L’assegnazione dei vertici degli uffici giudiziari è a concorso. Verissimo, ma a volte a parità di curricula una scelta bisogna pur farla. Anzi no, a volte invece proprio non si capisce perché al vertice di una procura X venga messo Tizio al posto di Caio che invece aveva più titoli.
Cose che succedono ma alla fine tutto viene sempre messo a tacere. Pochi i magistrati che si sono lamentati per un concorso andato storto. A parte quello che si sta svolgendo per l’ingresso in magistratura che sta facendo venire il dubbio che qualcuno sia più “preparato” di altri (chi non ricorda la vicenda del concorso in magistratura indetto dal ministro Roberto Castelli e le famose fotocopie notturne uscite come di magia dalla macchina di via Arenula? Ma questa è un’altra storia).
Il Consiglio Superiore della Magistratura a volte si trova a dover dipanare matasse davvero complicate perché a presentarsi per la direzione di uffici giudiziari si candidano toghe con un trascorso di tutto rispetto facendo risultare difficile la scelta.

Le correnti
In molti sanno che a risolvere la situazione spesso intervengano le correnti, ossia le associazioni che raccolgono i magistrati di una stessa linea politica. Anzi, “associazioni fondate su valori giuridico-culturali omogenei” ma, come ha giustamente sottolineato Bruno Tinti, ex magistrato e scrittore, “indipendenza, autonomia e imparzialità sono patrimonio comune di tutti i magistrati (come ricorda a ogni piè sospinto l’Anm, ndr) altri “valori” non ce n’è”. A che pro, si chiede allora l’ex magistrato, le associazioni?
Le correnti principali sono Magistratura Democratica (Md, di sinistra) che ha tra i suoi leader storici magistrati di spicco come Edmondo Bruti Liberati o Gian Carlo Caselli (che però lo scorso anno ha lasciato in polemica per un articolo di Erri De Luca pubblicato sull’agenda 2014 di Md); Unità per la Costituzione (Unicost, di centro) di cui fa parte Rodolfo Sabelli, attuale presidente dell’Associazione nazionale magistrati; Magistratura indipendente (Mi, corrente conservatrice) di cui fanno parte Cosimo Maria Ferri e Antonio Patrono; infine c’è Movimento per la giustizia (Verdi, Articolo 3, di sinistra) con Armando Spataro tra gli esponenti più famosi (caso Abu Omar).

La stortura
Anche il premier Matteo Renzi ultimamente è intervenuto sulla questione correnti all’interno della magistratura: “E’ giusto che i magistrati paghino se sbagliano” e ancora “non si deve fare carriera solo perché qualcuno fa parte di una corrente o meno”. Con la sua riforma della giustizia in 12 punti, Renzi ha promesso che verrà introdotto il principio dell’avanzamento di carriera basato sul merito e di conseguenza anche la riforma del Csm.

Un esempio
Il prossimo 17 luglio, davanti al Consiglio Superiore della magistratura comparirà Giovanni Tinebra, già vicepresidente di Magistratura Indipendente, accusato di avere “fatto uso strumentale” del proprio ruolo di Procuratore generale di Catania “per conseguire un ingiusto vantaggio e condizionare il libero esercizio delle funzioni costituzionalmente previste” dal Csm per l’attribuzione degli incarichi direttivi.
Nel capo d’accusa della Procura generale della Cassazione si sostiene che Tinebra, aspirando alla poltrona di Procuratore Capo a Catania, tramite Massimo Ponzellini avrebbe fatto pressioni sul laico del Csm Ettore Adalberto Albertoni (Lega) affinché sostenesse la sua candidatura.
A difendere Tinebra davanti alla sezione disciplinare del Csm sarà il Pm della Procura nazionale antimafia Antonio Patrono, già consigliere del Csm ed esponente della stessa corrente di Tinebra.
A suo tempo Tinebra, intervistato da Report sulla questione rispondeva laconico: “Non sono state pressioni le mie, il Csm funziona così”.

La proposta del senatore Buemi
“Il sistema disciplinare della magistratura – sostiene il senatore Enrico Buemi, va liberato dal correntismo, solo così può diventare lo strumento più adeguato per affrontare l’argomento responsabilità civile dei magistrati”.
Per questo motivo Buemi ha avanzato la proposta del sorteggio dei membri del Csm che, sostiene “se accolta depotenzierebbe e di molto, le critiche che si avanzano sull’efficienza dell’organo di autogoverno della magistratura” (in allegato la bozza non corretta della riforma costituzionale).
Se infatti il Consiglio superiore della magistratura non fosse influenzato delle correnti, probabilmente riuscirebbe ad esercitare con molta più serenità (e obiettività) la sua azione disciplinare. Concetto cardine alla base del disegno di legge che è in discussione in questi giorni in commissione Giustizia al Senato sulla responsabilità civile delle toghe.
“La responsabilità diretta – ha chiarito l’esponente del PSI – confligge con il principio costituzionale dell’indipendenza del giudice e noi siamo contrari”.
Sul ddl riguardante la responsabilità civile delle toghe, arriverà un voto il prossimo 15 luglio, in attesa del quale Buemi ha ricordato che sull’argomento ci sono due pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione europea da rispettare. “I punti di frizione si vanno riducendo – ha detto – i danni risarcibili sono anche quelli non patrimoniali, prima limitati alla sola restrizione della libertà personale, l’udienza filtro viene meno, la rivalsa da facoltà diventa obbligo, il suo ammontare viene elevato”.
Tra le misure più invise alle toghe vi è proprio la proposta Buemi di motivare la decisione nel caso in questa risultasse difforme dall’interpretazione delle Sezioni Unite della Cassazione; una misura definita esterofila, adatta solo al Common Law, mentre in Italia tutte le sentenze valgono solo come indirizzo non vincolante.
Per Buemi però “Se il diritto scritto nel nostro ordinamento fosse quello di cent’anni fa, non ci sarebbe alcun bisogno di una misura del genere. Ma leggi fatte male e giudici liberi interpreti (se non veri e propri produttori della norma, con interpretazioni evolutive) hanno fatto già dire più volte alla Corte costituzionale che l’ordinamento deve apprestare dei controveleni: tant’è vero che – dal 1988 – persino l’ignoranza della legge penale, a certe condizioni di confusione normativa, può essere scusata. Il problema è anche (se non soprattutto) il civile, come proprio Renzi ci va dicendo da tempo. Le imprese non investono nel nostro Paese anche perché sono spaventate dall’assenza di certezza dei diritto e dai tempi lunghi del contenzioso. Il cittadino sempre meno è in grado di prevedere l’esito di un suo ricorso al sistema giustizia: ha davanti a sé una legge scritta, crede di aver ragione, si informa dal suo legale, questi gli dice che anche i precedenti giudicati gli danno ragione, va dal giudice e ne riceve un’interpretazione opposta”.
L’obiezione è che la giustizia non è una macchina e il giudice interpreta la legge ma Buemi ribatte che non si parla del fatto ma del diritto: “a parità di condizioni, come è possibile che la massima sede giudiziaria – la Cassazione a sezioni unite, che per l’ordinamento giudiziario tutela l’unità della giurisdizione – sostenga una cosa, ed il singolo giudice continui a discostarsene?
Ma poi, se tanta pervicacia è fondata su una motivazione adeguata, con cui si intende provocare un ripensamento nella cassazione, nessun problema: la responsabilità civile scatterebbe soltanto quando chi si discosta lo fa senza motivare, cioè dimostrando ignoranza o sciatteria rispetto ai suoi doveri d’ufficio, che sono quelli di informarsi al meglio sugli elementi interpretativi della legge che è chiamato ad applicare.

Dopo vent’anni di tentativi, il senatore Enrico Buemi è speranzoso, sulla responsabilità civile dei magistrati il Senato potrebbe decidere prima dell’estate.
Resta sempre da vedere se il Ddl passerà poi il vaglio della Camera e così via fino a diventare legge. Chissà.
Elezione componenti Csm, Ddl costituzionale presentato dal senatore Enrico Buemi – bozza non corretta

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