ROMA. Sono state confermate in via definitiva le condanne per falso aggravato inflitte agli alti funzionari di polizia coinvolti nei fatti di violenza avvenuti alla scuola Diaz di Genova, il 21 luglio 2001. Lo ha deciso la quinta sezione penale della Cassazione, confermando la condanna a 4 anni inflitta a Giovanni Luperi e Francesco Gratteri, quella a 5 anni per Vincenzo Canterini, nonché le pene, pari a 3 anni e 8 mesi, inflitte a Gilberto Caldarozzi, Filippo Ferri, Fabio Ciccimarra, Nando Dominici, Spartaco Mortola, Carlo Di Sarro, Massimo Mazzoni, Renzo Cerchi, Davide Di Novi e Massimiliano Di Bernardini. Prescritti, invece, i reati di lesioni gravi contestati a nove agenti appartenenti al settimo nucleo speciale della Mobile all’epoca dei fatti. La sentenza della Suprema corte conferma sostanzialmente l’impianto accusatorio già convalidato dai giudici d’appello di Genova, nonostante le prescrizioni del reato di lesioni gravi, a 11 anni dai fatti. Tra gli alti funzionari condannati spiccano i nomi di Giovanni Luperi, all’epoca vicedirettore dell’Ucigos, oggi capo sezione analisi dell’Aisi, di Francesco Gratteri (ex direttore dello Sco e attuale capo della direzione centrale anticrimine) e di Gilberto Caldarozzi, nel 2001 vicedirettore dello Sco e attuale direttore del servizio centrale operativo. Condanne definitive anche per il capo della squadra mobile di Firenze, Filippo Ferri (allora capo squadra mobile di La Spezia), per Fabio Ciccimarra, all’epoca commissario capo di Napoli e oggi capo della Mobile de L’Aquila, per Nando Dominici (allora capo Mobile di Genova), per Spartaco Mortola (ex capo Digos di Genova, oggi alla guida della Polfer di Torino).
La condanna per falso aggravato è definitiva anche per Carlo Di Sarro (ex vice capo Digos Genova), Massimo Mazzoni (all’epoca ispettore capo dello Sco), Renzo Cerchi (sovrintendente Sco), Davide Di Novi (ispettore superiore Sco), Massimiliano Di Bernardini (all’epoca vice questore della mobile di Roma). Per l’ex comandante del settimo nucleo speciale mobile Vincenzo Canterini, che oggi è andato in pensione, la condanna a 5 anni dovrà essere ridotta, per la dichiarata prescrizione del reato di lesioni, mantenendo ferma la contestazione del falso. Il non doversi procedere per l’intervenuta prescrizione del reato di lesioni gravi riguarda gli allora capi squadra del settimo nucleo speciale mobile, Fabrizio Basili, Ciro Tucci, Carlo Lucaroni, Emiliano Zaccaria, Angelo Cenni, Fabrizio Ledoti, Pietro Stranieri e Vincenzo Compagnone. Per gli agenti del settimo nucleo speciale della mobile Massimo Nucera e Maurizio Panzieri la pena è stata rideterminata in 3 anni e 5 mesi (a fronte di quella a 3 anni e 8 mesi inflitta loro in appello). Rigettato il ricorso dell’agente Salvatore Gava, condannato a 3 anni e 8 mesi, e quello di Pietro Troiani, (3 anni e 9 mesi per detenzione di armi da guerra, ossia le molotov fatte ritrovare nella scuola).
Una sentenza, quella della Cassazione, a suo modo storica, che mette la parola fine (almeno dal punto di vista giudiziario) a una vicenda durata undici anni e segnata da infinite polemiche. Ma anche una sentenza che propone tutta una serie di problemi alla “macchina” della Polizia, che di fatto vede azzerati parte dei suoi vertici investigativi. “Il ministero dell’Interno ottempererà a quanto disposto dalla Suprema Corte”, assicura il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri. Ma questo, di fatto vuol dire, che lasceranno i loro posti Giovanni Luperi, ex vicedirettore dell’Ucigos ed attuale capo sezione analisi dell’Aisi, i servizi segreti interni; Francesco Gratteri, capo della Direzione centrale anticrimine; Gilberto Caldarozzi, direttore dello Sco, il Servizio centrale operativo; e con loro i dirigenti di alcune importanti squadre mobili e di altri uffici territoriali.
Nomi di spicco, divenuti familiari alle cronache, per successi investigativi anche recenti come l’identificazione e l’arresto dell’autore dell’attentato all’istituto Morvillo Falcone di Brindisi. Negli anni precedenti, prima e dopo la “macelleria messicana” di quella notte sventurata, diversi di loro hanno infilato nel loro ‘cursus honorum’ straordinari risultati nella lotta alla malavita, al terrorismo ma soprattutto alle mafie, con una lunga fila di grandi latitanti assicurati alla giustizia, primo tra tutti Bernardo Provenzano. Ora che, con la condanna, è arrivata anche la conferma dell’interdizione dei pubblici uffici, aspettano di conoscere il proprio destino. Nella consapevolezza, ribadita dal capo della Polizia, Antonio Manganelli, che l’istituzione non può che accogliere la sentenza della magistratura “con il massimo dovuto rispetto”.