Ha deciso di ripartire dall’economia, contando sull’aiuto dei ricchi paesi arabi del Golfo, il presidente pro tempore egiziano Adly Mansour ed i militari che lo hanno portato al potere.
Dopo il colpo di mano del generale Abdel Fattah el Sissi che ha esautorato il presidente Mohammed Morsi e il governo dei Fratelli musulmani, è partita la fase di transizione che durerà sei mesi e che porterà il paese a nuove elezioni. Nel frattempo però Mansour ha nominato come premier Hazem el Bablawi, un economista, decidendo quindi di puntare tutto su quello che è stato il punto debole del governo dei Fratelli musulmani, l’economia. In un anno gli islamici al potere non sono riusciti a risollevare le sorti dell’Egitto che è invece è sprofondato in una crisi sempre maggiore, con l’assottigliarsi delle riserve finanziarie, con la perdita di valore della sterlina egiziana, che viene scambiata 1 a 7 con il dollaro, fino alla cronica crisi di carburanti che diventa drammatica con l’arrivo del caldo estivo.
E’ per questo quindi che ai timidi aiuti offerti da Qatar e Turchia al governo dei Fratelli musulmani, in cambio di ingenti interessi, come già spiegato in un articolo da Golem mesi fa (https://www.goleminformazione.it/articoli/qatar-prestiti-primavera-araba.html), la nuova leadership egiziana ha deciso di puntare sui vecchi alleati storici del paese che hanno osteggiato durante quest’anno il presidente Morsi e che ora sono ben lieti di contribuire alla riuscita della fase di transizione di poteri che ha messo fuori gioco i Fratelli musulmani.
Il primo paese a scendere in campo in aiuto del presidente Mansour sono stati gli Emirati Arabi Uniti i quali hanno annunciato di aver approvato un pacchetto di aiuti da 3 miliardi di dollari a favore dell’Egitto. Il programma di aiuti include una donazione da un miliardo di dollari e un deposito senza interessi alla Banca centrale egiziana da 2 miliardi di dollari. Nel corso dell’ultimo anno, da quando cioè il presidente Morsi era salito al potere, i rapporti tra il Cairo e Abu Dhabi si erano notevolmente raffreddati a causa anche degli arresti e delle indagini della polizia emiratina contro le cellule dei Fratelli musulmani presenti in patria. I Fratelli musulmani sono considerati nemici storici della famiglia al potere ad Abu Dhabi. Il capo della polizia di Dubai, Dahi Khalfan, ha più volte accusato il gruppo islamico di aver pianificato un golpe negli Emirati sulla scia della primavera araba.
Come ha spiegato l’economista Fayad Abdel Muniam al giornale egiziano “al Masry al Youm”, nei giorni scorsi il governatore della Banca centrale egiziana si è recato ad Abu Dhabi per definire un accordo che è stato poi siglato al Cairo. Il 9 luglio il presidente pro tempore Mansour ha ricevuto il consigliere del governo di Abu Dhabi, Sheikh Hazaa Bin Zayd Al Nahiyan, che ha la delega alla sicurezza. L’incontro si è tenuto nel palazzo presidenziale di al Ittihadiya nel quartiere di Heliopolis al Cairo. Le parti hanno raggiunto un accordo in base al quale gli Emirati donano un miliardo di dollari all’Egitto e concedono un prestito senza interessi di due miliardi di dollari alla Banca centrale egiziana. La delegazione emiratina è stata ricevuta anche dal ministro della Difesa e capo delle forze armate, Abdel Fattah el Sissi, che ha destituito Morsi dando la guida del paese a Mansour. La delegazione emiratina era composta anche dal ministro degli Esteri, Abdullah Bin Zayd, dal ministro dello Sviluppo e della Cooperazione internazionale Lubna al Qasmi, dal ministro dell’Energia Suhail al Mazrui e dal ministro di stato per gli Affari economici, Abid al Tayr. Si tratta della delegazione straniera di livello più alto che abbia mai visitato l’Egitto da quando la scorsa settimana è stato deposto il presidente Morsi.
Ha spiegato l’ex ministro del Tesoro egiziano Asharf al Arabi che “la posizione dei paesi arabi nei confronti del nuovo governo egiziano è completamente diversa da quella assunta con il precedente di Morsi. Non solo gli Emirati si sono lanciati nel voler aiutare economicamente l’Egitto ma ci sono anche altri paesi pronti a fare altrettanto”. Ha poi spiegato un dirigente del ministero del Petrolio del Cairo che per affrontare il problema della mancanza di carburante nel paese gli emirati hanno subito inviato un carico di 30 mila tonnellate di gasolio. La prima nave era stata promessa da Abu Dhabi alla vigilia della manifestazione del 30 giugno scorso che ha portato alla caduta di Morsi. Gli economisti egiziani rilevano inoltre come il nuovo corso abbia anche attirato la fiducia degli investitori. Nel primo giorno di contrattazioni dopo la nomina del presidente pro tempore tutti i titoli quotati nella Borsa valori del Cairo sono stati sospesi per eccesso di rialzo.
In questo quadro anche il Kuwait ha deciso di fare la propria parte donando 7 miliardi di dollari all’Egitto per sostenere la fase di transizione. Lo ha annunciato il giudice Ahmed al Zand, presidente del club dei giudici egiziani, secondo il quale Kuwait City ha deciso di donare anche 3 milioni di barili di petrolio al Cairo per affrontare la crisi di carburante dovuta alle elevate temperature estive. Intervenendo telefonicamente nel corso della trasmissione dell’emittente televisiva egiziana privata “Sbs”, il consigliere legislativo del Consiglio dei ministri kuwaitiano, Ahmed al Qanawi, ha spiegato che “si tratta di una donazione e non di un prestito”. A questi due paesi si è aggiunta anche l’Arabia Saudita. Il re saudita Abdullah ha annunciato l’invio di un pacchetto di aiuti di 5 miliardi di dollari all’Egitto. Il piano di aiuti, secondo quanto si legge sul
quotidiano “al Hayat”, sarà diviso in tre tranche: una da due miliardi che saranno depositati presso la Banca centrale egiziana; la seconda che sarà il corrispettivo in carburante di 2 miliardi di dollari; e infine un miliardo di dollari in contanti. Non è ancora chiaro invece cosa farà il Qatar, alleato dei Fratelli musulmani, rispetto agli aiuti promessi al precedente governo egiziano.