Un documentario sull’eccidio di Nola, dell’11 settembre 1943, è stato proiettato a Montecitorio, nell’aula del palazzo dei Gruppi Parlamentari, il 15 aprile scorso in occasione del dibattito al quale ha partecipato, tra gli altri, Alberto Liguoro autore del libro “Nola, cronache dall’eccidio”.
Il documentario è stato realizzato su iniziativa dalle associazioni Extra Moenia e ANMIG, e sostenuto dal fondo italo-tedesco dell’Ambasciata Tedesca a Roma e dal Ministero degli Esteri, diretto dal regista Felice Ceparano.
Abbiamo chiesto ad Alberto Liguoro una sua riflessione su ciò che accadde l’11 settembre 1943 a Nola.
La domanda fondamentale è: quando i Tedeschi si resero conto, senza appello, che la guerra era irrimediabilmente persa, omettendo di dare il necessario peso alle, inconfondibili, prime avvisaglie?
A mio avviso, ciò accadde quando crollò, ai loro occhi, il mito che, con una incredibile accelerazione della potente e avanzata tecnologia, anche bellica, di cui già disponevano (v. U – BOAT, missili V1 e V2 su Gran Bretagna e Belgio, ecc.), probabilmente anche enfatizzata, avrebbero potuto capovolgere le sorti del conflitto mondiale, in pochi mesi, o addirittura pochi giorni.
E quando venne questo momento? Molto tardi; allorché ormai non rimaneva più in piedi, che il bunker del Führer, e poco altro intorno.
Abbiamo sotto gli occhi le scene di Hitler che reclutava bambini da schierare contro gli alleati.
Ma perché solo a quel punto? Perché non prima?
La risposta viene fuori quasi da sé: il sistema nazista non ammetteva valutazioni, dialettica, confronto; non c’era serenità, né giusta finalità nelle scelte, che appartenevano esclusivamente e inderogabilmente alle decisioni di un ristretto e fanatizzato numero di fedelissimi del regime e, prima di tutto, lo stesso Hitler.
Non entro nel merito, ovviamente, dei giudizi sociali, politici, etici, storici sul nazifascismo, essendo essi estranei a quanto qui in trattazione.
Quello che occorre, qui, sottolineare, è che la caduta di Berlino avvenne ai primi di maggio del 1945, allorché l’Italia era stata già liberata.
Ma nel ’43 – ’44 la guerra, da considerarsi già persa, secondo gli osservatori di tutto il Mondo e la diffusa cronaca dell’epoca, come confermato dalla Storia successiva, e nel modo totale e devastante che conosciamo, non lo era agli occhi dei Tedeschi, anche se già dal 1941, e prima dell’intervento degli Americani nel conflitto, i Sovietici avevano distrutto le divisioni tedesche intorno a Mosca, gli Inglesi avevano liberato Tobruk, e così via, mentre nessun significativo successo dell’Asse era registrabile.
Ottenere la vittoria finale: una fatale illusione, per i Tedeschi, pur dovendo essi, inevitabilmente, riconoscere che era fortemente compromessa, come da numerose defezioni interne, e lo stesso attentato ad Hitler comprovato.
Si può fondatamente ritenere che non dissimile fu la situazione dei Giapponesi, che sperarono, affidandosi alla estesa frammentarietà, tra isole e isolette varie nel Pacifico, della guerra con gli Americani, di sfibrarli, e indurli, quanto meno, ad una onorevole resa, fin quando non arrivò la bomba atomica a mettere orrenda e tragica fine ad ogni intenzione e azzardato progetto.
Tutto quanto sopra ha molto a che vedere con l’8 settembre del ’43 in Italia, e il seguito, tra cui, ciò che accadde l’11 settembre successivo a Nola, conseguentemente, le 4 giornate di Napoli, e così via.
Anzi, proprio alla luce di quanto sopra, si può esprimere un fondato parere su ciò che accadde in quei giorni di orrore e di gloria.
Entrando più nello specifico, e nei ristretti limiti che qui si impongono, certamente era assolutamente evidente agli occhi di tutti, che l’Italia non poteva, in alcun modo, contrastare la potenza di invasione navale, aerea e terrestre degli Alleati, che avevano, peraltro, già conquistato, con grande facilità, la Sicilia.
Il divario di forze era incolmabile, e la conduzione delle operazioni belliche, da parte dei Tedeschi, su tutto lo scenario internazionale di guerra, nelle condizioni suddette, non consentivano previsione alcuna di affiancamento massiccio all’esercito italiano, nella situazione descritta, non ritenendosi possibile distogliere truppe da altri fronti, e specificamente, quello orientale.
Il che, tradotto in termini pratici, significava, per gli Italiani, prevedere il dilagare, in modo estremamente devastante e dirompente, in pochissimo tempo, forse in poche settimane, in tutto il nostro Paese, di uccisioni, stupri, massacri, distruzioni, soprusi, e così via (vero è che ci furono ugualmente, forse non nella stessa misura di come sarebbe stato in mancanza dell’armistizio, ma questo era imprevedibile, nei momenti iniziali e fu, in gran parte, dovuto ad altre cause, come dirò).
Per i Tedeschi, ancora fiduciosi, ma non più sicuri dell'”immancabile vittoria finale”, era giunto il momento di trovare il capro espiatorio di un fallimento, per quanto inaccettabile, ormai possibile.
Ed ecco la ancora potente macchina di comunicazione e propaganda nazista mettersi in moto, e diffondere il perverso messaggio del “tradimento” dell’Italia.
L’avvicendamento di Mussolini con Badoglio, che, a quel momento, non aveva ancora assunto i toni drammatici e i pesanti risvolti tragici, che poi si sarebbero evidenziati in tutta la loro tremenda consistenza, vale a sottolineare che continuare col precedente governo fascista era, con tutta probabilità, impossibile, e, se, contro ogni logica, si fosse affermata questa IMPOSSIBILE soluzione, il risultato sarebbe stato quello catastrofico come descritto; e, in ogni caso, peggiorativo per l’Italia.
Non possiamo credere che il Governo Tedesco non sapesse perfettamente questo.
C’erano mezzi di comunicazione, servizi segreti, rapporti, delazioni ecc. ; del resto, lo stesso Hitler, come è noto, aveva predisposto la concentrazione di truppe, in previsione di un collasso delle Forze Armate italiane; senza che, peraltro, risulti, abbia mai formalizzato alcuna concreta proposta di aiuto alla palese debolezza dell’esercito italiano, di fronte agli Alleati.
Quando l’11 dicembre del 1941, il Duce annunziò pomposamente, la dichiarazione di guerra agli USA, dal famigerato balcone di Piazza Venezia, il giornalista Giovanni Ansaldo, direttore del “Tirreno”, che era presente, commentò: “Ma lo ha mai visto, il Duce, l’elenco telefonico di New York?”
(Per la cronaca, a N.Y. erano installati 1.702.000 apparecchi telefonici; circa 333.000 in tutta l’Italia; Stati Uniti = 21.679.000; ogni altro valore conseguiva).
Di fronte alla scontata resa incondizionata dell’Italia, una Amministrazione non autoritaria, non fortemente accentrata, militarista e fanatica, come era quella tedesca, avrebbe potuto recepire il segnale netto che non c’era più nulla da fare, la guerra era, senza ulteriori indugi, persa, e c’erano solo da trarre le debite conseguenze (quanti lutti e disastri sarebbero stati evitati!).
Tutt’al più avrebbe potuto riconoscere l’inevitabile sconfitta dell’Italia, e semmai trattare in via diplomatica, la situazione, anche sotto il profilo della “non belligeranza”, in attesa di determinazioni più confacenti al diverso contesto germanico, o altre soluzioni.
Invece venne privilegiata, proprio per quanto sopra detto, la vergognosa accusa all’Italia di TRADIMENTO.
Questo avrebbe assolto l’Amministrazione nazista, secondo i propositi hitleriani, dall’onta della sconfitta che, per quanto aborrita, era tuttavia da mettere in conto, nonché dall’accusa di aver provocato il disastro in cui, inevitabilmente (e realmente, come si è visto), nel caso considerato, sarebbe precipitata la Germania.
Conclusione becera e fraudolenta: “La Germania ha perso la guerra perché l’Italia ha tradito”.
Questo si voleva far passare ed è, in larga parte, riuscito, ma non del tutto, come nella storiografia, a mio avviso più attenta ed affidabile, riconosciuto.
La Germania nazista perse ROVINOSAMENTE la guerra sul fronte orientale, sulla potenza bellica americana, sulla resistenza britannica, sulle forti alleanze universali contro il progetto di un Mondo distopico (come quello descritto da Philip Dick nel romanzo “La svastica sul sole”), ma NON sulla voce spuria del “tradimento” dell’Italia.
Dobbiamo, infine, chiederci, perché, anche a voler considerare come autentici, o fatti passare come tali, attraverso condizionamenti vari, il disprezzo e l’odio degli ex alleati, verso gli Italiani, fu così tremenda e obbrobriosa la reazione e repressione dei Tedeschi, ben conosciuta e descritta in letteratura, nei testi di Storia, sulle lapidi dei luoghi di martirio, nelle rappresentazioni e nell’arte.
Qui bisogna considerare varie componenti:
1) Innanzitutto il modo approssimativo e sciatto con cui fu trattato dal Governo Italiano, un evento delicato e complesso come l’armistizio di Cassibile del 3 settembre 1943, divulgato l’8 settembre da un messaggio preregistrato, col Re in fuga, con tutto il seguito di Casa Savoia, per andarsi a rifugiare, ignobilmente, sotto l’ala protettiva degli Americani, l’intero Governo disperso, i vertici delle Forze Armate in gran parte spariti dalla circolazione; l’armistizio dei “senza”, come io lo definisco nel mio romanzo storico “Nola, cronaca dall’eccidio”:
senza condizioni, senza ordini, senza organizzazione, senza uno straccio d’idea sul da farsi, senza comunione d’intenti, senza previe intese internazionali, senza prospettive per il futuro, senza dignità e senza onore, come la Famiglia Reale, portabandiera di questi titoli distintivi, aveva già pienamente dimostrato col suo comportamento, lasciato a imperituro ricordo dei posteri.
2) La popolazione italiana, prevalentemente ignara di ciò che accadeva, e l’esercito, impreparato ai nuovi fatti e male informato, diedero inizialmente prova, in tal modo, di disorientamento e fragilità di iniziative e operatività; questo determinava maggiore decisione e incisività nell’operato di coloro che, ormai, erano da considerare “il nemico” e non avevano più freno.
Via via, le situazioni e gli episodi diventavano sempre più efferati e orrendi.
3) A tal proposito, non va dimenticata la facilità con cui gli Alti Gradi delle Forze Armate Italiane, tradivano i loro stessi soldati e il loro popolo, schierandosi dalla parte dei Tedeschi, per avere salva la vita, o vantaggi, moltiplicando, in tal modo, le rappresaglie e le immotivate esecuzioni di massa, e riducendo sempre più al lumicino, le possibilità di ribellarsi e contrattaccare; come dimostrano i clamorosi esempi dei generali Riccardo Pentimalli, comandante del XIX Corpo d’Armata, ed Ettore Del Tetto, comandante del Presidio militare di Napoli, che regalarono Napoli ai Tedeschi (che solo il popolo napoletano al completo di scugnizzi, accattoni e prostitute, attraverso le gloriose 4 giornate, dal 28 settembre al 1 ottobre ’43, riuscì a liberare) e vendettero Nola, in cambio della fuga, dando indicazioni ai reggimenti dell’Esercito Italiano, ivi acquartierati, di non reagire alle provocazioni dei Tedeschi, in quanto si sarebbero rivelate “innocue” (ma non furono gli unici, e c’è da dire che furono consegnati al disonore dei tempi, da Sfere ancora più alte che, in tal modo si chiamarono fuori da ogni corresponsabilità).
Molte volte mi sento chiedere: “ma come mai il 12° e il 48° reggimento di artiglieria, di stanza a Nola, sostanzialmente si arresero ai Tedeschi, senza neanche esplodere un colpo di pistola, tentare una difesa?”
Ecco, in quanto ho appena detto, negli ordini “velenosi”, ai quali (troppo) disciplinatamente avevano obbedito, è la risposta.
4) La malvagità e la brutalità delle “punizioni” inflitte agli Italiani, civili e militari, erano di per sé, attestazione di gravità e inaccettabilità del “tradimento” italiano e, automaticamente di VERITA’ dello stesso.
Certo, i tedeschi, compresi i nazisti, erano ritenuti un popolo di grande cultura e civiltà (a differenza dei fascisti che erano, notoriamente, dei buzzurri). Allora, perché mai avrebbero dovuto macchiarsi di veri e propri orrendi crimini, se non in risposta a qualcosa di altrettanto orrendo?
E questo, certamente, faceva il gioco di Hitler e del suo entourage.
5) Inoltre, a mio avviso, i Nazisti procedevano per esperimenti; e via via che gli “esperimenti” di sopraffazioni, esecuzioni, stragi, umiliazioni riuscivano, allargavano sempre più il campo (inutile fare qui un excursus dei numerosi episodi, da Cefalonia, alle Fosse Ardeatine, a Sant’Anna di Stazzema ecc.).
Sotto questo aspetto, è particolarmente significativo l’eccidio di Nola.
Esso fu, forse, dopo l’8 settembre, il primo atto di reazione violenta della Germania nazista, verso l’Italia, in assoluto, ma di sicuro, il primo di consistente rilievo, anche perché rivolto contro l’esercito italiano, una Istituzione, non una formazione irregolare o sbandata.
Questo esperimento fu, indubbiamente, riuscitissimo, non essendoci stata alcuna adeguata controffensiva; quindi diede il via libera ai successivi atti di ritorsione e vendetta.
Se ci fosse stata battaglia; se fossero caduti combattenti dall’una e dall’altra parte, sarebbe stato considerato, probabilmente, un esperimento “non riuscito”, e magari, non avrebbe avuto seguito, qualche testa di Comandante sarebbe caduta, e sul campo, anche se ci fosse stato qualche centinaio di morti tra i due eserciti contrapposti, ciò avrebbe potuto comportare, forse, la vita di migliaia di persone in divisa o in abiti civili, dopo.
6) Infine; e questa è poi la parte che, pur traducendosi in un fiume di sangue dagli argini spaventosamente distanti tra loro, ha significato la LIBERAZIONE dell’Italia dall’OPPRESSIONE FASCISTA: la RESISTENZA; giacché obiettivo degli Alleati era VINCERE la guerra, non certo SALVARE l’Italia. Questo poteva essere, per loro, solo un effetto collaterale; per quanto bisogna riconoscere che senza di loro, nulla sarebbe stato possibile, né la sconfitta dei NAZIFASCISTI, né la LIBERAZIONE dell’Italia. La vittoria della guerra era la condizione perché ogni altro traguardo di libertà e democrazia si raggiungesse; nulla poteva distogliere l’attenzione o pericolosamente condizionare l’attività militare e politica degli Alleati, nel perseguimento dell’obiettivo di sconfiggere il Terzo Reich.
Per i motivi detti, merito prioritario della liberazione dell’Italia, fu della Resistenza ARMATA, che dava supporto alle truppe alleate ed era svolta prevalentemente dai gruppi partigiani, ma anche da tutti coloro che imbracciavano le armi contro il nemico invasore; la Resistenza CIVILE, che era quella di coloro che aiutavano con cibo, vettovagliamento, nascondigli, quella dei Gino Bartali che, nella canna della bicicletta, portava i messaggi di salvezza; la Resistenza MORALE (o ideale), quella di tutti coloro che facevano il loro lavoro perché la vita quotidiana dei cittadini, si svolgesse in modo, il più possibile, normale, secondo solidarietà, amicizia, lealtà, ecc.; e in tale atteggiamento c’era già un contrasto rispetto alle imposizioni dei Tedeschi, che prevedevano il dominio e l’autorità su tutto. Bastava questo a provocare la morte, direttamente, o mediante esecuzioni-farsa.
Tale fu la strage di Nola, ed altri simili episodi; in una lunga catena, di difficilissimo percorrimento, grano per grano.
La RESISTENZA esplodeva, dopo anni di soggezione e repressione, a partire dalle squadracce della morte, il delitto Matteotti, le purghe, le torture, restrizioni, condanne al confino ecc. (come Hitler amava il popolo tedesco, fino al punto da decimarlo e immiserirlo per la propria effimera e nefasta gloria, anche Mussolini aveva nel cuore gli Italiani che si piegavano a lui, lo adulavano e obbedivano ai suoi ordini, incuranti di condurre il Paese allo sfacelo; gli altri erano meno di nulla, e, come tali, potevano subire qualsiasi sopruso); essa fu dirompente e fortissima, anche perché tale era la repressione nazista. In risposta, era altrettanto violenta e brutale la reazione, venendosi così a generare un circolo chiuso, dal quale solo con la definitiva sconfitta del Nazifascismo, si poteva uscire.
Chiudo queste mie meditate annotazioni, anche se sono aperto al confronto e al dibattito su di esse, riportandomi alle parole della lapide apposta nel cimitero di Casaglia, a ricordo delle stragi e barbarie di Sant’Anna di Stazzema e Marzabotto:
La nostra pietà per loro significhi che tutti gli uomini e le donne sappiano vigilare perché mai più il nazifascismo risorga
E prendo commiato auspicando, come è venuto fuori anche, nel corso della presentazione del documentario di cui alla locandina, dalle parole della Rappresentante della Ambasciata della Repubblica Federale Tedesca a Roma, Annette WALTER e del Ministro plenipotenziario degli Esteri, Carmine ROBUSTELLI, che il popolo tedesco e il popolo italiano, della Nuova Germania e della Nuova Italia, si trovino, per sempre, affratellati dalla lotta per affrancarsi dai due grandi obbrobri del XX° secolo, che hanno provocato grandi sofferenze e ignominie, il NAZISMO e il FASCISMO, affinché mai più abbiano il sopravvento; a tale scopo, che ogni pur trascurabile manifestazione di autoritarismo e razzismo, venga, possibilmente, stroncata sul nascere; e che ci sia, parimenti, FRATELLANZA tra tutti i popoli del nostro Pianeta, contro ogni forma di DITTATURA e di SOPRUSO.