L’immersione in un universo immenso ed insondabile, la tremenda e incontrollabile potenza della natura, l’incertezza del domani: tutti elementi che, da sempre, provocano nell’uomo un senso di sgomento e di paura, di limitatezza, di incapacità, di impotenza: un senso di insicurezza che può spingere verso la divinazione e la magia.
Ora, con la magia si cerca di modificare una realtà esterna piegandola a proprio favore; si ha l’intento di influenzare gli eventi naturali e no, le “potenze” che operano dietro le quinte; l’intento di spingere perché le cose vadano nel senso desiderato. Con la divinazione, invece, si cerca di conoscere il futuro, di sapere “come andrà a finire”, di prevedere per poter provvedere. Si considera, in genere, che la divinazione abbia avuto origine dalla magia “simpatica”, fondata sul principio analogico per il quale il simile deriva dal simile (così che, da un fatto, si può stabilire per analogia che da esso deriveranno certi effetti) o sul principio secondo il quale la parte sta per il tutto (di modo che, esaminando la parte, si può arrivare a conoscere il tutto).
Al limite, tutto può essere – ed è – mezzo di divinazione, di previsione: persone, cose, animali, piante, avvenimenti, atteggiamenti, riti. Non si prevedeva forse il futuro, nell’antichità, esaminando il volo degli uccelli, i fenomeni meteorologici, le viscere degli animali? E chi non conosce la chiromanzia, la cartomanzia, l’astrologia, la “lettura” dei fondi di caffè?
L’uso divinatorio dell’astrologia consiste soprattutto nel prendere in considerazione gli spostamenti dei pianeti con riferimento al tema di nascita o tema radicale (cioè la situazione celeste al momento della nascita di un individuo). E’, questo, il sistema detto dei transiti. I pianeti, come si sa, si muovono, percorrono ininterrottamente la fascia zodiacale. E allora, considerando il tema di nascita come una situazione fissa, avremo che i pianeti si spostano con riferimento ad essa e, nel loro moto, “toccano” i pianeti “di nascita”, formano aspetti con essi, entrano nelle Case del tema radicale; e tutto questo ha un significato, è interpretabile in termini di previsione. Gli spostamenti in questione, che comportano rapporti con i pianeti di nascita, l’entrata e uscita in Segni e Case, si ritengono significativi dal punto di vista dell’individuazione di particolari “climi” più o meno favorevoli ai vari tipi di eventi umani. Sempre a fini previsionali l’astrologia si avvale delle rivoluzioni solari e lunari, annuali e mensili, nonché delle direzioni primarie, secondarie, simboliche. Si chiama tema di rivoluzione solare annuale il tema costruito per il momento in cui il Sole torna, un certo anno, sul medesimo punto zodiacale in cui era al momento della nascita di un determinato soggetto; quando si trova, cioè, alla medesima longitudine della nascita. Questa carta celeste, confrontata con quella di nascita, offre il “clima” dell’anno, cioè del periodo di tempo che va dal compleanno per il quale è stata eretta a quello successivo. Quanto al metodo delle direzioni, esso consiste nel dirigere un punto zodiacale (ascendente, medio cielo, posizione di un qualche pianeta) verso un altro punto che viene dopo nell’ordine dei segni zodiacali. Dato che la distanza che separa i due punti può essere calcolata in tempo, si possono individuare i periodi in cui in certo evento può o meno verificarsi.
Quello divinatorio, peraltro, è solo uno dei possibili usi dell’astrologia e, tutto sommato , neppure il più nobile. Inoltre va tenuto presente che, in linea di principio, con l’astrologia non si individuano tanto fatti precisi, quanto, come dicevamo poco sopra, particolari “atmosfere” che possono o meno essere favorevoli a certe questioni. E così, l’astrologo serio non dirà mai che il tale, il prossimo 7 giugno, vincerà alla lotteria, bensì che, nella prima decina di giugno il clima astrale è tale da favorire i facili guadagni.
Va infine ricordato come il fatto che le tecniche divinatorie, chiamate anche mantiche o manzìe, siano tanto numerose, porti a pensare che esse non valgano tanto di per sé, quanto come mezzi maieutici per tirar meglio fuori dall’operatore qualcosa che egli, in maniera “sottile”, riesce a percepire.