti della psiche possono offrire a coloro che presentano disagi psicologici o sociali, fino ad arrivare anche ad un miglioramento nell’offerta farmacologica per questi tipi di disturbi.

Risultati insoddisfacenti
Fino ad ora non vi era stata ancora una risposta certa. Si era provato a fare studi su gemelli omozigoti, ma i risultati ottenuti avevano acceso maggiormente il dibattito risultando piuttosto ambigui.
Inizialmente studi effettuati da diversi ricercatori, tra i quali si ricordano quelli di Rowe, Scarr e McCartney, dimostrarono una certa similarità tra gemelli omozigoti cresciuti separatamente.
Da questi studi sembrava che i geni predominassero rispetto all’ambiente, ma a questi risultati ne seguirono altri sconcertanti: i gemelli monozigoti allevati separatamente erano più simili dei gemelli omozigoti allevati assieme, eppure in questo secondo caso non solo era identico il patrimonio genetico, ma anche l’ambiente era maggiormente condiviso.
Un ulteriore studio sui gemelli monozigoti allevati separatamente effettuato da Scarr e MCartney, diede un ulteriore nuovo risultato: se i gemelli omozigoti venivano allevati in realtà molto diverse, anche le personalità risultavano maggiormente diverse, addirittura potevano cambiare tratti ereditari quali il livello di cognizione a seconda se gli ambienti dove crescevano fossero più o meno stimolanti.
L’ambiguità dei risultati ottenuti da questi test fu spiegata da alcuni ricercatori, tra i quali Turkheimer, che sostennero che tali tipi di ricerche non avevano una grande validità scientifica, in quanto i risultati erano ottenuti attraverso questionari a cui le persone (i gemelli e le loro famiglie) dovevano rispondere verbalmente o per iscritto, e quindi erano inquinati dal fattore “desiderabilità sociale”.
In sostanza vi era il rischio e la possibilità che gli individui rispondessero a seconda di quello che credevano essere la risposta socialmente più desiderabile. Per di più si ipotizzò che essendo questi dei test a cui generalmente si partecipava volontariamente, avevano attirato famiglie simili in quanto erano “quel tipo di famiglie che partecipa a questi esperimenti” e quindi vi era già una prima selezione che falsava i risultati: non era un campione rappresentativo della popolazione generale, ma solo un campione rappresentativo della popolazione che sceglie di partecipare alle ricerche scientifiche.

Una rilettura dei dati ottenuti
Nonostante le critiche avanzate (e anche considerate le stesse) ci fu chi, come la psicologa Susan Farber, provò a rileggere questi risultati nel loro insieme, cercando di comprenderne i significati. Venne quindi ipotizzato che potesse in realtà essere proprio l’ambiente ad aver reso i gemelli omozigoti separati alla nascita simili nella loro personalità.
La teoria avanzata fu che persone geneticamente identiche, se cresciute in ambienti simili, attivano uno stesso tipo di risposte nell’ambiente esterno (cosa che non avviene se gli ambienti sono troppo diversi) arrivando quindi a vivere stessi tipi di esperienze che determineranno stessi tipi di personalità.
Questo tipo di risposte manca nel caso di gemelli omozigoti cresciuti assieme perché si attiva il cosiddetto “effetto coppia”: nella dualità della coppia la presenza dell’altro gemello rende le esperienze differenti in quanto il primo gemello è fratello del secondo e il secondo è fratello del primo. Una caratteristica che invece è assente per i gemelli cresciuti separati.
Ciò vuol dire che le persone che interagiranno con la coppia dei gemelli, compresi i genitori, si comporteranno con questi in maniera diversa attribuendo loro ruoli complementari e talvolta opposti. Questo porterà all’attivazione di esperienze interne differenti, che spesso creeranno addirittura la predominanza di un gemello sull’altro.
Le differenze, inizialmente lievi, andranno ad amplificarsi proprio dal vivere assieme perché nella differenza il gemello si sentirà unico.
Invece per quanto riguarda i gemelli cresciuti divisi si attiveranno lo stesso tipo di risposte in funzione del fatto che già sono visti come unici dal loro ambiente esterno (mancando l’altro gemello).
A prova di questo fu in effetti notato che maggiori erano gli anni in cui i gemelli vivevano assieme, maggiore, paradossalmente, era la differenza caratteriale tra gli stessi, e fu scoperto che questo dato era vero non solo per i gemelli, ma per tutti i tipi di fratelli: più si vive assieme più si diventa differenti, perché nel confronto reciproco si vanno ad amplificare le differenze (questo portò ad un’ulteriore scoperta: nella formazione della personalità l’ambiente esterno alla famiglia, quello non condiviso dai fratelli, ha più importanza dell’ambito familiare).
Quindi i precedenti studi sui gemelli, che sembravano confermare la tesi della predominanza genetica, riletti assieme sembravano, secondo alcune teorie, addirittura confermare la tesi opposta.

L’esperimento che ha messo fine al dibattito
Se vi potevano essere molte perplessità nella lettura dei risultati ottenuti dalle precedenti ricerche, la scoperta pubblicata il 10 maggio pone finalmente fine a questi dubbi: l’esperienza è talmente importante nello sviluppo della personalità dell’individuo che esseri geneticamente identici, se esposti a differenti esperienze, sviluppano addirittura differenti neuroni. E se questo vale per i topi le cui esperienze sono limitate, si immagini a quali differenze può portare la vita esperienziale di un essere umano, sostiene infatti il dr. Kempermann che poiché la formazione di nuovi neuroni si verifica anche negli esseri umani, la scoperta di una base neurobiologica per lo sviluppo della individualità vale anche per questi.

Ed ecco l’esperimento di Julia Freund e Gerd Kempermann del 2013
I ricercatori del politecnico di Dresda hanno effettuato uno studio su 40 coppie di topi geneticamente identici, ogni coppia è stata inserita in uno stesso ambiente pieno di stimoli e monitorata attraverso microchip per 24 ore su 24 per 3 mesi.
Già tramite l’osservazione diretta i ricercatori hanno notato lo sviluppo di caratteristiche differenti: alcun topi erano più attivi rispetto al gemello, altri si specializzavano maggiormente in una abilità rispetto alla loro copia. E’ stato inoltre osservato che maggiori stimoli vi erano nell’ambiente, maggiore era la differenziazione nel comportamento dei topi.
Ma il risultato più entusiasmante è stato scoprire, attraverso tecniche di diagnosi per immagini, che si era modificato fisicamente anche il loro cervello, i topi avevano sviluppato diversi neuroni in differenti aree dell’ippocampo (l’area del cervello predisposta all’apprendimento, alla memoria procedurale e alla codificazione delle informazioni), oltretutto quelli maggiormente occupati in diverse attività, dimostravano di aver aumentato il numero di neuroni rispetto a quelli più passivi (verificato anche in topi adulti, e ciò prova l’importanza di mantenere la mente attiva ad ogni età).
Questo risultato non smentisce la possibilità che gemelli identici cresciuti separatamente possano sviluppare un carattere più simile rispetto a quelli cresciuti assieme, anzi ne può spiegare meglio le cause. Infatti in questo esperimento è stato usato un ambiente comune, quindi si può ipotizzare che i topi che per primi hanno fatto certe scelte comportamentali, abbiano determinato le scelte successive dei fratelli, creando differenza in queste e quindi conseguente individualizzazione.
L’ambiente sembra dunque aver vinto sui geni a tal punto che, anche se esiste una predisposizione, la sua azione sarà così determinante da influire addirittura a livello neurobiologico, cambiando quindi, in un certo senso, la genetica.

Riflessi sulla genetica
Tale scoperta non deve stupire, già l’epigenetica, ovvero lo studio dei cambiamenti del fenotipo (aspetto esterno) senza che si alteri il genotipo (dna), aveva fatto notare le differenze esteriori e di sviluppo di malattie che vi possono essere nei gemelli omozigoti ottenute dall’attivazione o disattivazione di geni.
In effetti proprio da altri studi effettuati su gemelli omozigoti si scoprì l’esistenza degli attivatori genetici, ovvero fattori ambientali che rendono attivi alcuni geni presenti nel dna ma inattivi (come può essere la tendenza a ingrassare, la predisposizione alle malattie, ecc.) tra questi fattori ambientali considerati attivatori genetici abbiamo: il tipo di dieta, il tipo di attività fisica, il contatto con tossine e agenti nocivi (come droghe e sigarette) e lo stress psicologico a cui si è sottoposti.
Se queste diversità possono essere attivate dall’ambiente a livello fenotipico, in una coppia di individui che nasce geneticamente identica, è normale che tale differenza si rifletta anche a livello psicologico, (dopotutto tra gli attivatori genetici vi è anche lo stress): un fenotipo differente crea una differente interazione sociale e una differente interazione sociale crea ovviamente una differente personalità.
Se questa affermazione fino ad adesso poteva sembrare solo teoria, grazie alla dottoressa Freund, al dottor Kempermann e al loro staff, la teoria è divenuta certezza.
Ed ecco che è possibile dare una risposta al dibattito “ambiente vs geni”: l’individuo non è una tabula rasa, ma la sua personalità viene comunque scolpita dall’ambiente esterno.
Da qualsiasi forma si parta, tramite l’ambiente, si può ottenere qualsiasi altra forma.

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