Prendiamo una vettura a trazione posteriore, facciamola sbandare e, senza aver paura, controlliamola con il controsterzo e il gas dosato in modo da non finire in testacoda o far terminare il sovrasterzo. Facile a dirsi, molto più complicato a farsi, ecco che abbiamo scoperto il Drifting!
Nato in Giappone agli albori degli anni ’80, è figlio di un ex pilota motociclistico passato alle auto a causa di un grave incidente sulle due ruote. Sempre spettacolare, era poi diventato un beniamino del pubblico perché non si accontentava semplicemente di guidare la sua vettura, ma percorreva tutte le curve mettendola di traverso, in sovrasterzo, con grande soddisfazione di chi lo seguiva dalle tribune dei circuiti. Da lì l’intuizione che il drifting potesse splendere di luce propria e la nascita della specialità. Le prime gare, abusive, si svolsero per strada, poi si passò ai circuiti, dove il drifting si è imposto rapidamente per poi essere esportato prima negli Stati Uniti e poi, diffondendosi come un’epidemia, in tutta Europa. Una maggiore conoscenza presso il grande pubblico si deve, infine, alla serie di film “Fast & Furious”, che gli ha dedicato l’episodio “Tokyo drift”.
Negli States è ormai una specialità di grande successo dell’automobilismo, seguito in diretta dal principale canale televisivo sportivo, ESPN, perché coniuga sport e spettacolo in un mix appassionante e decisamente sopra le righe per chi è abituato all’automobilismo tradizionale. Siamo infatti abituati a vedere i piloti impegnati in pista a guidare “puliti”, senza un minimo di derapage, come vecchie signorine nel traffico cittadino. Beh, i piloti del drifting sono l’esatto opposto!
Sanno portare in derapata la propria vettura in piena velocità, per poi controllarla con sapienza, sterzo e gas nelle curve affrontate anche ad oltre 130 km/h, ai limiti delle leggi della fisica, ad un passo dal testacoda, con la parte posteriore che tenta inutilmente di avere la meglio sulle capacità di tenuta degli pneumatici e delle sospensioni. Uno spettacolo sempre condito da ruote fumanti mentre le vetture danzano tra una curva e l’altra, spesso con cambi repentini di direzione, rimanendo di traverso anche nei rettifili di collegamento.
Nelle gare si sfidano in sedici. Tutto ad eliminazione diretta come in un tabellone tennistico, dove le teste di serie sono i piloti che hanno realizzato le migliori prestazioni nelle prove di qualificazione. I confronti sono al calor bianco, con le due vetture che derapano affiancate, in mezzo al fumo, portiera contro portiera, nell’impossibilità regolamentare di toccarsi ma con l’obbligo di stare il più vicino possibile all’avversario del momento. Sì, perché per aggiudicarsi una sfida diretta bisogna intraversare prima dell’altro pilota, ad una maggiore velocità iniziale e media, con la maggiore inclinazione possibile rispetto al tracciato, con fluidità nei passaggi e con la maggiore quantità possibile di fumo dalle gomme. Tutti parametri registrati dalla telemetria installata a bordo delle vetture e giudicati soggettivamente da giudici di merito.
Una battaglia, un corpo a corpo su auto che sotto il cofano hanno spesso potenze pari o superiori ai 500 cavalli! Le più utilizzate in Italia sono le BMW M3 nelle varie declinazioni e con elaborazioni spesso molto importanti ad incrementare le potenze racchiuse nel cofano motore. Ma non mancano le giapponesi, più complicate da gestire, ma molto appaganti dal punto di vista estetico.
Tutte queste chiacchiere sul drifting perché il principale campionato tricolore, il Super Drift Challenge, mi ha dato l’occasione di vedere all’opera i piloti di questa specialità. Un gruppo di “pazzi” in grado di fare numeri esaltanti, dando spettacolo a bordo di vetture dall’estetica e dal rombo trascinante. Qualcosa che va al di là dell’automobilismo e si regge sul sottile filo che separa la competizione dallo spettacolo puro così come la guida si regge su di un equilibrio instabile fortemente ricercato e poi gestito con maestria dalla gran parte degli interpreti.
Le due gare cui ho assistito mi hanno fatto scoprire un mondo competitivo ma pulito, senza gli eccessi cui siamo ormai abituati nell’automobilismo tradizionale, dove regna un’armonia che mi ha dato l’impressione vada al di là della facciata. Belle sensazioni…
Sul Circuito del Sele, Simone Pagani ha vinto entrambe le gare disputate, una in notturna, spettacolo nello spettacolo. Il varesino, già campione del Super Drift negli ultimi tre anni, e la sua mostruosa BMW M3 turbo da 700 cavalli hanno strappato applausi al numeroso pubblico presente, così come hanno fatto a vario titolo gli altri protagonisti della due giorni vissuta tutta di traverso nella piana del fiume Sele.
Concludo con una nota campanilistica, permettetemelo. A mettersi in luce anche tre piloti campani, anzi napoletani, Di Fiore, Pellegrino e Scarano, che al volante di vetture preparate nel salernitano dalla De Prisco racing, hanno colto anche un podio con Pasquale Di Fiore.