Il decreto legge “Fallimenti”, approvato ieri dalla Camera dei deputati con il ricorso da parte del governo al voto di fiducia, contiene una articolo che rischia di vanificare gli importanti passi avanti compiuti con l’implementazione del Processo civile telematico.
Si tratta della disposizione che dà al Ministero della Giustizia la possibilità di regolamentare la cosiddetta “copia di cortesia” cartacea del Processo civile telematico. In questo modo, denuncia Aiga, si rischia di tornare all’era della carta, creando un inutile doppio binario telematico e cartaceo.
«Da chi provengono le sollecitazioni che hanno portato ad introdurre nel decreto Fallimenti questa norma? – si chiede Nicoletta Giorgi, presidente nazionale dell’associazione dei giovani avvocati Aiga – Se non sarà gestita in maniera oculata, la “copia di cortesia” ci farà fare passi indietro, tornando di fatto alla prevalenza della carta. Tutto ciò avviene mentre il ministro della giustizia Andrea Orlando interviene nei convegni in tutta Europa rivendicando a ragione il valore di questa riforma come primo esperimento riuscito di telematizzazione del processo civile. Che valore hanno queste dichiarazioni alla luce del passo indietro che potrebbe derivare concretamente dall’apertura alla “copia di cortesia”?».
Collaboratori precari
Offrire le giuste tutele ai collaboratori di studio, dipendenti di fatto di uno studio legale al quale tuttavia non sono formalmente legati da alcun tipo di contratto. Una delle battaglie sostenute con convinzione da Aiga trova finalmente ascolto anche da parte del Consiglio nazionale forense. Nel corso dell’incontro di ieri tra Cnf, Oua e associazioni forensi, il presidente Andrea Mascherin ha aperto alle proposte di Aiga per un’autoregolamentazione del fenomeno.
«Apprezziamo che il presidente Mascherin e tutto il Cnf abbiano accolto le richieste di Aiga perché l’avvocatura autoregolamenti le posizioni di lavoro para subordinato negli studi legali – spiega la presidente dell’Associazione italiana giovani avvocati Nicoletta Giorgi –. Da tempo evidenziamo la forte portata del fenomeno: l’80% dei collaboratori di studio oggi non ha alcun contratto, pur lavorando nella maggior parte dei casi per un unico studio legale, fino a 10 ore al giorno». L’associazione raccoglie l’invito a coinvolgere altre componenti dell’avvocatura: «Siamo pronti a collaborare con l’Associazione dei giuslavoristi italiani e con Cassa forense – continua Giorgi – per definire nel dettaglio le forme del contratto del collaboratore di studio, nonché i relativi profili previdenziali».
Una recente indagine di Aiga su tutto il territorio nazionale aveva tracciato un identikit dei collaboratori di studio, svelando un rapporto di “cripto-dipendenza” senza le tutele di alcun contratto. In 4 casi su 5, infatti, il rapporto tra il collaboratore fisso e lo studio per il quale lavora non è normato da alcun tipo di contratto (79,7% dei casi), un dato che sembra confliggere con la presenza di una corresponsione di compenso che, sia fissa (49,4%) o variabile (27%) caratterizza oltre il 76% dei rapporti di collaborazione presi in esame.
Corso cassazionisti: verso la segnalazione all’Antitrust. Rispetto all’incontro convocato ieri dal Cnf con i rappresentanti dell’Oua e delle associazioni forensi, sottolinea Giorgi, «non è ancora uscito chiaramente con quale metodo il Cnf concretizzeràla dichiarata volontà di concertazione con le associazioni: non possiamo certo pensare che si tratti di un fatto solo formale». Riguardo al corso per cassazionisti, per Aiga la modifica apportata dal Consiglio al regolamento, relativa alla possibilità di far scegliere al candidato una parte delle materie del test selettivo. «Questo è un intervento ancora poco risolutivo – rimarca la presidente di Aiga – soprattutto riguardo alla partecipazione ai corsi, che si tengono a Roma e in poche sedi di corte d’Appello: sarà quantomeno necessaria l’introduzione della formazione in videoconferenza. Nel complesso rimane la nostra valutazione negativa sul regolamento e per questo resta la nostra intenzione di segnalarlo all’Antitrust, come preannunciato nella lettera inviata al presidente Mascherin il 20 maggio scorso».