La distribuzione ha dei costi (considerevoli) sia che questa venga seguita direttamente dall’editore sia nel caso invece in cui un’azienda terza svolga per lui questo non facile compito.
Nel caso in cui la casa editrice opti per la distribuzione diretta vuol dire che l’azienda si propone di raggiungere e gestire a proprio titolo un numero di accordi più alto possibile con le librerie e con i principali canali di vendita on line. L’onere è improbo sia relativamente alla parte di attivazione dei contatti che in termini di risorse da impegnare per presentare le singole novità alle librerie che, infine, nell’ottica dei costi per il recupero dei crediti, per la gestioni dei conti vendita e dei conti assoluti e per le spedizioni oltre che, naturalmente, per gli oneri di magazzino.
Avere un distributore vuol dire, infatti, poter almeno in parte ridurre il proprio magazzino, sia in termini di spazio fisico utilizzato per la conservazione dei libri che in termini di investimenti per la messa a norma di questi spazi; sia, infine, in termini di personale impiegato per la gestione dello spazio e dei beni che lo colmano che per i costi di affitto e di manutenzione.
Avere un distributore vuol dire non dover avere un proprio magazzino in dotazione, se non uno spazio ridotto, dunque affrontare minimi costi di gestione dello stesso e ridurre gli oneri di spedizione (una cosa è infatti sostenere la spedizione di, diciamo, cinquemila libri a millecinquecento diversi rivenditori; altra è spedire gli scatoloni in unica soluzione al distributore e lasciare che sia lui a gestire, sulla base delle sue economie interne, le spedizioni e naturalmente i contratti); al contempo, avere un distributore vuol dire anche dover rinunciare a una percentuale che, a seconda dei contratti, può variare dal 50 al 65 per cento degli incassi di tutto ciò che viene venduto in libreria o sul Web. La percentuale di cui sopra viene suddivisa, sulla base degli accordi intercorsi tra questi soggetti, tra distributore e librai.
La parte residua del prezzo di copertina che viene corrisposta sul venduto all’editore è naturalmente lorda e viene erogata di solito tra 120 e 180 giorni dall’emissione della fattura. Avere i soldi dei propri libri venduti dopo sei mesi vuol dire, naturalmente, non potersi permettere di sbagliare neppure un colpo, poiché vendite basse, ad esempio, nel mese di giugno equivalgono a un incasso reale altrettanto basso a dicembre, con tutte le difficoltà del caso in ordine alla gestione delle fatture da pagare e degli stipendi.
Sostanzialmente, il margine per una casa editrice è molto magro, direi minimo, e questo equivale non solo all’impossibilità di creare nuovi posti di lavoro ma anche di investire risorse in formazione o in innovazione come si vorrebbe e dovrebbe. Governo e parlamento però sono sordi e continuano a mungere fino a sfiancare la mucca da latte…