Le ultime ore di potere del presidente egiziano Mohammed Morsi, primo presidente islamico e non militare della storia d’Egitto, deposto il 30 giugno scorso sono state caratterizzate dal suo rifiuto di seguire i consigli dei militari e dal non aver compreso la portata delle manifestazioni di massa che si stavano svolgendo in quelle ore nel paese.
Un alto ufficiale dell’esercito ha raccontato al quotidiano egiziano “al Masry al Youm” gli ultimi giorni di potere di Morsi partendo dal 26 giugno, quando a suo avviso sarebbe iniziata la rottura insanabile tra il leader islamico e i militari. Quel giorno infatti per la prima volta i militari hanno parlato in modo schietto con lui, chiedendogli di tenere un discorso alla nazione breve e incisivo alla vigilia delle manifestazioni che avrebbero di lì a poco fatto precipitare le cose nel paese.
Secondo quanto ha spiegato un ufficiale che era presente ad una riunione organizzata quel giorno “avevamo chiesto al presidente di tenere un breve discorso e di esaudire le richieste dell’opposizione di tenere un governo di coalizione, di modificare la Costituzione e di fissare tempi certi per queste due cose. Invece ha fatto il contrario, è uscito con un discorso molto lungo nel quale però non diceva nulla”. Alla vigilia infatti delle manifestazioni del 30 giugno Morsi ha stupito gli analisti tenendo un discorso della durata di due ore e mezza. “A quel punto abbiamo capito che non aveva alcuna intenzione Morsi di fare delle riforme e di aggiustare la situazione e ci siamo detti che avevamo il dovere di preparare un piano d’emergenza”.
L’ufficiale egiziano aggiunge che “a quel punto eravamo pronti a qualsiasi evenienza e prevedevamo ogni tipo di violenza in strada con forti scontri di vasta portata e per questo abbiamo preparato i soldati ad affrontare qualsiasi situazione”. Mentre saliva la tensione nel paese, Morsi assumeva sempre di più una posizione di sfida. Nel suo ultimo colloquio con il capo delle forze armate egiziane, generale Abdel Fattah el Sissi, avvenuto il 26 giugno, il presidente rideva sostenendo che le manifestazioni in corso in quei giorni erano di piccola portata e Morsi sembrava non credere alle notizie che invece gli venivano riferite da el Sissi. A quel punto il generale ha perso ogni speranza che Morsi potesse fissare un referendum sul suo futuro o dimettersi in silenzio.
In quei giorni quindi l’esercito si preparò ad affrontare i milioni di manifestanti scesi in strada e solo dopo le imponenti manifestazioni del 30 giugno la Guardia repubblicana arrestò Morsi e i capi dei Fratelli musulmani prendendo il potere degli organi d’informazione. Così si è conclusa la prima esperienza di governo dei Fratelli musulmani e di prima esperienza di Islam al potere abbinato alla democrazia, due anni e mezzo dopo la caduta di Hosni Mubarak. La caduta di Morsi ha riaperto il dibattito sulla compatibilità tra Islam politico e democrazia. Questa vicenda ha anche diviso in due i Fratelli musulmani tra chi sostiene la democrazia occidentale e chi invece ne è ostile.
Questo piano dell’esercito per la ripresa del potere ha fatto emergere una serie di limiti e di problemi che il governo dei Fratelli musulmani non è stato in grado di affrontare, come la diffidenza degli investitori stranieri nell’investire in un paese dove in quei mesi era evidente il caos all’interno dei ministeri dove gli islamici avevano imposto loro uomini che non avevano esperienza amministrativa. Non a caso dopo la caduta di Morsi la borsa del Cairo ha registrato una serie di chiusure in segno positivo. Secondo molti analisti sono stati molti gli errori commessi da Morsi subito dopo la sua elezione: il primo è stato quello di mandare in pensione il capo delle forze armate e della precedente giunta militare, il generale Hussein Tantawi, che per 20 anni è stato ai vertici dell’esercito sotto Hosni Mubarak e la cui decisione è stata letta come una rottura col passato.
E’ stato Morsi a nominare el Sissi con il quale nei primi mesi c’è stata anche una buona collaborazione, ma i rapporti tra il capo di stato islamico ed i militari si sono rotti quando Morsi ha mediato per il raggiungimento di un cessate il fuoco tra Hamas e Israele a Gaza. Spiega una fonte militare che “l’intromissione di Morsi nella guerra a Gaza ha portato l’Egitto a garantire a Israele la fine degli attacchi di Hamas contro lo stato ebraico e questo rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale perché se Hamas dovesse attaccare Israele quest’ultima potrebbe rivalersi contro di noi”. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’uscita di Morsi a metà giugno contro la Siria di Bashar al Assad, quando ha parlato della “possibilità per l’Egitto di partecipare al Jihad in Siria ed ha parlato di guerra con l’Etiopia per la diga sul Nilo. Queste sue dichiarazioni hanno fatto andare su tutte le furie i militari perché ha prospettato azioni di guerra senza mai parlarne prima con l’esercito”.