Deve essere stata una pratica molto complessa quella per la concessione pubblica per il prelievo di acqua dal fiume Reno dal momento che il consorzio bolognese della chiusa di Casalecchio aspetta una risposta alla sua richiesta da esattamente 50 anni. Durante questo periodo, però, l’ente consortile bolognese, non si è lasciato scoraggiare dagli intoppi burocratici (che hanno riguardato il ministero dei Lavori Pubblici, competente fino al 2000, e successivamente la Regione Emilia-Romagna) ed ha comunque continuato a prelevare l’acqua dal fiume Reno omettendo, per ben 18 anni, dal 1995 al 2012, di pagare i canoni concessori.
Si tratta di un buco che ammonta a circa 196milioni delle vecchie lire per le casse dello Stato e ad oltre 258milioni per quelle regionali. Lo rivela un accesso agli atti effettuato dal consigliere regionale dei grillini Andrea Defranceschi che commenta: “È offensivo per i cittadini che stanno facendo tanti sacrifici vedere come la Regione si sia permessa di dimenticare così tanti anni di arretrati da riscuotere. Questo capita quando chi ha la responsabilità dirigenziale non viene valutato in base alla qualità del lavoro effettivamente svolto, ma per “affinità” politica. Il sistema della premialità e della meritocrazia in regione va rivisto per evitare, in futuro, casi analoghi. Adesso chi ha sbagliato paghi, e si migliori la trasparenza di queste pratiche”.
Per il direttore del consorzio Fabio Marchi non c’è nessuna anomalia anche perché alla base c’è la volontà di tutti gli enti interessati, alla prosecuzione del rapporto di concessione e, a tal proposito, spiega: “Sono pratiche molto complesse che non è facile spiegare così su due piedi”.

Acqua per l’agricoltura e le fogne
L’acqua prelevata dal Reno è fondamentale per Bologna perché serve per irrigare i circa 160 ettari di campi coltivati nella bassa bolognese oltre ad assolvere ad una funzione igienico-sanitaria primaria perché favorisce il deflusso delle acque nere che si riversano nei canali bolognesi a causa della presenza di diversi scarichi fognari abusivi.
“La legge – spiega Donatella Bandoli, del servizio di gestione del contenzioso e consulenza giuridica in materia ambientale della Regione Emilia-Romagna – stabilisce che la concessione si intende rinnovata anche in mancanza di una risposta dell’ente competente al rilascio dell’autorizzazione purché il richiedente presenti la domanda di rinnovo entro la scadenza della concessione e purché continui a pagare i canoni di concessione”. Riguardo ai termini la situazione non è molto chiara posto che dopo la prima richiesta di rinnovo, intervenuta nel 1962 alla scadenza della concessione quinquennale del 1957, le successive domande sono state presentate a distanza di 15 anni ossia nel 1977 e poi nel 1985 passando poi a cadenze più ridotte con richieste del 1988, 1999, del 2005 e del 2010.

 

Il danno erariale e gli enti assenti
Sul fronte economico: mancano all’appello 18 anni di canoni (dal 1995 ad oggi): oltre 196 milioni delle vecchie lire per le casse statali (per i prelievi di acqua dal 1995 al 2000) e altri 250mila euro per le casse regionali per i prelievi dal 2000 in poi. La maggior parte di queste somme non potranno più essere richieste perché, dopo 5 anni, la legge dice che i canoni di concessione si prescrivono. Questo significa che sono andati ormai in fumo i 196milioni e rotti di canoni dovuti allo Stato e quelli dovuti alla Regione fino al 2002.
Ma questo empasse burocratico non ha bloccato la realizzazione dei due progetti di centrale idroelettrica voluti dal consorzio che sfruttano l’acqua prelavata dal Reno per produrre energia verde. La prima centrale è sotterranea ed è attiva dal 1997. È stata realizzata dal comune di Bologna (per un investimento di oltre 10 miliardi di lire) in pieno centro storico, nella zona così detta del Cavaticcio e oggi è di proprietà di Hera, la multiutility partecipata dal Comune di Bologna nonché socia del consorzio della chiusa di Casalecchio nato per produrre 1,7 mln di Kwh all’anno che si sono progressivamente ridotti nel tempo. La seconda, che ha appena passato il vaglio della Via regionale e che dovrebbe essere realizzata entro la fine dell’anno a ridosso della chiusa, nella ex-filanda dell’antico mulino denominato Canonica a Casalecchio di Reno, è stata anch’essa voluta dal consorzio che nel 2010 ha presentato alla Regione il progetto relativo firmandolo insieme alla Sime energia srl, società di Crema che da due mesi è socia del consorzio.

 

I nuovi progetti
“Il progetto della centrale idroelettrica alla Canonica– spiega Vladimiro Bolis della Sime Energia – costerà 2,5 milioni di euro e produrrà circa 2,5 milioni di chilowattora all’anno fruttando circa 400mila euro all’anno derivati dalla vendita di energia verde alla Rete nazionale. Vorremmo riuscire a realizzarla entro l’anno in modo da potere beneficiare delle agevolazioni per i produttori di energia verde che dall’anno prossimo potrebbero subire delle diminuzioni. Se non ce la faremo si allungherà il piano di rientro dell’investimento oggi previsto in sei anni”.
Così è successo che l’ultima richiesta di rinnovo della concessione inoltrata dal consorzio nel 2010 insieme al progetto della centrale idroelettrica, viene finalmente accolta dalla Regione il 10 maggio scorso, quando, in fretta e furia ha contemporaneamente approvato nell’apposita conferenza di servizi, il progetto della centrale alla Canonica.
“Nei mesi scorsi – spiega Ferdinando Petri, responsabile del servizio tecnico Bacino Reno della regione Emilia-Romagna – abbiamo chiesto al consorzio di pagare la somma di circa 258mila euro a titolo di indennizzo per il prelievo di acqua pubblica effettuato senza titolo dal 2001 al 2012. Non trattandosi di canone bensì di indennizzo, la prescrizione delle somme dovute è decennale”. La Regione, in pratica, riconosce la mancanza dell’atto di concessione ma delle somme richieste a titolo di indennizzo, fino ad ora ne ha ricevute solo una parte, circa 69mila euro mentre, promette Marchi “il saldo della somma restante avverrà entro i prossimi 18 mesi”. Ossia entro la fine del 2013.

 

La solerzia della pubblica amministrazione
Intanto il progetto sulla centrale va avanti è ha avuto l’ok oltre che della Regione da tutti gli enti convocati nella conferenza di servizi. Fra gli altri la Soprintendenza (poiché incide su una zona di alto interesse paesaggistico), l’Ssl, l’Arpa, il Comune di Casalecchio (che ha autorizzato l’apertura dei cantieri ancor prima dell’approvazione della Via, già da qualche mese), del gruppo Hera e di Enel. L’ok unanime è arrivato nonostante persistano ancora alcuni punti oscuri nel progetto: oltre a quello riguardante il mancato pagamento dei canoni anche il fatto che nel progetto non si faccia riferimento alle norme in materia di antisismica. Alcune perplessità infine, le ha sollevate anche il Comune di Bologna, intervenuto a sorpresa alla conferenza di servizi in cui si è conclusa la procedura di via. “Riteniamo – spiega Claudio Mazzanti, presidente della commissione urbanistica del Comune di Bologna – che gli 800 litri al secondo previsti nella delibera regionale che definisce le modalità di prelievo dal Reno, siano insufficienti a garantire il deflusso idrico minimo necessario perché i canali di Bologna non si secchino trasformandosi in una fogna a cielo aperto a causa della presenza dei molti scarichi abusivi. Nel corso della conferenza dei servizi abbiamo chiesto un incontro con il direttore generale dell’ambiente Giuseppe Bortone per potere eventualmente ridefinire insieme questi parametri e siamo in attesa di una risposta”.

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