Quarto appuntamento con gli articoli a firma di Giuseppe Acconcia – autore per Infinito edizioni del libro dal titolo “La primavera egiziana” – a commento della prima giornata delle elezioni presidenziali egiziane, tenutasi il 23 maggio, con eventuale ballottaggio il 16 e 17 giugno. Si tratta di elezioni delicatissime e storiche che abbiamo deciso di seguire con la massima attenzione grazie alla conoscenza e alla grande sensibilità giornalistica di Acconcia, che ha seguito da piazza Tahrir la primavera egiziana rischiando in prima persona.
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Gli egiziani eleggono il leader del nuovo Egitto. Altissima affluenza al Cairo, dati ancora incerti ma meno eclatanti nelle province. 53 milioni di egiziani devono scegliere il successore di Hosni Mubarak tra dodici candidati. Nonostante piccoli scontri e incidenti, le procedure di voto si sono svolte con tranquillità.
“Voterò per Moussa poiché l’elezione di Shafiq potrebbe causare nuovi scontri” – dice Eman al seggio della scuola Nasseria del ricco quartiere di Mohandessin. “Preferisco Fotuh perché ha fatto campagna elettorale in strada” – aggiunge Mohsen al seggio del quartiere popolare di Sayeda Zeinab. “Siamo indecisi tra Moussa e Shafiq, sono senz’altro i migliori uomini possibili in questo stato di incertezza” – conclude Rami prima di entrare nel seggio dell’Accademia di Belle Arti di Zamalek. D’altra parte, gli scontri interni ai movimenti politici segnano queste elezioni. Prima di tutto tra gli islamisti, Abul Fotuh sfida Mohammed Mursi: il primo, medico, riformista, sostenuto da molti giovani ed espulso dalla Fratellanza musulmana; il secondo nominato all’ultimo momento dopo l’esclusione di Khayrat al-Shater. È scontro diretto anche tra i due candidati “di regime”.
Shafiq e Moussa hanno speso milioni in campagna elettorale tra manifesti, spot elettorali e gigantografie che hanno invaso il Cairo. Infine, si confrontano nel voto i due candidati socialisti Amdin Sabbahi, appoggiato da molti attivisti del movimento di resistenza extraparlamentare “6 aprile”, e il giuslavorista Khaled Ali. Nonostante l’atmosfera di festa, varie sono le accuse di brogli. Fotuh in particolare ha chiesto di invalidare il voto degli egiziani espatriati in Arabia Saudita dove, secondo indiscrezioni di stampa, sarebbe al primo posto il candidato dei Fratelli musulmani Mohammed Mursi. Accuse anche da Ahmed Shafiq e Omar Suleiman, entrambi, in due diverse interviste, hanno avvertito che una vittoria islamista potrebbe impedire il passaggio di consegne dal governo militare a quello civile.
Resta l’incognita del voto salafita, diviso tra i due candidati della Fratellanza musulmana. Mentre i poveri di Embaba e Moqattam continuano ad essere accampati in piazza Tahrir. Infine, molti attivisti temono che il Consiglio supremo delle Forze armate non voglia rispettare la data del 30 giugno per restituire completamente il potere legislativo al Parlamento, incaricato di riscrivere la Costituzione. Tuttavia ora le divisioni politiche sono in secondo piano in un giorno di grande prova di democrazia per l’Egitto dopo le rivolte del 2011. Dei giovani fuori dai seggi hanno chiesto al presidente della Camera al-Katatni, che cercava di entrare per primo, di mettersi in fila in attesa del suo turno.
dal Cairo, Giuseppe Acconcia (“La primavera egiziana”, Infinito edizioni, 2012, pagg. 157, € 13,00)
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