Un buco nero da 15 milioni di euro all’anno. A tanto ammonta il mancato introito per le casse della Regione Emilia-Romagna dai ritardi nei rilasci delle concessioni idriche. Gli uffici del servizio di bacino, preposto a gestire le pratiche, sono letteralmente bloccati. Questo significa che l’acqua pubblica dei fiumi della regione viene prelevata dai concessionari che operano però senza titolo e soprattutto senza pagare i canoni. Il caso del consorzio della chiusa di Casalecchio, che non ha pagato i canoni da quasi un ventennio, non è affatto isolato ma, a quanto pare, è analogo a quello di quasi tutte le concessioni idriche della regione dal momento che soltanto il 12% del totale (circa 3.100 pratiche) sarebbero tutt’oggi in regola.
Per oltre 40mila fascicoli l’istruttoria è ancora aperta e fra questi ci sono oltre 23mila casi di concessioni con titolo scaduto. Un’anomalia che comporta perdite per le casse regionali di circa 15 milioni di euro all’anno. Lo rivela un’indagine interna condotta dal gruppo consiliare Idv e presentata in consiglio regionale la scorsa settimana con una risoluzione (la numero 3124) che puntava ad impegnare la Giunta a risolvere questo “ritardo patologico delle istruttorie”.

La risoluzione bocciata
Ma a quanto pare, su questo tema la Regione fa orecchie da mercante perché il consiglio ha bocciato la risoluzione (favorevoli solo Idv e M5s) “È una situazione paradossale – spiega Liana Barbati, consigliera Idv che ha presentato la risoluzione – i ritardi dell’ufficio del servizio di bacino sono patologico anche perché molti casi i canoni non possono più essere richiesti perché prescritti. Una situazione quantomeno anomala che causa mancati introiti per 15 milioni di euro all’anno, molti dei quali ormai non più recuperabili perché prescritti. Il paradosso è che il giorno dopo della bocciatura, l’assessore all’agricoltura della regione, Tiberio Rabboni, si è recato a Roma per chiedere un finanziamento al governo per risolvere il problema della siccità”.
Dalle concessioni attualmente in corso, che rappresentano soltanto una minima parte delle pratiche pendenti presso l’ufficio di bacino la regione incassa 1,1 milioni di euro, neanche il 10% di quanto dovrebbe incassare complessivamente. Fra queste ci sono le concessioni di grandi derivazioni (come quella del consorzio della chiusa di Casalecchio). “Il problema – continua Barbati – non sono le concessioni di piccola portata ma quelle di grande derivazione. Si pensi ad esempio ai grandi concessionari come Enel il cui canone viaggia intorno ai 750mila euro all’anno, quelle della multiutility Hera o di Iren”. Ce ne sono 130 ancora da istruire e di queste 37 sono ad uso idroelettrico, ossia il prelievo di acqua serve per la produzione di energia (come per il consorzio della chiusa di Casalecchio). Solo da queste istruttorie pendenti, il mancato incasso è stimabile in circa 5milioni di euro l’anno.
“Le cifre di cui stiamo parlando sono pesantissime” – rilancia Andrea Defranceschi, Capogruppo del Movimento 5 Stelle Emilia-Romagna che non più tardi di un mese fa ha presentato un’interrogazione regionale in consiglio proprio per chiarire la posizione del consorzio della chiusa di Casalecchio che per 50 anni aveva usato l’acqua del fiume Reno senza una regolare concessione e senza pagare i canoni per quasi 20 anni – e sembrano mettere in luce un sistema di non-pagamento, una vera e propria prassi. Non è accettabile e siamo contenti di aver contribuito, in parte, a portarlo a galla”. “Insisteremo – conclude – perché sia ripristinata al più presto la legalità fiscale”.

La chiusa, i ritardi e le “complessità”
Manco a farlo apposta, la risposta della Regione all’interrogazione di Defranceschi è arrivata nei giorni scorsi, poco prima della bocciatura della risoluzione 3124. Nell’articolata spiegazione fornita dall’assessore alla Sicurezza territoriale, Paola Gazzolo, emerge come la causa del ritardo per la concessione a favore del consorzio della Chiusa di Casalecchio, è dipesa dalla complessità della specifica istruttoria e dalla carenza di personale nell’ufficio preposto. Insomma troppo lavoro, pochi dipendenti. “Per il caso specifico – si legge nella nota della Gazzolo – la complessità dell’argomento era apparsa subito evidente tanto che la regione ha attivato un apposito tavolo tecnico coordinato da Ato e composto da enti pubblici e privati tra cui Enel ed Hera”. Risultato: l’istruttoria è durata ben 11 anni a causa del gravoso compito del tavolo tecnico che era quello di definire le caratteristiche di gestione del nodo idraulico più strategico della città di Bologna gestito, nel frattempo e in ogni caso, dalla Chiusa di Casalecchio. Peccato però che mentre il tavolo tecnico cercava di individuare le migliori strategie, il consorzio della chiusa ha fatto un po’ da sé continuando a prelevare l’acqua pubblica del Reno senza manco pagare i canoni.

La richiesta di rinnovo (fuori tempo)
Molti, inoltre, sono i punti che rimangono ancora oscuri e che non vengono chiariti dalla risposta ufficiale dell’assessore Gazzola. Nella nota si legge che l’attività del Consorzio era legittima perché effettuata in un regime di rinnovo della concessione. Ma la legge dice che la concessione si intende rinnovata tacitamente se la relativa istanza di rinnovo viene presentata nei termini (e così non stato per il consorzio) e soprattutto il concessionario non smette di pagare i canoni come invece ha fatto il consorzio che non ha pagato i canoni per quasi anni. Altro dubbio irrisolto: se la concessione finalmente intervenuta è un semplice rinnovo, come fa la Regione a pretendere i pagamenti arretrati antecedenti al 2007 anno in cui è intervenuta la prescrizione delle somme pregresse? Ma soprattutto, perché la regione, vista la complessità della situazione ed il dilungarsi dell’istruttoria non ha ritenuto opportuno inviare una semplice raccomandata, una letterina di poche righe, per evitare la prescrizione?

Ritardi patologici e conti che non tornano
Non è dato sapere. E la stessa linea poco chiara emerge riguardo al complessivo andamento dell’ufficio del servizio di bacino dove, a detta della consigliera Barbati, si registra un ritardo patologico su moltissime delle istruttorie per il rilascio delle concessioni idriche con un significativo mancato incasso di circa 15 milioni di euro all’anno. Tutto è bloccato ma nessuno sa niente. Anzi peggio, nessuno se ne interessa dal momento che la segnalazione sollevata con la risoluzione 3124 la scorsa settimana, non ha avuto alcun seguito e non è stata presa in considerazione dall’assemblea che l’ha impietosamente bocciata. “Io non ho votato – spiega Luigi Giuseppe Villani, consigliere Pdl nonché membro del cda di Iren una delle società beneficiaria di una concessione idrica regionale – perché ero uscito dalla stanza. Si tratta di questioni molto complesse sulle quali al momento non ho niente da dire”. “La risoluzione – chiarisce Alfredo Bertelli, sottosegretario alla presidenza della regione – è stata bocciata perché non era all’ordine del giorno. Io quei dati non li ho visti e non li conosco per cui non mi sento di fare alcun commento al riguardo”.

In allegato:
la relazione regionale sulle concessioni idriche
la risoluzione delle concessioni regionali di derivazione arretrate
la risposta dell’assessore alla Sicurezza territoriale sulla Chiusa Casalecchio di Reno

Emilia Romagna. Relazione concessioni idriche
Emilia Romagna. Risoluzione concessioni di derivazione arretrate
Emilia Romagna. Risposta assessore Sicurezza territoriale su Chiusa Casalecchio di Reno

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