Licenziare in blocco 20 dipendenti non è difficile, anche grazie alle riforme di Elsa la Piagnona (il ministro del Lavoro Fornero). E a conti fatti costa meno di 2 milioni di euro. Quando anche il sindacato dà una mano, nel senso che pragmaticamente (nell’interesse dei lavoratori, è ovvio) prende i soldi e scappa, tutto fila liscio. E infatti i 20 licenziamenti della Sanofi Pasteur Italia sono filati via lisci come l’olio. Quello di vaselina.
La settimana scorsa (l’articolo è correlato a questo) abbiamo raccontato di come la sede italiana della multinazionale dei vaccini avesse messo in cantiere, insieme con un nuovo vaccino esavalente che potrebbe portare in un botto solo un fatturato di circa 100milioni di euro, anche 20 licenziamenti. Motivati, guarda un po’, con la contrazione del fatturato.
In effetti una piccola flessione, negli ultimi 6 anni, c’è stata e il fatturato della sede italiana che conta – anzi contava – 93 dipendenti, si era drammaticamente attestato poco sotto gli 80 milioni di euro l’anno. A dispetto dei pronostici della nuova amministratrice e presidente, Nicoletta Luppi, che appena 5 mesi fa, in occasione del suo insediamento, prometteva magnifiche sorti e progressive per un’azienda che avrebbe fatto sfracelli.
Ma in cinque mesi quante cose possono cambiare… e infatti è cambiato tutto. Da così a così. Altro che sfracelli. Anzi, a sfracellarsi sugli scogli della crisi improvvisa sono stati una ventina di dipendenti.
In un primo tempo sembrava che si dovesse avviare una trattativa abbastanza articolata con i sindacati di categoria. Questo è quello che sembrava all’indomani della comunicazione formale dell’azienda agli uffici del lavoro, alla fine di gennaio.
Invece la trattativa è stata assai più veloce del previsto. Il 15 febbraio un primo incontro nel corso del quale la Sanofi Pasteur ha comunicato le sue condizioni agitando la carota di 28 mensilità “pesanti” a titolo di incentivo per ognuno che si fosse offerto volontario per ricevere il calcione di benservito.
E la carota, un po’ come il cetriolo, si sa che gira gira… Sia come sia molti occhi hanno brillato all’idea di quelle 28 patatone (per restare in ambito ortofrutticolo) di buste paga pesanti (nel senso che la cifra si ottiene dividendo per 12, i mesi dell’anno, 14 mensilità comprendendo cioè tredicesima e quattordicesima). E così via subito con la successiva riunione del 25 febbraio. Nel corso della quale una sessantina di lavoratori hanno chiesto qualcosina in più, tipo attenzione alle situazioni personali difficili (in pratica: non licenziate chi non saprebbe dove sbattere la testa), uscita scaglionata così da potersi programmare e soprattutto una verifica sulla possibilità di ricorrere alla cassa integrazione straordinaria e altre amenità del genere.
Ok, ok, hanno tagliato corto i sindacati e l’azienda. Ne terremo conto. Promesso. Ma se l’azienda non volesse sentire ragioni, chi è d’accordo a dare fin d’ora mandato al sindacato per firmare l’accordo proposto senza null’altro a pretendere? Si va ai voti e con 51 favorevoli e 8 astenuti il sindacato è autorizzato – se tutto va male – a firmare la proposta aziendale.
Passano tre giorni e, oibò, ma guarda un po’, resta di stucco è un barbatrucco, l’azienda non ne vuole sapere di quelle ulteriori richieste dei lavoratori. Anzi, precisa che se non si arriva a bomba rapidamente loro lasciano il tavolo della trattativa (ma quale trattativa, poi? Mah…) e che invece ora come ora non solo sono pronti a pagare i succosissimi incentivi, ma riconosceranno a tutti anche il bonus del 2012 che non è stato ancora pagato e perfino il mancato preavviso. Peccato però che sia il bonus non pagato che il mancato preavviso siano non già una concessione ma un obbligo di legge.
Tuttavia i toni da ultimatum sortiscono il loro effetto e allora presto, che si firmi quest’accordo e che non se ne parli più.
In particolare, chi accetta i soldini deve impegnarsi a non fare mai causa all’azienda (come è tipico di questo genere di accordi) a non dire mai che si è trovato male nemmeno per un momento in questo fantastico periodo della sua vita che è stata l’esperienza in Sanofi Pasteur. E, chissà, forse anche a spedire una volta all’anno una cartolina di ringraziamento finché morte non li separi.
In cambio i licenziati prenderanno , di media, qualcosa come 80/90 mila euro a testa. Immaginando una mensilità lorda sui 3mila-3mila e 500 euro. Perché 80mila euro a noi ci fanno specie questanno che c’è stata una grande moria delle vacche! (“questanno” una parola). Punto, punt’e virgola e due punti. In sostanza, con scarsi due milioni di euro, che sono una piccolissima parte di quanto prodotto dagli stessi lavoratori, in termini di ritorno di capitali, negli anni di lavoro prestati (spesso senza nemmeno ricevere straordinari), il capitolo è chiuso, la ricreazione è finita, e chi deve andare a casa vada a casa a festeggiare e chi resta torni a lavorare finché può. Con tanti ringraziamenti a Elsa la dolce Fornero e alle riforme del lavoro.
Le comunicazioni sindacali e il verbale finale di accordo sono tutti allegati. Se qualcuno ha voglia può andare a leggerli. Così, giusto per curiosità.
A margine di tutto questo, tuttavia, una cosa corre l’obbligo (come dicono quelli che parlano bene) di riferire per onore di cronaca: qualcuno, negli ambienti, maligna un po’ su quella contrazione di fatturato. C’è chi spiega che siccome la Sanofi Pasteur Italia fa parte di un gruppo multinazionale che vende a se stesso i vaccini per commercializzarli nei diversi Paesi, basterebbe aumentare un po’ il cosiddetto prezzo di trasferimento interno per diminuire correlativamente i guadagni su un determinato mercato. In pratica se, mettiamo la Francia, vende a 80 alla consorella italiana ciò che prima veniva venduto a 60, è chiaro che la collocazione sul mercato italiano di quel prodotto, che è sempre a 100 perché tanto il mercato paga, comporterà una riduzione di guadagno. Tuttavia il bilancio consolidato del gruppo resterebbe invariato.
Ma su questi dati nessuno ha fornito indicazioni e dunque anche se un vecchio uomo politico italiano diceva che “a pensare male si fa peccato ma s’indovina”, certamente non sarà questo il caso della Sanofi Pasteur Italia.
Incontro sindacati – Sanofi Pasteur Italia – 15 febbraio 2013
Assemblea sindacati – Sanofi Pasteur Italia – 25 febbraio 2013
Incontro sindacati Sanofi Pasteur Italia – 28 febbraio 2013
Verbale di accordo sindacale Sanofi Pasteur Italia – 28 febbraio 2013