Nonostante l’appello lanciato nei giorni scorsi dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura, da ultimo il comunicato dell’11 febbraio 2016 con il quale si denunciava l’arbitrario inserimento nel testo del DDL competitività di emendamenti peggiorativi rispetto al testo approvato alla Camera dei Deputati, non finiscono i colpi di mano a danno dei cittadini. Questa la dura presa di posizione deI Presidente dell’Oua Mirella Casiello, e del coordinatore e del segretario della Commissione Responsabilità Civile Oua, Angelo Massimo Perrini e Marco Montozzi, che sottolineano in una nota, come, “nella seduta dell’8 marzo 2016 siano stati approvati in X Commissione al Senato due emendamenti che stravolgono i principi del processo civile, creando un curioso rito assicurativo, cadenzato da preclusioni incostituzionali a carico dei danneggiati che intendono agire in giudizio nei confronti delle imprese assicurative”.
Nella nota si evidenzia come una “norma presentata come moralizzatrice si rivela invece una trappola per i danneggiati. L’assicurato infatti, privo di informazioni specifiche e di assistenza tecnica, qualora in sede di denuncia di sinistro, fatta magari telefonicamente a qualche call center delocalizzato piuttosto che davanti a personale amministrativo di agenzia, che non provveda a indicare ‘eventuali testimoni sul luogo di accadimento dell’incidente’ decadrà dal diritto previsto dal codice di procedura civile di indicare i testimoni nei termini di legge.
Si tratta di norma stravagante e anticostituzionale – continuano – di una preclusione ante causam che pone limitazioni a carico di una sola delle parti, solo in relazione alla materia dei sinistri stradali, contraria al codice di procedura civile ed alle più generali norme di rango costituzionale che tutelano il giusto processo”.
Questo il passaggio del ddl interessato:
«3-bis. In caso di sinistri con soli danni a cose, l’identificazione di eventuali testimoni sul luogo di accadimento dell’incidente deve risultare dalla denuncia di sinistro o comunque dal primo atto formale del danneggiato nei confronti dell’impresa o, in mancanza, deve essere richiesta dall’impresa assicurativa con espresso avviso all’assicurato delle conseguenze processuali della mancata risposta. In quest’ultimo caso, l’impresa di assicurazione deve effettuare la richiesta di indicazione dei testimoni con raccomandata con avviso di ricevimento entro il termine di sessanta giorni dalla denuncia del sinistro e la parte che riceve tale richiesta effettua la comunicazione dei testimoni, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della richiesta. L’impresa di assicurazione deve procedere a sua volta all’individuazione e alla comunicazione di eventuali ulteriori testimoni entro il termine di sessanta giorni. Fatte salve le risultanze contenute in verbali delle autorità di polizia intervenute sul luogo dell’incidente, l’identificazione dei testimoni avvenuta in un momento successivo comporta l’inammissibilità della prova testimoniale addotta».
“Ma v’è di più – proseguono – nella medesima seduta, stravolgendo il testo dell’art. 148 CDA è stata introdotta un’inedita improcedibilità della domanda per “sospetto” di frode, sulla base di autonome valutazioni discrezionali dell’assicuratore. Vale a dire che è stato dato potere all’assicuratore, una parte privata senza rilievo pubblicistico, di poter impedire al danneggiato di fargli causa per altri sessanta giorni. Infatti, tale termine si aggiunge ad analogo termine che era già previsto dalle norme generali (art. 145 CDA). Prima l’assicuratore aveva il potere di non proporre l’offerta risarcitoria ma sotto controllo dell’Ivass. Ora, abolendo pure il controllo dell’Istituto di Vigilanza, si impedisce addirittura l’esercizio di una facoltà costituzionalmente garantita, favorendo atteggiamenti dilatori. Anche in questo caso appare superfluo rammentare al legislatore gli articoli 3 e 24 della Costituzione”.
Ecco l’altro emendamento: «10.8 (testo 2) Dopo il comma 1, inserire il seguente: «1-bis. Il quinto periodo del comma 2-bis, dell’articolo 148 del codice delle assicurazioni, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, è sostituito dal seguente: ”Nei predetti casi, l’azione in giudizio prevista dall’articolo 145 è proponibile solo dopo la ricezione delle determinazioni conclusive dell’impresa o, in sua mancanza, allo spirare del termine di sessanta giorni di sospensione della procedura. Rimane salvo il diritto del danneggiato di ottenere l’accesso agli atti nei termini previsti dall’articolo 146, salvo il caso di presentazione di querela o denuncia.”»”.
Alla luce di quanto sopra l’Organismo Unitario dell’Avvocatura fa appello alle componenti istituzionali, alla Magistratura ed ai Senatori che impediscano l’approvazione del testo di legge che, cosi novellato, creerebbe un insanabile vulnus al già delicato equilibrio del processo civile