Il diritto d’autore nasce al momento della creazione di un’opera letteraria, che il codice civile italiano identifica come una particolare espressione del lavoro intellettuale. Il diritto d’autore è quindi legato all’atto creativo. Questo vuol dire che per esercitare il diritto non sono richiesti depositi, registrazioni o altro, ma il diritto d’autore nasce automaticamente con la realizzazione dell’opera.
Registrazione o pubblicazione, oppure il deposito, servono solo a esplicitare e rendere manifesta e facilmente dimostrabile la paternità dell’opera e l’attribuzione dei diritti collegati. Una brutta notizia per la Siae, dunque. Molti aspiranti autori ritengono di dover proteggere le loro opera dell’ingegno depositandole alla Siae. Soldi sprecati e, soprattutto, nessun obbligo in proposito. Per proteggere la propria opera dal plagio è sufficiente ad esempio registrarla su un cd o su un dvd e spedirselo via raccomandata con ricevuta di ritorno in un pacchetto chiuso con ceralacca. Fa fede la data di spedizione del pacchetto. Questo per un giudice è già più che sufficiente per dimostrare la paternità di un’opera. L’importante è che, una volta ricevuto il pacchetto che ci si è spediti, non lo si apra e lo si lasci lì a “stagionare”, sperando nel frattempo:
A) che qualcuno ci pubblichi l’opera (poco incasso garantito);
B) che qualcuno ce la plagi (a fine processo – diciamo dopo una decina d’anni – qui qualche soldino in più può entrare, se si riesce a dimostrare che l’opera ci è stata plagiata).
Il diritto d’autore consiste di due elementi fondamentali: il diritto morale e il diritto di utilizzazione economica. Il primo è strettamente legato alla persona dell’autore e, salvo casi particolari, tale rimane; il secondo è originariamente dell’autore,che può cederlo dietro compenso o gratuitamente a un acquirente, il cosiddetto licenziatario, il quale a sua volta può nuovamente cederlo nei limiti del contratto di cessione e della legge applicabile, fermi i diritti morali.
Una volta pubblicata l’opera, c’è il codice Isbn a proteggerla per tutta la durata del contratto stipulato con l’editore. È in questo contratto che l’autore e l’editore devono fissare il compenso derivante dalla cessione del diritto d’autore dal primo al secondo: pubblicazione, riproduzione, trascrizione, rappresentazione, distribuzione, traduzione, elaborazione, vendita vanno adeguatamente regolate nel contratto d’edizione, all’interno del quale è regolata la remunerazione dei diritti d’autore dell’opera.
Ci sono autori che pur di pubblicare firmano qualsiasi cosa o dimenticano persino di farlo; ci sono editori che fanno firmare contratti troppo generici la cui interpretazione è quanto meno dubbia oppure che fanno firmare il contratto e poi non lo rendono firmato indietro. Soprattutto, nella totale mancanza di protezione dell’individuo da parte del sistema giudiziario italiano, ci sono editori che non pagano i diritti d’autore e che “dimenticano” di inviare i rendiconti annuali. La giungla italiana purtroppo non risparmia neppure la letteratura.
I diritti vanno pagati normalmente una volta l’anno. Difficilmente un autore può pensare d’arricchirsi incassando i diritti d’autore (succede più o meno a uno su un milione). Senz’altro, di fronte a qualche centinaio d’autori, è l’editore che può pensare d’impoverire. I diritti maturati vengono comunicati anche solo via e-mail in un apposito rendiconto. L’autore deve firmare un’apposita notula, incollandoci una marca da bollo da 1,81 euro. Riconsegnata la notula, l’editore nei tempi previsti dal contratto deve dare luogo al pagamento dei diritti d’autore. Se non lo fa… Beh, non pensiate che la legge tuteli in modo particolare l’autore. In quel caso, come avviene sempre più spesso in Italia a causa dei consistenti vuoti normativi e dell’inquietante distanza della politica dai cittadini, è tutta solo una questione di fortuna… Ma preparatevi a dire addio ai vostri soldini…