Gli atteggiamenti persecutori di Equitalia non possono essere giustificati neanche con il fine del massimo fatturato possibile tipico di un’azienda commerciale, e tantomeno con i compiti ed i fini  di un ente che promana dallo Stato.

E’ comunque assolutamente illecito e contro ogni etica, l’utile, sotto qualsiasi forma previsto, in favore dei  funzionari che recuperano gli oneri fiscali dai cittadini.
Costoro infatti sono tenuti ad agire per soli fini istituzionali, e non sicuramente per tornaconto personale.

COMPORTAMENTI PERSECUTORI

Da qualche tempo negli studi professionali giungono contribuenti che hanno ricevuto da Equitalia la notifica di atti di pignoramento presso terzi per cartelle lontanissime nel tempo, pignoramenti fatti eseguire nei confronti di datori di lavoro o comunque di soggetti tenuti a corrispondere ai presunti debitori del Fisco somme o retribuzioni periodiche.
Fin qui nulla di strano dal momento che nell’ottica di una ricerca smodata di denaro per il fisco, di recente è stato introdotto, dall’articolo 72bis della legge 602/73, la possibilità per l’amministrazione dello Stato, che a sua volta la concede a Equitalia, oltre al diritto di iscrivere ipoteca sulla casa, di pignorarla e mandarla all’asta, (salvo che si tratti della prima casa) di eseguire il fermo amministrativo dell’autovettura, di pignorare i mobili, conti correnti e quant’altro, anche la possibilità di pretendere, da coloro che debbano somme al presunto contribuente moroso, con una sorta di pignoramento presso terzi, il versamento di dette somme direttamente al Fisco, senza passare per il magistrato.

DIFESA INIBITA

Molto singolarmente e vergognosamente la legge vieta (esattamente così) all’art. 57 del D.P.R. n. 602/73 al presunto debitore di poter proporre le opposizioni all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. ammesse per qualunque altro pignoramento, e cioè vieta al debitore di potersi opporre avanti al Giudice dell’esecuzione (salvo che per eccepire l’impignorabilità dei beni) contrariamente a quanto invece è previsto dal codice di procedura in qualsiasi altro caso.
A parte questa grave ingiusta predilezione del legislatore per Equitalia, che aggiunta alla lentezza pluriennale delle Commissioni tributarie, e cioè alla inesistenza di tutela immediata, impedisce al contribuente presuntivamente moroso ogni forma di  difesa (argomento che meriterebbe un più ampio esame), ciò che va accentuato, al di là della procedura, è l’aspetto sostanziale.

INDAGINI DEGNE DI MIGLIOR CAUSA

Infatti si tratta quasi sempre di piccoli imprenditori, i quali a causa della crisi economica sono stati costretti a chiudere le proprie aziende, se non addirittura di società  di persone che sono andate incontro a procedure fallimentari con le conseguenze facilmente immaginabili. 
Tutte queste situazioni hanno lasciato strascichi debitori con banche, fornitori, enti previdenziali e naturalmente con il fisco per importi ingenti, anche perché come sappiamo, le sanzioni, multe, interessi, aggi in meno di dieci anni, portano con un sistema diabolico di progressione geometrica, i debiti originari di dieci o ventimila euro ad importi vicini e superiori ai centomila euro.
Tutte queste cartelle inevase emesse a nome delle persone fisiche, covano sotto la cenere, perché al limite della prescrizione decennale, e quasi sempre qualche solerte ed integerrimo funzionario di Equitalia, in assenza di immobili da pignorare o mezzi da sottoporre al fermo amministrativo, già ampiamente esecutati all’epoca, decide di perseguitare il debitore, utilizzando metodi da investigatore privato.
Così incrociando le notizie già in possesso della Agenzia delle entrate con  ricerche effettuate sulla rete e con gli altri elementi che si possono trarre da internet ormai su ciascuno,  l’investigatore riesce quasi sempre a scovare un rapporto di impiego o comunque di lavoro, faticosamente rinvenuto dal soggetto fallito, per far sopravvivere sé e la propria famiglia.

IL TRAUMA E LA DISPERAZIONE

Così immancabilmente il funzionario di Equitalia, appena riesce a rinvenire la nuova fonte di reddito per il malcapitato, immediatamente notifica il pignoramento fiscale presso terzi, al datore di lavoro ed al debitore.
Ci piacerebbe che il così solerte funzionario fosse presente, allorché viene notificato l’atto di esecuzione, per rendersi conto del trauma che un simile comportamento provoca nell’ambito di una famiglia che pensava dopo dieci anni di aver superato il disastro del fallimento o della perdita dell’azienda.
Si noti che un comportamento così vessatorio non è mai stato ravvisato, né nella gestione pregressa delle Esattorie, ma neanche nel modo di agire della Guardia di Finanza, che al di là di episodi isolati, pur legata da formalismi, agisce in un binario di correttezza nel rispetto dei principi etici e giuridici.
Tra l’altro non va sottaciuto che le azioni poste in essere da Equitalia, con una leggerezza che lascia sgomenti, comportano conseguenze ben superiori a quelle connesse al debito.
Iscrivere ipoteca su un’abitazione per un commerciante o un imprenditore, o peggio far eseguire un pignoramento, dal quale peraltro Equitalia non ricava nulla o quasi, significa farlo segnalare alla Centrale Rischi ed al sistema bancario, privandolo di ogni possibilità per il futuro di poter ottenere credito o gestire qualsiasi operazione bancaria, con un pregiudizio che spesso porta automaticamente alla cessazione dell’attività.

L’ILLEGITTIMITÀ DI UN INTERESSE PRIVATO A FRONTE DI UN COMPITO ISTITUZIONALE

La necessità dello Stato di reperire fondi non legittima tuttavia sistemi che appaiono contra legem sotto numerosi profili.
A fronte di un sistema di evasione diffusa, era mentalità comune del legislatore fino a pochi anni or sono, che lo Stato dovesse reagire con una tassazione insostenibile, e soprattutto con un sistema sanzionatorio, tuttora in essere, basato su un aumento dell’imposta evasa con un meccanismo quasi di progressione geometrica.
Le sanzioni, le sovrattasse, gli interessi moratori, gli aggi portavano e portano il peso originario dell’imposta a livelli insostenibili per qualunque famiglia.
A ciò si aggiunga che il sistema di persecuzione per la presunta evasione fiscale, si basa su norme che sono macroscopicamente incostituzionali e sono tipiche soltanto dello Stato italiano, con un meccanismo di accertamento privo di difesa.
Ciò in quanto da noi l’evasione fiscale è presunta.
Una volta giunta infatti la cartella esattoriale con la pretesa da parte del Fisco, il contribuente è posto in una posizione di sostanziale indifendibilità, laddove lo Stato a mezzo della cartella ha già un titolo esecutivo, con il quale può procedere a pignoramento su qualunque bene del debitore, iscrivere ipoteca, procedere al fermo amministrativo, pignorare i mobili, i crediti, i conti correnti, i depositi e ciò che è gravissimo, senza alcun controllo da parte del magistrato, così come doveva avvenire in precedenza.
Questo pone Equitalia in una posizione non alla pari del cittadino, ma di assoluto predominio.
Basti pensare che intanto il contribuente deve subire l’ipoteca, il pignoramento, il blocco dello stipendio, e dopo lunghissimo tempo e dopo aver subito oneri rilevanti tra avvocati e commercialisti, può forse ottenere giustizia, (dopo che la sua azienda è cessata).
Tra l’altro con una disciplina in taluni casi anche al di fuori di ogni legittimità sostanziale.
Di fronte per esempio ad un accertamento di valore, con richieste non infrequenti di importi rilevantissimi, il cittadino che vuole fare opposizione, deve versare obbligatoriamente allo Stato (anche, si noti, se l’accertamento è ingiusto), un terzo degli importi accertati per imposte ed interessi e ciò, ripetiamo, solo per poter proporre ricorso (art. 56 D.P.R. n. 131/86).

NECESSITA’ DI UN ATTO NORMATIVO CHE ESCLUDA OGNI DIRITTO A PERCENTUALE PER I FUNZIONARI DI EQUITALIA

La cosa tuttavia più grave del nostro sistema del recupero dei crediti fiscali, è il riconoscimento ai funzionari dell’Ente previdenziale di premi di produzione, di percentuali, e quant’altro in rapporto a quanto recuperato.
Si tratta di benefici non solo illegittimi e odiosi su un piano etico, ma anche errati su un piano giuridico.
E’ infatti evidente che l’esecuzione del lavoro demandato al funzionario di Equitalia, promana dalla legge ed è un compito istituzionale.
Dunque l’attribuzione di un compenso a percentuale sul recuperato urta contro ogni principio giuridico.
Sarebbe come ammettere il versamento di una somma ad un Carabiniere per ogni persona arrestata.
I meno giovani ricorderanno facilmente negli anni ’60 le pronunzie di illegittimità da parte della magistratura delle percentuali sulle multe riconosciute agli stessi Vigili Urbani.
Tuttavia  anche sotto altro aspetto, appare inopportuno e assolutamente illecito il riconoscimento di una provvigione o di una percentuale (qualunque sia il nomen juris) su quanto recuperato dal contribuente in favore del funzionario.
Infatti in tal modo, egli finisce con il considerare le perdite che riesce ad addebitare al contribuente come una somma in più di danaro che accresce il proprio stipendio, giungendosi proprio all’assurdo di funzionari che pur di stanare i morosi giungono a forme di indagini utilizzati per casi polizieschi di ben altra rilevanza.
Si finisce insomma con il richiamare il principio “mors tua vita mea” laddove il guadagno del funzionario diventa rapportato a quanto riesce a far pagare, giustamente o ingiustamente non importa, al contribuente.
I traumi che vengono subiti dai cittadini e dalle loro famiglie, per comportamenti così vessatori sono indescrivibili e derivano da una gestione utilitaristica e privatistica dell’interesse pubblico che non può essere accettata.

LA NECESSITA’ DI UNA MODIFICA LEGISLATIVA

Dunque appare  necessario un intervento legislativo sul punto (oltre ovviamente la revisione del sistema fiscale che così come è ora regolamentato appare ingiusto ed insostenibile sia perché il cittadino ritiene di non ricevere benefici equivalenti rispetto agli oneri versati, sia perché si crea una disparità di trattamento tra chi può sostenere gli oneri  di legali e commercialisti che li difendono e chi non è in grado di difendersi e soccombe, e non solo in senso metaforico).
La normativa che deve essere introdotta nel nostro sistema fiscale è semplicissima. Basterebbe statuire che nessuna provvigione, percentuale, premio di produttività o altro, possa essere riconosciuto a dipendenti, funzionari o comunque a chiunque debba recuperare per conto dell’Amministrazione Fiscale le somme dovute dal contribuente. Né alcun rapporto debba sussistere tra le retribuzioni dei dipendenti di Equitalia o enti assimilati, ed il fatturato dell’ente.
Si tratta di una norma e di un principio di estrema semplicità, ma di altrettanta importanza.

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