Lascia stupefatti il novero di errori accumulato dal Partito Democratico nel breve volgere di tempo che va dall’incarico di formare un nuovo governo affidato a Bersani da Napolitano 1, al medesimo incarico affidato a Letta da Napolitano 2.
Ne tentiamo un decalogo con il timore che non sia esaustivo.
1 – Il PD si adopera per un governo con il Movimento 5 Stelle che ha sempre detto di non voler fare accordi con alcuno. E riceve la ovvia risposta negativa;
2 – Non percorre la strada di attivare le commissioni parlamentari per approvare rapidamente alcuni provvedimenti tra i più urgenti, quali una legge elettorale decente e una riforma sul conflitto di interessi, che avrebbero permesso di andare a nuove elezioni con presupposti ben diversi;
3 – Afferma l’esigenza che il presidente della repubblica sia eletto solo con l’imprescindibile presupposto delle larghe intese. Eppure Napolitano era stato eletto con una maggioranza risicata. Eppure, nel solco di questo precedente, un parlamento a prevalenza centrodestra non avrebbe esitato ad eleggersi da sé il capo dello Stato qualora se ne fosse presentata l’opportunità;
4 – Coerentemente con il proposito delle larghe intese, il PD appoggia Marini quale presidente della Repubblica ma solo se la percentuale necessaria alla sua elezione è molto alta e dunque la rende improbabile; quando invece l’elezione di Marini diventa possibile, per l’abbassarsi del quorum richiesto, il PD non lo vota;
5 – A questo punto contraddice totalmente lo sbandierato principio delle larghe intese e punta su Prodi che è appoggiato dal solo centrosinistra. Dunque non più larghe intese ma nessuna intesa;
6 – Però eccede talmente nel suo revirement, da proporre un candidato senza avere nemmeno i numeri necessari per la sua elezione che sarebbe potuta avvenire solo a seguito del doppio miracolo di un voto favorevole di tutti i grandi elettori del PD e dell’aggiunta di qualcun altro che si era, ufficialmente, detto contrario. Come è giusto, i miracoli sono stati riservati a più meritevoli evenienze;
7 – Rifiuta di appoggiare Rodotà, esponente di rilievo della sinistra, che avrebbe avuto il consenso di oltre il 50% dei grandi elettori. Magari non larghe intese ma pur sempre la maggioranza esplicita ed omogenea degli italiani rappresentati in parlamento;
8 – Costringe, in concorso con altri, un vecchio e nobile presidente di 87 anni a rinunciare al suo giusto e anelato riposo rimettendosi per tutto alle sue decisioni in una manifestazione esplicita di resa totale e palese incapacità di farsi carico di una soluzione;
9 – Con incomprensibile cupio dissolvi si dice disponibile a fare un governo col PDL e spezza così ogni legame con gran parte del proprio elettorato che gli ha dato fiducia in virtù della fiera opposizione al PDL;
10 – Si induce a formare il governo con chi non ha niente in comune e da sempre lo indica come espressione del comunismo antilibertario e ottuso.
Quali leggi potranno mai venir fuori tra due opposti inconciliabili? Saranno provvedimenti vicini alle convinzioni dell’uno oppure dell’altro o una via di mezzo pasticciata e inconcludente per i reciproci veti, come è accaduto con la legge contro la corruzione? C’è da chiedersi ad esempio se la riforma costituzionale risulterà prevalentemente presidenziale come vuole il PDL o sempre parlamentare come vuole il PD oppure una terza via insensata; Il carico fiscale sarà ridotto (e addirittura in parte restituito) come pretende il PDL, con i conseguenti problemi di copertura finanziaria o sarebbe redistribuito sui redditi più alti come vorrebbe il PD; per uscire dalla crisi, si riserverebbero risorse alle imprese o ai lavoratori o si percorrerebbe una terza soluzione capace solo di sprecarle le risorse; si darebbe ampio sfogo al liberismo o si adotterebbe una politica Keynesiana; si combatterebbe seriamente la corruzione o rimarrebbe questa legge inconcludente; sarebbe possibile una più dura lotta alla criminalità organizzata o diventerebbe impensabile; ecc., ecc.
E’ ovviamente urgente dotare di un governo il Paese ma l’obiettivo non può essere dar vita ad un governo pur che sia, piuttosto farne uno in grado di amministrare efficacemente e nella giusta nonché concorde direzione.