Toglieteci tutto ma non la nostra incompatibilità: dai pareri parlamentari emerge di tutto e, se fossero vincolanti, difficilmente il decreto manterrebbe la forma iniziale. Intanto una “analisi aggregata della manovra di finanza pubblica” del Senato dice che…
Si ai ritocchi, no alle modifiche, Tremonti vs Berlusconi, se la manovra cambia dovrà essere ripresentata a Bruxelles, bisogna mantenere gli aspetti fondamentali, ci sono margini per evitare i tagli agli enti locali. Tutto quanto poteva essere detto sul decreto è stato detto. Ora a mettere nero su bianco, però, sono le commissioni di Palazzo Madama che, per le proprie competenze sono chiamate a dare il loro parere (non vincolante). Tutti pareri favorevoli anche se con lunghe osservazioni e, a volte, con condizioni chiarissime, che la commissione Bilancio dovrà tenere presenti.
Tra tutti, è sicuramente il parere della commissione Affari costituzionali a toccare i temi centrali del provvedimento.
Rispetto al differimento della tredicesima ai dipendenti della P.A., ad esempio, sottolinea che la norma «oltre a comprimere il diritto costituzionale alla retribuzione (articolo 36 della Costituzione), appare vessatoria nei confronti dei lavoratori, anche considerando che il raggiungimento degli obiettivi programmati da parte dell’amministrazione di appartenenza non è nella disponibilità del lavoratore che si troverebbe così a subire una sanzione per una responsabilità non sua». Allo stesso modo, secondo la I commissione, presentano profili di irragionevolezza le disposizioni sui termini temporali per la corresponsione del Tfr dei dipendenti pubblici.
E ancora, riguardo alle festività da far coincidere con la prima domenica utile, i parlamentari rilevano che nella relazione tecnica allegata non si quantificano i risparmi che deriverebbero dall’applicazione di tale misura. «Si ritiene opportuno – dice il parere – verificare se l’accorpamento della domenica delle festività produca effetti economici rilevanti e in ogni caso tali da giustificare la soppressione di ricorrenze civili come la liberazione dal nazifascismo (25 aprile), la festa del lavoro (1° maggio), la nascita della Repubblica (2 giugno), particolarmente significative per la memoria civile e storica della nazione».
Contributo di solidarietà: i parlamentari segnalano che «la scelta di utilizzare il reddito necessariamente dichiarato come unico indice di ricchezza sul quale commisurare il contributo non appare sufficientemente rispettoso del principio in base al quale ” tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” (articolo 53 della Costituzione), ponendosi anche in sostanziale violazione del principio di eguaglianza (articolo 3 della Costituzione): infatti, a causa della presenza di una vasta area di evasione fiscale, a subire gli effetti del prelievo sarebbero, in gran parte, i redditi da lavoro dipendente, mentre gli altri redditi, anche molto più elevati, ma indebitamente sottratti a tassazione, non sarebbero colpiti, così come esenti dal contributo sarebbero le ricchezze patrimoniali, anche molto ingenti».
Sulla riduzione dell’indennità parlamentare del 50% per chi svolge attività lavorativa con reddito superiore al 15 % della stessa indennità, i commissari sottolineano che, è sicuramente virtuoso puntare all’obiettivo di «parametrare rigorosamente l’ammontare alla effettiva partecipazione di ciascun parlamentare ai lavori del Parlamento», ma la norma risulta irragionevole perchè «per la prima volta si introduce una discriminazione diretta sull’indennità degli eletti che, per sua natura e funzione, dovrebbe essere uguale per tutti. Inoltre la disposizione è censurabile anche in riferimento all’articolo 51 della Costituzione perchè produrrebbe discriminazione tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi». E ancora la riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori regionali nonché delle relative indennità risulta essere lesiva dell’autonomia costituzionale riconosciuta alle Regioni (articolo 123 della Costituzione). Ultimo tema spinoso: la soppressione delle Province. Pur ammettendo che l’obiettivo è condivisibile, la commissione ritiene «che la disposizione presenti evidenti elementi di incompatibilità costituzionale con riferimento all’articolo 133 della Costituzione».
La commissione Giustizia innanzitutto esprime perplessità circa l’opportunità di introdurre in un decreto legge diretto alla stabilizzazione finanziaria norme sulla disciplina degli ordinamenti professionali (domanda che ci eravamo posti la scorsa settimana, vedi articolo “Manovra bis e professioni, che c’azzecca”). «Sarebbe opportuno – suggerisce la II commissione – trattare queste ultime in un articolo separato rispetto a quelle riferite alla libera concorrenza nelle attività imprenditoriali ed economiche». Quindi, in linea con il comunicato del Consiglio nazionale forense, e con il parere della I commissione, ritiene «ingiustificata e potenzialmente incostituzionale la norma che prevede l’incompatibilità tra attività politica e attività autonoma in forma artigianale, imprenditoriale e intellettuale». Se stiamo parlando di una manovra di stabilizzazione finanziaria, dicono i parlamentari, «la norma in questione rischia di produrre effetti negativi sia in termini di riduzione del gettito fiscale, si in termini di riduzione della ricchezza ridistribuita a favore di terzi collaboratori e fornitori, avendo un potenziale fortissimo effetto depressivo sulle realtà artigianali, imprenditoriali e professionali». Non solo. La norma sarebbe «giuridicamente viziata sotto il profilo della violazione del principio della retroattività, estendendosi l’efficacia delle sue disposizioni a fatti verificatisi prima della sua entrata in vigore».
Noi poveri comuni mortali non capiamo a questo punto, viste le norme presentate in Parlamento anche da questo esecutivo, quando il principio di retroattività venga violato o meno.
Cosa rimarrebbe in piedi allora del provvedimento? Molto altro, infatti scorrendo i pareri delle altre commissioni, va sicuramente sottolineato quello della commissione Ambiente e territorio che esprime un parere favorevole condizionato al ripristino del sistema Sistri, ovvero della tracciabilità dei rifiuti, un passaggio subito criticato anche dal Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso che aveva addirittura parlato di «regalo alle ecomafie».
La commissione per le Politiche comunitarie, pur appoggiando sostanzialmente il provvedimento, ad esempio, specifica che fermo restando l’invarianza dei saldi, le modifiche «dovrebbero privilegiare misure che, nel rispetto dei principi costituzionali, abbiano effetti strutturali e pluriennali sul bilancio dello Stato, sua sotto l’aspetto delle maggiori entrate, sia, preferibilmente, sotto l’aspetto delle minori spese, specie se improduttive e non destinate a sviluppare la crescita».
Cosa resterà del decreto verrà stabilito in queste ore dagli accordi tra Pdl e Lega perché appunto a considerare i pareri parlamentari poco rimarrebbe in piedi.
Intanto sul sito del Senato è stato pubblicato il Dossier «Una analisi aggregata della manovra di finanza pubblica di cui al decreto legge 138 del 13 agosto 2011» (vedi allegato) che, a proposito di indebitamento netto sul PIL risultante dalle manovre di luglio e agosto 2011 sostanzialmente invariato rispetto alle indicazioni del DEF, chiede al Governo un chiarimento «circa l’evoluzione attesa, alla luce dei dati più recenti, delle principali grandezze di finanza pubblica» che potrebbe essere tradotto molto volgarmente in: «che benefici porteranno le due manovre da lacrime e sangue?». Il dossier chiede inoltre di chiarire «la portata di eventuali effetti sul PIL delle misure complessivamente adottate, sia di riduzione del deficit che di sostegno alla crescita». E se lo chiedevamo noi, poveri ignoranti, poteva essere una domanda pretestuosa, alla quale si poteva opporre una mancanza di comprensione delle relazioni e delle tabelle allegate, ma se a chiederlo è il Servizio Studi del Senato…
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