Si è conclusa ieri al Cairo la tre giorni del presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, che ha rappresentato per molti osservatori arabi un tentativo di riavvicinamento tra sciiti e sunniti dopo le accuse di ingerenze rivolte a Teheran da parte dei paesi arabi del Golfo come Bahrein, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti.
Non a caso il primo luogo che ha visitato il capo di stato iraniano è stata la culla del clero sunnita, l’Università egiziana di al Azhar. Durante l’incontro con lo sceicco Ahmed al Tayeb, è stato chiesto ad Ahmadinejad proprio di fermare le ingerenze del regime di Teheran nella politica dei paesi arabi del Golfo. Lo sceicco al Tayeb ha anche chiesto “di fermare l’espansione sciita nei paesi sunniti e di permettere ai fedeli sunniti di praticare il loro culto e di godere dei loro diritti in Iran”.
La tensione tra sciiti e sunniti resta comunque forte, soprattutto per tra i militanti delle fazioni estreme delle due correnti dell’Islam. Mentre usciva dalla moschea di al-Hussein al Cairo, dove aveva partecipato alla preghiera serale, Ahmadinejad e’ stato affrontato nel suo primo giorno al Cairo da un individuo che prima lo ha insultato e poi ha cercato di lanciargli contro una delle proprie scarpe. Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa studentesca ‘Isna’, l’assalitore sarebbe stato un oppositore siriano in esilio, che prima di essere sopraffatto dal servizio di scorta è riuscito anche a dare uno spintone a una delle guardie del corpo del leader di Teheran. Questi comunque è rimasto illeso e, salito sulla propria auto, si è allontanato indisturbato, inseguito dalle grida offensive di quattro giovani, che brandivano cartelli di protesta con slogan contro l’Iran per il suo appoggio al regime di Bashar al Assad.
Il ministero degli Esteri iraniano, Ali Akbar Salehi, ha subito cercato di minimizzare l’incidente al Cairo, per evitare nuove fratture con i sunniti, sottolineando come non rispecchi la posizione ufficiale egiziana verso Teheran. Il responsabile del gesto, considerato un grave insulto nel mondo musulmano, è stato identificato come un membro dell'”opposizione siriana”. “Ciò che è importante per noi è il comportamento dei funzionari egiziani e della nazione, che rispetta la Repubblica islamica come una grande potenza“, ha scritto l’agenzia di stampa Isna, citando il portavoce del ministero, Ramin Mehmanparast. Lo stesso Ahmadinejad, parlando ieri con i media egiziani, aveva dichiarato: “Ci possono essere alcuni dell’opposizione in entrambi i Paesi che disturbano l’atmosfera… con il pregiudizio e alcune azioni”.
Non solo per questo però la visita di Ahmadinejad al Cairo, la prima di un capo di stato iraniano in Egitto dal 1979, ha assunto “un alto valore strategico”. In un editoriale pubblicato dal quotidiano arabo “al Quds al-Arabi” il direttore, Abdel Bari Attwan, spiega che “Ahmadinejad è stato il primo dei capi di stato dei paesi islamici ad arrivare in Egitto per partecipare al summit dell’Organizzazione della Conferenza islamica ed è stato ricevuto dal presidente egiziano Mohammed Morsi. I due presidenti hanno bisogno in questo momento l’uno dell’altro. Morsi vuole lanciare un messaggio forte ai paesi del Golfo arrivando a minacciarli di stringere un’alleanza con l’Iran nel caso in cui dovessero continuare ad interferire negli affari interni dell’Egitto con il loro sostegno all’opposizione e agli esponenti del vecchio regime.
Ahmadinejad vuole invece mandare un messaggio all’Occidente e agli Stati Uniti, sostenendo che l’Iran ha rotto l’isolamento che gli è stato imposto e che è ancora un attore importante nella regione e su questa linea si pone l’incontro a sorpresa che c’è stato a Monaco tra il ministro degli Esteri iraniano, Salehi, e il leader della Coalizione siriana, Ahmed Khatib“. Attwan aggiunge che “la maggior parte dei paesi del Golfo è contraria all’esperienza democratica egiziana e all’ascesa al potere dei Fratelli musulmani ed è questo ciò che Ahmadinejad sta sfruttando per arrivare al cuore dei paesi arabi“. Il commentatore arabo conclude il suo editoriale affermando che “se i paesi arabi del Golfo vogliono davvero fermare l’ingerenza iraniana in Egitto, devono schierarsi al fianco del governo del Cairo ed aiutarlo ad uscire dalla crisi economica che lo sta investendo perché non è accettabile che paesi come questi abbiano surplus finanziari di 3 mila miliardi di dollari e lascino che l’Egitto tratti con il Fondo monetario internazionale per un prestito a condizioni avvilenti“.
A confermare questa lettura dei fatti ci ha pensato lo stesso presidente iraniano che tramite il più importante quotidiano egiziano ha invitato l’Egitto a collaborare con Teheran che ormai è diventata una potenza nucleare. Nel corso di un’intervista rilasciata al quotidiano egiziano “al Ahram“, il capo dello stato iraniano ha affermato che “l’Iran ora è diventata una potenza nucleare. L’occidente ha usato ogni mezzo per impedire che ciò accadesse ma ora siamo un paese industrializzato e nucleare e quindi potremmo dare un importante sostegno all’Egitto“, ha proseguito il presidente iraniano. Ahmadinejad ritiene infatti che siano diversi i settori nei quali Iran ed Egitto potrebbero collaborare: “Siamo pronti a offrire tutta la nostra esperienza ai fratelli egiziani e ci sono grosse potenzialità anche nel settore turistico”.
Il capo dello stato di Teheran ha parlato anche di cooperazione nel settore della sicurezza e della possibilità, circolata sui media egiziani, che i Fratelli Musulmani possano imitare il modello iraniano delle milizie rivoluzionare, i cosiddetti pasdaran o guardiani della rivoluzione. “Credo che il popolo egiziano sia in grado di risolvere da solo questo tipo di problemi senza chiedere aiuto ad altri paesi”, ha dichiarato Ahmadinejad, aggiungendo in conclusione che “se i paesi dell’area regionale collaboreranno tra loro si potrà dare vita a una grande forza economica”.
Questa visita è giunta proprio nel momento in cui le riserve in valuta straniera dell’Egitto sono diminuite a 10 miliardi di euro. Secondo quanto comunica la Banca centrale egiziana si è registrato nel mese di gennaio un calo di un miliardo di euro rispetto al mese precedente, quando si contavano 11 miliardi di euro di riserve in valuta straniera. Attualmente, quindi, le riserve egiziane sono in grado di coprire le spese per l’importazione di beni dall’estero soltanto per i prossimi tre mesi. Le riserve valutarie presenti nella Banca centrale egiziana nel dicembre del 2010, sotto il regime di Hosni Mubarak, erano di 26,7 miliardi di euro e sono scesi a 16,5 miliardi di euro nel gennaio del 2011.
Intanto si sono aperti i lavori del 12° summit dei capi di stato dei paesi dell’Organizzazione della Conferenza islamica (Oci) al Cairo. La sessione iniziale si è aperta con il discorso del presidente senegalese, Macky Sall, il quale ha consegnato la presidenza di turno dell’Oic al presidente egiziano, Mohammed Morsi. Nel suo intervento Sall ha lanciato un appello ai capi di stato dei paesi presenti affinché “guardino ai problemi dei popoli islamici”. Parlando della crisi in Mali, il presidente senegalese ha ringraziato la Francia “per aver accolto l’appello di aiuto lanciato da Bamako contro i gruppi terroristici”. Sall ha parlato anche della crisi siriana: “Penso al popolo siriano che ogni giorno subisce le violenze e che chiede libertà”.
Nell’incontro preparatorio che si è tenuto tra i ministri degli Esteri dei paesi islamici, si sono registrati forti contrasti tra i 56 paesi che partecipano al vertice dell’Oci. Le controversie riguardano temi importanti come le crisi siriana e maliana. Secondo quanto riferisce il quotidiano arabo “Asharq al Awsat“, la delegazione iraniana si sarebbe attivata per proteggere il regime di Assad, mentre le altre delegazioni hanno accusato
Teheran di essere responsabile delle stragi che si registrano nel paese arabo. Secondo una fonte che partecipava ai lavori del vertice, “ci sono alcuni paesi che tentano di stabilire la responsabilità delle stragi in corso in Siria accusando il regime di Assad, mentre la delegazione iraniana e quella irachena difendono il regime e puntano il dito contro i ribelli“. Teheran starebbe riuscendo a ottenere dei risultati, ottenendo una condanna in maniera generica sia del regime che dei ribelli.