“Il pacchetto di misure contenute nella delega sulla riforma del processo civile, al netto di alcuni aspetti positivi, suscita qualche perplessità. Se si ritiene che tre gradi di giudizio siano un lusso che il Paese non si può permettere, si abbia il coraggio di dirlo chiaramente e di assumersene la responsabilità politica. Diversamente, non si cerchi di mascherare l’obbiettivo “depotenziamento” del processo: i cittadini non capirebbero.”
Lo dichiara il segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense Ester Perifano.
“Intanto – continua Perifano – quello che non convince completamente è il sistema disegnato per il primo grado di giudizio, perché sebbene siano largamente condivisibili le misure che anticipano il deposito delle memorie ad epoca antecedente la prima udienza effettiva, con il giusto obbiettivo di diminuire i tempi, è assolutamente indispensabile che si tratti di tempi certi, non connotati da eccessiva discrezionalità e che non si risolvano in un eccesso di dirigismo che porterebbe, invece, ad una loro ingiustificata dilatazione. Diversamente si rischia di rallentare il processo, invece di accelerarlo.
E’ una parte del progetto che andrà sicuramente ritoccato, perché non si riveli un boomerang e sia conforme al dettato che proviene da Strasburgo. Il rito d’appello, poi, è già ora una sorta di “anatra zoppa” dopo la recente riforma che lo ha interessato, di fatto già depotenziandolo. E’ dunque superfluo ritoccarlo e chiudere, come propone il progetto, in maniera più stringente alle nuove domande, eccezioni e prove”.
“Le scelte in materia di diritto di famiglia – aggiunge Perifano – non appaiono chiare, e comunque sembrano riproporre schemi che, nel sistema attuale, non hanno dato certo buona prova . Occorre maggiore incisività, e soprattutto la valorizzazione della sede circondariale.
E’ astrattamente condivisibile, invece, un rafforzamento del Tribunale delle imprese, ma assegnare alla sua competenza anche controversie che, per loro natura, necessitano di una giustizia di prossimità, come ad esempio le controversie societarie, anche quelle di persone, ovvero le società della porta accanto, significa allontanare la giustizia dal cittadino, visto che i giudizi verrebbero accentrati nelle limitate sedi dei Tribunali delle imprese oggi esistenti. Qualche sforzo ulteriore, poi, va fatto per meglio adeguare il progetto alla realtà del PCT, una scommessa che ha ottime probabilità di essere vinta, e ciò grazie al fattivo e competente contributo dell’avvocatura in tutte le sue articolazioni e rappresentanze”.
“Il pacchetto di misure è dunque uno sforzo apprezzabile e condivisibile, che ci auguriamo possa rapidamente giungere a conclusione. Ma ci auguriamo anche che il Parlamento, nell’esame del ddl delega, sappia cogliere i suggerimenti costruttivi che provengono da chi il processo lo applica ogni giorno nelle aule dei Tribunali : ovvero avvocati e magistrati. Riformare il processo civile senza di loro, o addirittura contro di loro, significa mettere una seria ipoteca sulle possibilità di riuscita”- conclude Perifano.