Per due sere di seguito la Rai ha avuto uno scatto di orgoglio: ha trasmesso una bella fiction per ricordare Don Giuseppe Diana ucciso dalla camorra a Casal di Principe 20 anni fa.
La fiction era ben fatta, anche se non si è capito perché compariva una scritta alla fine che diceva “liberamente tratta” che onestamente sembrava piuttosto inutile.
La storia di don Peppino è quella, interpretata magistralmente da Preziosi nella parte del Parroco anticamorra. Le efferatezze commesse dalla camorra in quella zona sono quelle e quello è lo spirito di don Peppino che voleva sottrarre la gioventù del borgo a un destino che era considerato invitabile.
Se non è più così, molto merito lo hanno gente come don Diana o il giornalista Siani o don Puglisi in Sicilia, e tanti altri che tutti conosciamo o che dovremmo conoscere.
Chi erano gli eroi?
A costoro non sarebbe piaciuto essere definiti eroi ma di fatto lo sono stati e lo sono perché se tu lotti contro un mostro, sapendo delle scarse possibilità di successo sei di fatto un eroe.
Qui però non si vuole ricordare la figura di don Peppino che è ben viva nel pensiero dei suoi concittadini e dei giovani che lui ha allevato alla legalità ma anche nella memoria di chi lo ha martirizzato, martirizzando quel territorio portandovi la famosa “monnezza” dal Nord Italia che ancora oggi fa danni incalcolabili.
La riflessione che voglio fare invece riguarda il mio essere campano, proveniente da quella terra che viene descritta nella fiction.
In effetti è vero in Campania, come in Sicilia, come in Puglia e come in Calabria, esistono maggioranze schiave o ostaggio di minoranze malavitose per cui l’identificazione dei locali con queste organizzazioni è certamente impropria.
Ma resta, a mio avviso, la vergogna di essere campano, come nel mio caso.
Come abbiamo potuto ridurci così dopo essere stati il luogo migliore di questa nazione?
Come ci hanno ridotto così e come facciamo a non vergognarci?
Ecco il punto è proprio questo: la vergogna.
Per anni abbiamo subito una cultura che partendo dal paese del sole, dal basta ca’ ce sta o’ mare, funniculì funniculà, ci ha propinato poi i cantanti neomelodici della camorra.
La domanda ora è quella che pose Edoardo De Filippo cosa possiamo fare contro il degrado. La risposta fu fuitevenne (andatevene).
Chi aveva ragione don Diana o De Filippo?
Non posso rispondere.
Posso dire però che questo schifo, droga, rifiuti tossici, delinquenza, pizzo, in quanto campano purtroppo è anche mio.
E allora quello che posso fare è vergognarmi.
Forse non serve o forse no: ma se ci vergogniamo tutti, anche quelli che consapevolmente, hanno riempito la terra dei fuochi di rifiuti tossici e altro, questa storia finirà perché “non è più tempo di tacere, dobbiamo liberare il nostro futuro”.