“Io dico che l’uomo è Uomo quando non è testardo. Quando capisce che è venuto il momento di fare marcia indietro, e la fa. Quando riconosce un errore commesso e se ne assume le responsabilità, paga le conseguenze, e cerca scusa. Quando riconosce la superiorità di un altro uomo e ce lo dice. Quando amministra e valorizza nella stessa misura tanto il suo coraggio quanto la sua paura!”
Queste parole, di Eduardo De Filippo, certo non si addicono al sindaco di Napoli De Magistris che, condannato dalla Magistratura, in ottemperanza alla legge Severino, deve essere sospeso dalla carica e andarsene in silenzio. Invece che fa l’ex piemme? Grida al complotto, inveisce contro quella Magistratura di cui egli stesso faceva parte, parla, buon ultimo, di giustizia a orologeria, di sentenza politica. E pensare che, quando era stato eletto Sindaco, tutti speravamo nel cambiamento non solo della città di Napoli, ma anche del Paese. De Magistris era il nuovo. Era il rappresentante della società civile che si impegna nella politicaper il bene comune. Era quello onesto, pulito, sincero. E invece ha deluso tutti. Non per la condanna, che potrà anche essere ingiusta, frutto della sconfitta subita da De Magistris nei confronti di quegli uomini potenti come Mastella che l’hanno ancora una volta avuta vinta.
Non perché si sia mostrato disonesto o ladro. La sentenza inflitta riguarda l’abuso d’ufficio. Non perché sia entrato nel novero dei politici corrotti. Ma perché anche lui, come tutti gli altri, si è macchiato del peggiore dei vizi italici: il corporativismo! Da Magistrato avrebbe riso di un sindaco che, condannato, urlava al complotto. Da Piemme lo avrebbe perseguito. Ma ora che egli stesso è Sindaco, ora che la condanna riguarda lui, “non riconosce l’errore commesso, non se ne assume le responsabilità e non cerca scusa”, tanto per parafrasare Eduardo. E dispiace davvero che anche De Magistris, ormai, vada ad ingrossare la già fin troppo folta schiera di quelli che il buon De Filippo, avrebbe definito n’omme ‘e niente!