“Quando è arrivata la scossa del 20 maggio il mio lampadario si è staccato dal muro ed è rimasto appeso al filo volando da una parte all’altra. Dopo siamo venuti tutti giù per strada e alle 5 del mattino è crollata la torre dell’orologio. Tutti lo abbiamo visto in diretta, e’ stata una cosa tremenda. C’era la casa vicina che saltava, una nebbia provocata dalla polvere dei crolli che non faceva vedere nulla”… “Le voci per il paese iniziano a rincorrersi: “è crollato un pezzo della torre campanaria dell’orologio di piazza primo maggio! … c’è gente ovunque, le persone camminano al centro delle strade con le mani nei capelli, file di macchine ovunque, sirene dell’ambulanza … grida, gente che cade a terra, chi sviene per lo spavento … un polverone enorme risale dalla piazza, è la torre, forse anche il municipio, la polvere ha lo stesso colore delle pietre con cui era stata costruita la torre nel 1700”.
Poco più di anno fa, il 20 maggio, un violento terremoto colpiva l’Emilia Romagna, una delle culle della cultura italiana. Le scosse sismiche hanno interessato le province di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia arrecando danni gravissimi ad un patrimonio artistico di inestimabile valore. Sono stati i monumenti più antichi quelli maggiormente danneggiati, come chiese, campanili, castelli, casali e borghi storici, afflitti da cedimenti, crolli e fessurazioni, ma anche musei e pinacoteche. I centri storici di Cento, Crevalcore, Galliera, Pieve di Cento e Sant’Agostino, gravitanti nel territorio tra Bologna e Ferrara, non solo hanno visto seriamente compromessi i principali edifici ecclesiastici antichi ma hanno rischiato di perdere le importanti opere d’arte che vi erano conservate. “Mille anni di storia se ne vanno così”, questo il commento di Fernando Ferioli sindaco di Finale Emilia, cittadina che ha il nefasto privilegio di custodire il monumento simbolo del terremoto, la torre dell’orologio, che all’indomani del cataclisma appariva spaccata a metà.
Un miliardo di danni
L’Unità di Crisi Regionale del Ministero per i Beni Culturali e le Attività Culturali (MiBAC), che ha dovuto coordinare l’azione delle soprintendenze e realizzare le operazioni di messa in sicurezza, ha subito inviato sul posto 823 squadre composte da architetti, ingegneri, storici dell’arte e restauratori. I 1330 sopralluoghi compiuti hanno permesso di valutare circa 1 miliardo di euro i danni subiti dai soli edifici pubblici e religiosi, di stimare a circa 1900 il numero degli immobili di interesse culturale danneggiati dal terremoto (di questi 500 sono chiese) e a più di 1300 i beni mobili rinvenuti negli edifici lesionati. Tempestivo e provvidenziale è stato anche l’intervento di vigili del fuoco, carabinieri e protezione civile. I carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale, attraverso i nuclei di Bologna e Monza, in collaborazione con i reparti territoriali dell’Arma e i funzionari del MiBAC, hanno avviato una tempestiva ricognizione dei luoghi maggiormente colpiti al fine di attuare misure di protezione da eventuali furti di opere d’arte o da atti tesi ad arrecare danno alle stesse. Oltre a predisporre servizi di vigilanza agli obiettivi sensibili, effettuati tutto il giorno anche dall’alto con l’ausilio del Nucleo Elicotteri di Forlì, si sono occupati di mettere in sicurezza le opere di particolare valore, in sinergia con il personale del MiBAC, dei Vigili del fuoco e della Protezione civile, e di prestare assistenza al trasporto delle opere in posti ritenuti sicuri. Gli interventi di messa in sicurezza sono stati circa 190 grazie ai quali i carabinieri hanno portato al sicuro 525 dipinti, 98 sculture lignee, 633 oggetti ecclesiastici e 19 archivi parrocchiali. Per premiare l’azione meritoria mostrata in questa occasione, e in analoghi eventi, il MiBAC ha deciso di inserire il Comando TPC nell’Unità di Crisi – Coordinamento Nazionale, istituita per coordinare le situazioni d’emergenza causate da calamità naturali. I beni mobili di maggior pregio sono stati “ricoverati” nelle vaste sale del Palazzo Ducale di Sassuolo scelto come centro di raccolta delle opere ritirate dall’area colpita in quanto ritenuto luogo sicuro e attrezzato, negli ambienti messi a disposizione da privati a Pieve di Cento, nei depositi allestiti presso Art Defender a Bologna e in quelli presso la stessa Pinacoteca Nazionale di Bologna. Quì i beni hanno ricevuto un primo soccorso ma soprattutto sono stati catalogati. L’UCR della Direzione Regione per i Beni Culturali, attraverso le schede di rilevamento danno compilate nel corso dei sopralluoghi, ha infatti creato un sistema di consultazione integrato GIS di dati e cartografie, costantemente aggiornato, che permette di orientare e rendere più efficace il proprio intervento. Un simile metodo di conoscenza sarebbe auspicabile sia per tutto il nostro patrimonio culturale, soprattutto come forma di registrazione preventiva dei beni potenzialmente a rischio, sia per la gestione di emergenze analoghe. Presso la Direzione Regionale è stata inoltre istituita una commissione mista con il compito di esaminare e valutare progetti di restauro, messa in sicurezza e miglioramento sismico degli edifici danneggiati: dei circa 820 progetti presentati ne sono stati selezionati 87, attualmente in fase di esame.
Le fragili chiese
Sebbene l’impatto del sisma sul territorio sia stato devastante, la risonanza a livello mediatico non è stata proporzionale alla vastità dei danni, probabilmente a causa della poca notorietà degli edifici. Eppure sorvolando le aree colpite sembrava ci fosse stato un bombardamento mirato le cui bombe avevano centrato i monumenti più rappresentativi dell’identità culturale di questi luoghi. La Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, anche con l’aiuto di volontari, ha tempestivamente raccolto informazioni sui danni ai beni e cercato la documentazione archeologica (come i rilievi degli alzati) dei monumenti lesionati. Le chiese hanno riportato gravi danni, in virtù della loro struttura più vulnerabile: i timpani delle facciate sono caduti o ruotati, le aule sono implose su stesse forse a colpa della tipologia della costruzione e per le esili murature. I campanili hanno subito rotazioni e dissestamenti, rischiando il collasso e di cadere sugli edifici vicini. Tanti i crolli, come quello dell’oratorio Ghisilieri, della chiesa di Buonacompra, della Torre di Palazzo Lambertini e della cupola della Collegiata di Santa Maria Maggiore a Pieve di Cento che ha registrato importanti danni strutturali. La chiesa di San Francesco nel comune di Mirandola, considerata la “chiesa dei mirandolesi” e famosa per gli elementi architettonici risalenti al XIV secolo che le davano quella fisionomia tardo gotica, ha subito importanti danni così come tutta l’area circostante, una delle più colpite dal sisma. Pertanto qui il tema della ricostruzione è molto sentito sia dalle Istituzioni che dagli abitanti così come il problema di eventuali infiltrazioni della malavita organizzata nelle operazioni di ricostruzione. Al fine di stimolare un atteggiamento responsabile e vigile dei soggetti coinvolti nella ricostruzione, il Comune di Mirandola ha organizzato il 20 giugno un incontro pubblico durante il quale Anna Martinelli, Assessore a Semplificazione e Rapporti con i Cittadini, ha dichiarato che “stanno arrivando le risorse stanziate per far fronte ai lavori della ricostruzione. I Comuni ma anche i privati dovranno vigilare per garantire che gli appalti, pubblici e privati, non diventino l’occasione per consentire a imprese legate alla mafia di inserirsi nel tessuto sano dell’economia. Il pericolo di infiltrazioni mafiose è concreto; trasparenza, legalità e lavoro regolare sono gli antidoti per arginare e sconfiggere il fenomeno”. Un altro dei monumenti maggiormente danneggiati è la rocca medievale di Reggiolo, simbolo del paese, che rischia di crollare. Crepe vistose si sono aperte intorno a tutte le quattro torri angolari che svettano oltre il muro di cinta e che potrebbero collassare da un momento all’altro. Nel giardino si è conficcato per terra, sprofondato di almeno un metro, uno dei merli del castello. È impressionante, sembra che un gigante lo abbia lanciato lì per divertirsi.
Il territorio della provincia di Modena ha uno straordinario patrimonio costituito da una rete di 17 castelli sorti in epoche diverse per il controllo del territorio, da sempre crocevia di percorsi che collegano la penisola. Ciascuno di essi possiede una propria specificità storica, artistica, ambientale. Cinque di essi sono stati danneggiati in modo più o meno grave dalle scosse di terremoto: il castello dei Pico di Mirandola, la Rocca Estense di San Felice, il castello delle Rocche a Finale Emilia, il Palazzo dei Pio a Carpi, il castello Campori di Soliera. In alcuni casi i lavori di messa in sicurezza e consolidamento hanno consentito di riaprire progressivamente gli spazi; in altri casi la situazione, invece, è ancora fortemente compromessa. “Gli interventi di estrema urgenza sono stati adottati” spiega Mario Galli, vicepresidente della Provincia e assessore alla Promozione del territorio “ma ora serve uno sforzo straordinario, sia dal punto di vista progettuale sia economico, per recuperare la fruibilità di questi beni”. La situazione più seria, dal punto di vista strutturale, è quella dei castelli di Finale e San Felice. Nel Castello delle Rocche di Finale il mastio è crollato e le tre torri sono state lesionate, mentre la Torre dei Modenesi, appartenente allo stesso complesso fortificato, è caduta. In accordo con la Soprintendenza si è deciso il recupero selettivo secondo le modalità di uno scavo archeologico per consentire la divisione e catalogazione dei detriti, in vista di una sua ricostruzione. I numerosissimi reperti archeologici emersi saranno utili per la ricostruzione della vita quotidiana dell’antica Finale.
Inagibile, perché fortemente compromesso, anche il Castello dei Pico di Mirandola, complesso che ospitava il museo Civico, la mostra permanente del biomedicale, l’auditorium, sale espositive e l’Ufficio di Promozione turistica. Grave anche la situazione della Rocca Estense di San Felice sul Panaro: nel corpo di fabbrica centrale (ospitante l’Archivio Storico, la Sala Consiliare, la sede del Gruppo Studi, il Museo Civico Venturini ) il tetto si è sgretolato così come l’ingresso col ponte levatoio. Il Torrione centrale, consolidato, appare come contorto ed è stato messo in sicurezza con un’imbragatura. Un’altra torre presenta una grossa crepa. Anche il Torrione della Rocca ha subito gravi crolli interni: le quattro torri, coperte con teli di nylon per preservarle dall’acqua e dalle intemperie, sono parzialmente crollate mentre le sale interne non presentano grossi crolli. Il borgo medievale è stato fortemente colpito così come sono crollate le tre torri di cinta. Per quanto riguarda il Palazzo dei Pio a Carpi, i danni principali sono stati rilevati nelle tre torri del Palazzo (torre del Passerino, dell’Orologio e degli Spagnoli), nelle volte dei grandi loggiati e nei livelli superiori dell’area dell’Archivio storico e dei Musei. Si tratta di crolli e gravi lesioni degli elementi murari esterni, danni alle coperture, fessurazioni e cavillature nei sistemi voltati, cedimenti di strutture lignee nei tetti, lesioni di piattabande, archi e nelle murature di laterizio pieno, cedimenti nei laterizi di appoggio di travi e capriate lignee. Anche le superfici affrescate e decorate sono state danneggiate, basti pensare che in più punti si sono staccate porzioni d’intonaco. Nell’immediato sono state attivate con finanziamenti della Protezione Civile opere di urgenza sia per la salvaguardia dell’incolumità pubblica e di messa in sicurezza, sia per consentire di riaprire alcuni spazi degli istituti culturali che hanno sede nel Palazzo: nella Torre dell’Orologio sono state realizzate cerchiature con curve di acciaio; nella Torre del Passerino, oltre alla rimozione di pinnacoli e di un merlo, sono stati realizzati cerchiature e puntellamenti; nelle Logge del primo ordine sono stati eseguiti rinforzi con fibre di carbonio. È stato così possibile riaprire al pubblico il Castello dei Ragazzi e i Musei. Sia nel Palazzo che nel Torrione degli Spagnoli sono previsti ulteriori due interventi di ripristino della copertura mediante la risistemazione dei manti in coppi e di interventi di somma urgenza sulle superfici affrescate. Per riaprire anche gli spazi dell’ultimo livello del Museo della Città e della sommità delle due torri ora inagibili, è in corso di redazione un progetto strutturale definitivo, mentre per il Torrione degli Spagnoli (di proprietà demaniale) la situazione rimane tuttora da definire. Anche il Castello Campori di Soliera ha riportato lesioni alle murature e alle volte del piano nobile: sono parzialmente crollate due volte nell’ala est, gravemente danneggiate tutte le altre, compresa la volta dello scalone monumentale che conduce al piano nobile. Tra luglio e settembre sono stati effettuati puntellamenti interni di tutti i locali del piano primo. Per quanto riguarda la torre dell’orologio e la torre sud-est, hanno riportato gravi fessurazioni sulle murature esterne, messe in sicurezza grazie all’intervento dei vigili del fuoco. Al piano inferiore la biblioteca è stata riaperta al pubblico a settembre dopo la messa in sicurezza delle volte del piano superiore, al contrario rimangono inagibili il piano nobile e lo scalone monumentale.
Le tele e i libri recuperati
È apparsa subito grave l’entità dei danni subiti dai beni mobili, custoditi soprattutto nelle chiese colpite dal sisma. Dopo avere recuperato le opere d’arte si è provveduto alla loro messa in sicurezza e al loro ordinato deposito, al fine di garantirne la conservazione e la tracciabilità, ma anche in vista di futuri interventi di manutenzione o restauro. Dalla Collegiata di Santa Maria Maggiore si è provveduto per esempio alla messa in salvo dell’Assunzione di Guido Reni e delle due grandi tele dell’Annunciazione del Guercino, portate subito al Museo Magi ‘900. Il patrimonio archivistico, pur non avendo subito distruzioni o danni irrimediabili, ha rischiato di perdere consistenti porzioni in molti Comuni e parrocchie. Il patrimonio librario, se opportuno, è stato spostato in sedi più sicure. Nel territorio di Bologna, ci sono stati casi di particolare complessità che hanno richiesto interventi specifici: dalla Pinacoteca di Cento sono stati trasferiti 247 dipinti e circa 400 opere di grafica; dalla Chiesa del Rosario di Cento oltre a recuperare l’Assunta del Guercino si è dovuto decidere circa la conservazione in loco delle opere sino all’esecuzione dei lavori; dalla chiesa di San Carlo e San Benedetto del Comune di Sant’Agostino, oltre ai numerosi beni mobili, si è dovuto estrarre dalle macerie il dipinto il Guercino e Gennari raffigurante Sant’Antonio da Padova.
La promessa del ministro
Il 28 maggio presso il Palazzo dei Pio a Carpi si è svolto il convegno “A un anno dal sisma” organizzato dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna, in collaborazione con il Comune di Carpi. Si è fatto il punto della situazione alla presenza del ministro dei Beni Culturali Massimo Bray, il quale si è complimentato con le persone e gli enti chiamati a gestire l’emergenza per l’eccellente lavoro svolto nonostante le enormi difficoltà. “Il dialogo tra tecnici delle Soprintendente e amministratori locali ha permesso il raggiungimento di obiettivi comuni, nonostante le risorse dedicate quest’anno al ripristino dei circa 1500 monumenti danneggiati siano state inferiori ai 4 milioni di euro, cifra irrisoria e sufficiente a malapena alla messa in sicurezza delle strutture”. Bray ha definito doveroso trovare i fondi per ristrutturare quanto è stato distrutto ma ha anche reso noto che in questo momento il fondo per l’emergenza in dotazione al Ministero è pari a zero. “È vergognoso che non ci siano i soldi per il ripristino di monumenti danneggiati che rappresentano un’importante risorsa per il nostro Paese”. Il ministro ha promesso, tra le priorità del suo dicastero, la ricerca di risorse per la ricostruzione e massima cura per la prevenzione del rischio sismico. “Negli ultimi anni è diminuita la manutenzione degli edifici, in particolare di quelli vincolati, a causa della continua diminuzione delle risorse. Questo ha sicuramente inciso sullo stato di conservazione degli stessi, rendendoli più vulnerabili alle calamità naturali. È necessario tornare a investire nella manutenzione e nel restauro del patrimonio”. Bray ha proposto inoltre di cogliere l’occasione per valorizzare realtà un po’ dimenticate ma importanti per la diffusione e conservazione della memoria storica, come il Campo di Fossili utilizzato nel 1944 dalle SS come anticamera ai lager nazisti. Da qui partirono circa 6000 detenuti, accusato di reati politici e razziali, diretti ad Auschwitz, Dachau, Flossenburg. Tra questi c’era anche Primo Levi.