Giovedì 28 febbraio alle ore 20 Papa Benedetto XVI non ci sarà più, lo ha annunciato personalmente in latino lunedì 11 febbraio durante il concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto. Così il 28 febbraio non avremo un Papa, non avremo ancora (o forse sì) un capo del Governo e persino il Presidente della Repubblica sarà sul punto di lasciare.
Nessun punto fermo, solo quello della Quaresima, periodo di digiuno astinenza e conversione, intesa proprio come cambiamento drastico, come inversione della rotta che si sta tenendo.
E la speranza è proprio quella di vivere un grande cambiamento, a partire da quelle “divisioni ecclesiali che deturpano la Chiesa” come ha detto Benedetto XVI ai parroci di Roma giovedì 14 febbraio. Quelle divisioni che in questi sette anni lo hanno probabilmente lacerato e lo hanno portato alla scelta dirompente delle dimissioni.
Papa Ratzinger non passerà mai alla storia come un Papa conservatore, ma come un grande teologo, un grande filosofo del pensiero cattolico la cui unica colpa rimarrà solo quella di non aver saputo scegliere bene i suoi collaboratori e di non essere stato abbastanza giovane ed energico per gestire i forti contrasti interni alla Curia.
Una scelta coraggiosa
Della portata di questa scelta se ne è parlato a lungo e tanto ancora se ne parlerà. Si è parlato del precedente di Celestino V, di “colui che fece per viltade il gran rifiuto” e per questo posto da Dante nell’Antiferno dove sono puniti gli ignavi, coloro che vissero “sanza ‘nfamia e sanza lodo”, dopo aver attraversato la porta dell’Inferno e aver pronunciato le famose “Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente”.
Così come si è parlato del segno premonitore e di quando Benedetto XVI nell’aprile del 2009 in visita a L’Aquila sconvolta dal terremoto, pregò davanti alla tomba di Celestino V lasciandoci sopra il suo pallio.
Il gesto di Papa Ratzinger verrà comunque ricordato a lungo perché resterà come monito perenne nei confronti di una Chiesa lacerata dalle divisioni interne e incapace di rinnovarsi: un Papa può anche dimettersi se vecchio e stanco, ma la Chiesa dovrà reagire e rispondere a questo messaggio di rinnovamento e il conclave potrebbe eleggere un Papa energico, in grado di guidare la barca di Pietro nella giusta direzione e, se necessario, di far scendere le zavorre.
Un gesto quindi dirompente, che ha spiazzato soprattutto tutti coloro che erano critici nei suoi confronti, che lo hanno ritenuto in questi ultimi sette anni e dieci mesi un Papa conservatore.
Un gesto d’amore, come ha affermato lui stesso, nei confronti della sua Chiesa, che chiude un anello di fede se unito alla sua prima enciclica: “Deus Caritas est”, Dio è amore.
Le nomine allo Ior
Una Chiesa corrotta, sconquassata dagli scandali e una Curia divisa. Nelle divisioni interne ha giocato un ruolo centrale la vicenda legata all’Istituto per le Opere di Religione.
Meglio conosciuta come Banca Vaticana, lo Ior è un’istituto privato creato durante la II guerra mondiale da papa Pio XII (1942) e non è la banca centrale della Santa Sede (che è invece l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, Apsa); il suo scopo è “provvedere alla custodia e all’amministrazione dei beni mobili e immobili trasferiti o affidati allo Ior medesimo da persone fisiche o giuridiche e destinati a opere di religione e carità”, può accettare beni con la destinazione parziale e futura appunto di opere di religione e carità. Ha un direttore generale che risponde ad un Consiglio di amministrazione composto da cinque cardinali nominati dal papa e che a lui rispondono, che rimane in carica per cinque anni con lo scopo di vigilare sulla fedeltà dell’istituto agli obblighi statutari.
Per l’Istituto lavorano 130 dipendenti e conta circa 44 mila conti correnti riservati a dipendenti vaticani, ecclesiastici e ad una ristretta quantità di enti privati. Il patrimonio stimato è di oltre 6 miliardi di euro. È gestito da professionisti bancari e guidato da un presidente che non deve essere necessariamente un consacrato o un religioso. I bilanci e tutti movimenti sono noti solo ed esclusivamente al Papa, al collegio dei Cardinali, al Prelato dell’istituto, al Consiglio di sovrintendenza, alla Direzione generale e ai revisori dei conti.
Tanti gli scandali nel corso degli ultimi decenni legati allo Ior, dall’Affare Sindona al crac del Banco Ambrosiano, passando per il caso Fiorani, al caso Anemone e al G8 della Maddalena. Recentemente le polemiche si sono incentrate sulla legge antiriciclaggio che lo Stato Vaticano non ha recepito, nonostante la comunicazione di Benedetto XVI a dicembre del 2010. Una riforma, quella delle finanze vaticane che ha evidenziato appunto forti contrasti all’interno della Curia.
Un anno fa, infine, la fuga di documenti riservati riguardanti i rapporti all’interno e all’esterno della Santa sede hanno riportato alcune irregolarità nella gestione finanziaria dello Stato e nell’applicazione delle normative antiriciclaggio. Il 24 maggio 2012 il presidente Ettore Gotti Tedeschi “è stato dimissionato”, nel senso che sfiduciato dal Consiglio, ha presentato le sue dimissioni. Per oltre otto mesi, poi, lo Ior è rimasto senza vertici.
Attualmente il Consiglio di sovrintendenza è composto da Carl A. Anderson (Ordine dei Cavalieri di Colombo, USA), Antonio Maria Marocco (notaio), Ronaldo Hermann Smitz, Manuel Soto Serrano, mentre il direttore è Paolo Cipriani e il vice direttore Massimo Tulli.
La commissione Cardinalizia di vigilanza è composta dal Segretario di Stato Tarcisio Bertone, Telesphore Placidus Toppo, Odilo Pewdro Scherer. Della commissione, fanno parte anche Attilio Nicora e Jean-Louis Tauran, che misero in discussione le modalità di “dimissionamento” del Presidente Gotti Tedeschi e che si vocifera potrebbero essere sostituiti con altri due porporati.
Le dimissioni del Papa avevano fatto intendere, almeno fino a giovedì 14 febbraio, che la nomina del presidente sarebbe arrivata dopo l’elezione del nuovo Pontefice; poi invece l’improvvisa accelerazione del segretario di Stato Bertone.
Venerdì 15, dopo le indiscrezioni del giorno prima che davano presidente il banchiere belga Bernard De Corte, è arrivata la comunicazione: Ernest Von Freyberg (dell’Ordine dei Cavalieri di Malta) è il nuovo presidente dello Ior, una decisione sulla quale “Il Papa ha espresso il suo pieno consenso alla decisione della Commissione cardinalizia”. Il comunicato della Santa Sede ha inoltre aggiunto che gli altri quattro membri del Consiglio di Sovrintendenza (per intenderci i laici) manterranno il loro incarico, mentre per quanto riguarda la commissione Cardinalizia, questa potrebbe subire variazioni. Potrebbero allora arrivare le sostituzioni di Nicora e Tauran con Leonardo Sandri e Domenico Calcagno (Apsa).
Le motivazioni di questa accelerazione risiederebbero nella necessità di arrivare al più presto ad una soluzione del caso Ior, che avrebbe potuto subire una battuta d’arresto di diversi mesi se si fosse aspettato il nuovo Pontefice. Per i maligni, invece, il segretario di Stato avrebbe voluto mettere voce in capitolo sulla questione prima di rimanerne definitivamente fuori.
Gli errori di grammatica
Una curiosità: girava voce che la declaratio del Papa contenesse errori grammaticali. In allegato il testo originale, scaricato dal sito della Santa Sede, non risulta esserci una ecclesiae vitae ma il testo corretto, Ecclesiae vita, e non c’è una hora 29 ma correttamente hora 20. Le cose sono due: o hanno corretto in tempo, oppure c’è stato un errore nella trascrizione da parte di altri. Verificare per credere.
Chi celebrerà a Pasqua?
Si è già aperto il toto nomine, ma si sa che chi entra Papa esce cardinale. Motivo per il quale ci asteniamo dal fornire qualsiasi indicazione che ci evita il gusto di poter dire l’avevamo detto.
Sarà un Papa innovatore, giovane, nero, sarà tutte e tre le cose insieme o forse no, sarà un Papa “tecnico” o di transizione, nessuno al momento può dirlo, resta il fatto che dovrà essere eletto prima della settimana Santa. Se questo non dovesse accadere, il diritto prevede sempre una soluzione: spetterebbe al Camerlengo (cardinale Tarcisio Bertone) celebrare i riti.
Certo è che nessuno auspica una situazione simile, non per antipatia nei confronti del Camerlengo, ma perché il Conclave, essendo previsto per la metà di marzo, dovrebbe trovare davvero tante difficoltà per non arrivare in due settimane alla nomina del nuovo Pontefice.
Momenti di grandi cambiamenti, di digiuno, astinenza (dal male, dalle tentazioni, dalla corruzione) e di conversione (abbandoniamo le strade sbagliate). La speranza è che la Chiesa e il mondo sappiano affrontare e cogliere l’occasione.