Il Sud è l’area  del Paese con il maggior potenziale di energie alternative  rinnovabili (eolico, solare, biomasse e biogas): è  infatti  nelle regioni meridionali che si concentra quasi il 62%  della potenza installata.
Lo rileva la ricerca “Energie rinnovabili e territorio. Scenari economici, analisi del territorio e finanza per lo sviluppo”, curata da Svimez e da Srm (Studi e ricerche per il Mezzogiorno), per la volta insieme.   Attualmente la quota di energia rinnovabile sul  consumo per regione è del 36,9% in Calabria, del 30,2% in Basilicata, del 18,1% in  Puglia, del 14,3% in Campania, del 10,5% in Sicilia.
«Solare, eolico, bioenergie, geotermia – sottolinea Svimez – sono tra le fonti pulite su cui l’Italia  deve continuare ad investire per garantire crescita,  occupazione ma anche innovazione ed internazionalizzazione. Le rinnovabili inoltre garantiscono la svolta ambientale di  cui ha bisogno il nostro paese, che soffre della dipendenza  dall’import delle fonti fossili». 
La green economy è quindi uno dei perni di rilancio delle attività imprenditoriali e di investimento. E l’espansione delle fonti pulite, secondo il rapporto Svimez-Srm, costituisce una grande opportunità, oltre che per la diversificazione energetica e la protezione dell’ambiente, anche per lo sviluppo dell’occupazione.
L’industria delle energie rinnovabili contribuisce in maniera concreta nella creazione di nuovi posti di lavoro: le stime attuali indicano che sono circa 100mila gli addetti nel settore in Italia, di cui 25mila nelle biomasse, 10mila nell’eolico, poco meno di 6mila nel fotovoltaico.
Ma secondo le previsioni della Commissione Europea, l’occupazione nel settore potrà crescere di qui al 2020 fino a raggiungere 210mila nuovi occupati
Diffondere l’industria delle rinnovabili è una sfida che l’Italia deve sostenere anche per far fronte al costante fabbisogno di energia e per cercare di ridurre la dipendenza dalle importazioni di gas, petrolio e carbone. Il quadro che emerge dall’analisi mette in luce la particolare debolezza dell’Italia rispetto ai principali paesi europei. Calcolando il rapporto tra il saldo import/export di energia e il consumo lordo, il tasso di dipendenza del nostro Paese è infatti pari a circa l’83%, a fronte del 52,1% della Francia, il 62,7% della Germania e il 79,8% della Spagna. Dalla ricerca emerge anche che il nostro mix di produzione è fortemente sbilanciato verso le fonti più costose: il 54% circa dell’elettricità è prodotto con gas naturale, più del doppio della media europea a 27 pari al 22%, e il 10% con il petrolio, a fronte del 3% della media europea.   La ricerca sottolinea anche che c’è stata una sterzata naturale verso le rinnovabili  anche in virtù dei risultati del referendum  che hanno avuto esito negativo per lo sviluppo del nucleare.   Sono ingenti sono le risorse finanziarie comunitarie previste per le energie pulite dal POIN-Energia 2007-2013 per le rinnovabili nel Mezzogiorno, circa 780 milioni di euro; il totale dei POR 2007-2013 per le regioni del Sud (intese come Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia)  ammontano invece a oltre 950 milioni di euro.
Il Mezzogiorno può fare da traino per la grande disponibilità di risorse, sia su scala internazionale nel campo delle infrastrutture di trasmissione, sia a livello di sistemi produttivi locali. 
Nel dettaglio, ecco come si comportano ad oggi le Regioni meridionali e quali sono le fonti rinnovabili maggiormente sviluppate. 

Il “vento”
L’energia eolica è prodotta per il 98% nel Mezzogiorno (26% in Puglia, 22% in Sicilia, 18% in Campania). Foggia è la prima provincia italiana per potenza eolica.
Nel comparto eolico su 487 impianti in Italia, 410 sono nelle regioni meridionali, di cui 31 in Calabria, 76 in Campania, 134 in Puglia, 28 in Basilicata e 62 in Sicilia.
Autorevoli stime danno un’occupazione totale al 2020 di circa 47mila unità, tra diretti, oltre 13.200, e indiretti, poco meno di 33.700. Di questi, 11.700 in Puglia – oggi nella regione gli addetti sono meno di 7mila – 8.738 in Campania – oggi sono 4.704 – 7.537 in Sicilia – oggi sono 3.980 – 4.484 in Calabria – oggi sono 2.509 – 2.675 in Basilicata – oggi sono 1.892, più di 6330 in Sardegna, oggi sono 2.500, 3.167 in Abruzzo, che attualmente ha 1.444 addetti, e, infine, circa 2300 in Molise, oggi sono 1.495.  

Il “sole”
Su circa 178mila impianti in Italia, 43.366 sono al Sud, di cui 9.284 in Sicilia (pari al 21,4% di quelli meridionali), 10.973 in Puglia (pari al 25,3%), 4.539 in Campania (pari al 10,5%), 4.114 in Calabria (pari al 9,5%), più di 1.814 in Basilicata (pari al 4,2%), 8.323 in Sardegna (pari al 19,2%), 604 in Molise (pari all’1,4%), 3.715 in Abruzzo (pari all’8,6%).
La potenza installata nelle regioni meridionali supera il 35% del totale nazionale. Nel settore fotovoltaico la ricerca contiene un’interessante analisi su base comunale, volta ad individuare i Poli Fotovoltaici delle regioni meridionali, vale a dire i nuclei di concentrazione dell’energia solare in termini di potenza installata e numero di impianti; a titolo di esempio in Campania spiccano i numeri dei Comuni di Giugliano, Napoli, Nola e Pomigliano; in Puglia, invece, Bari, Monopoli, Turi e Gravina di Puglia.  

Bioenergie
Per le Biomasse liquide, solide e biogas, sul totale di circa 670 impianti in Italia, 97 sono nel Mezzogiorno. Di cui 25 in Puglia, 22 in Campania, 12 in Calabria, 11 in Sicilia, 5 in Basilicata, 12 in Sardegna, 7 in Abruzzo e 3 in Molise. La potenza installata al Sud è pari al 32% del totale nazionale. Anche questo è un settore dove servono norme più chiare e dove va definita meglio la  strategia di sviluppo. 

Geotermia
Le aree italiane con la maggiore ricchezza geotermica sono nel Mezzogiorno, lungo il Tirreno meridionale, in Campania, Sicilia, in un’enorme area off shore che va dalle coste campane alle isole Eolie e, in misura minore, in Sardegna e in Puglia.
La geotermia può diventare una grande opportunità per l’economia meridionale.
Perché a livello mondiale ha una potenzialità di sviluppo pari a circa tre volte quella del solare e a dieci volte quella dell’eolico.
Inoltre, può offrire, diversamente dalle altre fonti rinnovabili, una produzione continua e costante e una elevata versatilità di dimensione di impianto; gli investimenti in energia geotermica hanno un ritorno in 5 anni; è l’unica fonte energetica presente in Italia in quantità molto maggiore degli altri paesi europei, eccetto l’Islanda.
Ed infine la maggior parte delle tecnologie necessarie per produrla sono made in Italy.
Attualmente in Italia è sfruttata solo in Toscana, con 33 impianti tra Pisa, Siena e Grosseto. La Campania è la regione col maggior potenziale geotermico nazionale, grazie in particolare ai Campi Flegrei e ad Ischia, seguita dalla Sicilia dove c’è l’isola di Vulcano.

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